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Le strategie per salvare il piede diabetico

Maria Cecilia Hospital di Cotignola è uno dei centri qualificati più importanti

Si chiama piede diabetico ed è una patologia sconosciuta a molti che può, però, portare anche a gravi conseguenze. Per curarla in tempo, la prevenzione è vitale. Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna), ospedale accreditato con il Ssn e parte di Gvm Care & Research, è sede di una delle unità operative più importanti, in Italia e all’estero, per il trattamento di questa difficile patologia. A coordinarla, un luminare e pioniere in questo campo: il professor Luca Dalla Paola.

Professore che cos’è il piede diabetico?

«Costituisce una complicanza della patologia diabetica. Circa il 20-30% dei pazienti diabetici svilupperanno, nel tempo, una lesione ulcerativa del piede».

Quali sono le cause?

«Sono legate all’evoluzione del diabete che arriva a coinvolgere il sistema nervoso. A causa dell’iperglicemia cronica, il paziente sviluppa una condizione di sofferenza nell’ambito sia della componente sensitiva che di quella motoria del sistema nervoso. Il coinvolgimento degli arti inferiori è dovuto alla lunghezza dei nervi del malato e alla loro maggiore predisposizione alla sofferenza».

A quel punto cosa succede?

«La componente di neuropatia causa, a livello del piede, una perdita di sensibilità, ad esempio verso gli stimoli termici e dolorifici. Alcuni traumi nel piede costituiscono la causa scatenante della lesione ulcerativa. La componente motoria è chiamata in causa perché, innervando la muscolatura, crea un’alterazione anatomo-funzionale e sviluppa aree di iperpressione, dopo la comparsa di ipercheratosi e formazioni callose, che tendono a ulcerarsi e, nel peggiore dei casi, possono infettarsi e raggiungere piani più profondi fino alle strutture ossee».

Quali sono le conseguenze estreme?

«Le due cause che portano a un’evoluzione negativa della neuropatia sono il processo di infezione e la malattia vascolare che coinvolge le arterie di coscia, gamba e piede e può portare a un’ischemia e, nel peggiore dei casi, allo sviluppo di una cancrena e all’amputazione dell’arto. Il piede diabetico ha caratteristiche simili alla lebbra: entrambi hanno come base una malattia del nervo. Il piede diabetico, inoltre, può portare a complicanze cardiache».

In che modo il cuore rimane coinvolto?

«Il diabete e il piede diabetico sono generalmente associati a stati patologici anche gravi dell’apparato cardiovascolare. Le arteriopatie correlate al piede diabetico aumentano sensibilmente il rischio di eventi ischemici severi come l’infarto del miocardio o l’angina pectoris. Questo perché il 70% circa dei malati può andare soggetto a una coronaropatia silente che non manifesta sintomi proprio a causa della perdita di sensibilità».

Qual è la chiave per evitare che si presenti il piede diabetico?

«L’arma più importante è la prevenzione: occorre controllare in modo efficace il rischio di lesioni ulcerative. Purtroppo quest’azione è ostacolata dal fatto che i malati, perdendo la sensibilità nell’arto, non si rendono conto di procurarsi delle lesioni, addirittura non si accorgono di quelle termiche da stufa o da acqua calda o di lesioni gravi riportate camminando sulla sabbia bollente. È necessario supplire con l’ispezione costante».

Cosa bisogna fare se si scopre di avere questa patologia?

«Occorre sottoporsi a trattamenti in centri specializzati, con équipe in grado di intervenire per evitare l’insorgere di lesioni che portino all’amputazione, pratica che comporta un rischio elevato per la sopravvivenza del paziente».

Come si opera per salvare i pazienti?

«Da questo punto di vista, affrontiamo la gestione e la terapia come l’oncologia affronta il cancro: attraverso un team multidisciplinare, una terapia medica e chirurgica e il controllo costante del paziente che, anche se in remissione, è sempre a rischio di ricadute».

Quale consiglio si sente di dare ai pazienti diabetici?

«Se si riscontrano lesioni ulcerative a livello del piede, anche piccole ferite, bisogna rivolgersi immediatamente a uno specialista, per evitare evoluzioni nefaste di questa complicanza che possono svilupparsi anche in pochi giorni. Mai sottovalutare la situazione».

Maria Cecilia Hospital, l’approccio multidisciplinare dà grandi risultati

L’Unità operativa del trattamento del piede diabetico di Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna) costituisce un’eccellenza a livello nazionale e internazionale. Coordinata dal professor Luca Dalla Paola, uno dei massimi esperti in questo campo, rappresenta una struttura all’avanguardia con, ogni anno, più di mille interventi di salvataggio d’arto di pazienti che arrivano da tutta Italia, con problematiche anche gravi. La percentuale di esito positivo è del 90-95% dei casi. Negli ultimi vent’anni, c’è stato un miglioramento delle conoscenze che ha permesso di ridurre le amputazioni e aumentare gli arti salvati.

Protocollo

L’approccio adottato dall’équipe di Maria Cecilia Hospital è multidisciplinare e prevede un protocollo complesso, adattato al singolo caso. Diabetologo, ortopedico, cardiologo, chirurgo plastico ricostruttivo e radiologo interventista: sono questi i medici membri dell’équipe che gestisce in maniera specifica e coordinata l’intervento sul paziente affetto da piede diabetico. Il confronto costante tra i diversi specialisti permette di valutare al meglio tutte le caratteristiche e di analizzare in maniera completa l’aspetto vascolare e quello infettivo. L’Unità operativa del trattamento del piede diabetico di Maria Cecilia Hospital, sotto la guida del professor Dalla Paola, è stata una delle prime equipe ad occuparsi di questa patologia e a evolvere nel suo studio, correlando, ad esempio, il piede diabetico con le malattie cardiovascolari. Ora la struttura viene visitata da medici che arrivano da tutto il mondo per osservare e studiare il modus operandi dell’unità di specialisti.

Medicina rigenerativa

«Maria Cecilia Hospital – sottolinea il professor Luca Dalla Paola – è molto attiva nella ricerca e nell’innovazione, in particolare sulle nuove applicazioni della medicina rigenerativa e sulla possibilità di ricostruire i tessuti in laboratorio. Il soggetto diabetico, infatti, purtroppo ha una scarsa capacità riparativa, legata all’iperglicemia cronica, alla neuropatia e alla vasculopatia». Le aree di intervento dell’equipe, che opera anche a livello ambulatoriale, vanno dallo screening e diagnosi delle complicanze micro e macrovascolari del diabete mellito e agli arti inferiori, allo studio e correzione ortesica delle alterazioni biomeccaniche del piede diabetico e al trattamento conservativo delle lesioni ulcerative diabetiche non complicate degli arti inferiori e del piede. C’è poi tutta la parte che prevede il ricorso alla chirurgia: quella conservativa delle lesioni ulcerative e della osteomielite; d’urgenza per il salvataggio dell’arto; profilattica e preventiva della neuroartropatia di Charcot e la chirurgia della osteomielite nella neuroartropatia di Charcot.

Tratto da: Quotidiano Nazionale, Paola Benedetta Manca, 19 dicembre 2022