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Diabete, cosa succede al cuore se l’orologio che regola i battiti non funziona bene

Nel tempo, il diabete di tipo 1 e 2 può alterare i sistemi di controllo della frequenza (e della pressione) durante il giorno e la notte. Attenzione soprattutto la notte, quando i battiti dovrebbero rallentare e la pressione scendere.

Volete fare un test? Chiedete a chi riposa vicino a voi di provare a prendere il polso quando il sonno è profondo. E poi, verificate se il numero delle pulsazioni si modifica poco prima di fare colazione. Vi accorgerete che la frequenza cardiaca tende a ridursi quando dormiamo. Poi sale, al risveglio, raggiunge l’apice intorno a metà mattinata e poi, nelle 24 ore, può crescere quando siamo particolarmente impegnati.

Anche la pressione ha i suoi ritmi. In genere di notte i valori tendono a scendere di almeno un decimo, o anche di più, rispetto al giorno. Fatte salve le variazioni personali, insomma, c’è un orologio che scandisce i tempi del cuore e della pressione. A volte però questo “metronomo” che regola battiti e valori pressori non funziona a dovere. E questo può essere un problema. Anche e soprattutto nelle persone con diabete di tipo 1 e 2.

Pensate: l'interruzione delle normali variazioni della frequenza cardiaca nelle 24 ore si associa ad un rischio molto più elevato di morte nelle persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 nel lungo periodo (21 anni). E a rischio che sono soprattutto cuore e arterie.

La riduzione delle fisiologiche modificazioni dei battiti nell'arco delle 24 ore si assocerebbe ad un rischio doppio di morte per problematiche cardiovascolari (come infarto, ictus o scompenso cardiaco). E il solo calo della capacità di limitare la frequenza cardiaca di notte, mentre l'incapacità di abbassare il numero delle pulsazioni nel sonno notturno sarebbe collegata ad un rischio incrementato del 39%. Il tutto, va detto, indipendentemente da peso corporeo, età, genere, eventuale (anche non controllata) ed altri fattori che potrebbero influire sulla salute cardiovascolare.

Cosa dice lo studio

La ricerca è stata presentata come poster al congresso dell'Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD) tenutosi a Madrid. E punta l’attenzione sulle persone con diabete di lunga data.

"Le fluttuazioni circadiane alterate della frequenza cardiaca sono comuni negli individui con diabete di lunga data e sono collegate a malattie microvascolari e aumento del rischio a lungo termine di mortalità cardiovascolare e per tutte le cause – commenta in una nota per la stampa Lorenzo Nesti, dell'Università di Pisa”.

Lo studio ha analizzato le informazioni su pressione e frequenza cardiaca in 349 adulti con diabete di tipo 2 o di tipo 1 (età media 57 anni, 52% donne). Oltre alla misurazione della pressione e dei battiti con monitor ambulatoriali 24 ore su 24 sono state controllate le eventuali complicanze microvascolari legate al diabete.

I partecipanti sono stati classificati in base alle variazioni della frequenza nelle 24 ore: attraverso un modello matematico si è poi indagata l’associazione tra bassa frequenza nelle 24 ore, riduzione della frequenza nelle ore notturne e il rischio di decesso per problematiche cardiovascolari (o per altre cause) nel monitoraggio di 21 anni.

Si è visto che una limitata variazione dei battiti nelle 24 ore e un calo attenuato della frequenza cardiaca notturna appaiono associati ad un peggior rischio cardiometabolico e ad alti tassi di neuropatia autonomica cardiaca (complicazione del diabete associata a un rischio di mortalità cardiovascolare anche cinque volte maggiore) e danno ai reni associato al diabete. Inoltre, visto che circa due terzi dei decessi rilevati nel periodo di osservazione sono stati legati a problematiche cardiovascolari, si è osservato che le ridotte variazioni nel numero dei battiti nelle 24 ore sono risultate associate a un rischio doppio di decesso per cause cardiovascolari e a un rischio maggiore del 50% di morire per qualsiasi causa rispetto a persone con normali fluttuazioni giornaliere della frequenza.

Non solo: nei soggetti in cui la frequenza si riduce solo di poco di notte il rischio di decesso per problemi cardiovascolari e non solo aumenterebbe del 39% rispetto che conservano il normale calo di frequenza notturno.

L’importanza di uno screening mirato

La ricerca aggiunge un ulteriore tassello alle conoscenze sulla tematica e conferma i dati di studi che già hanno mostrato le associazioni tra alterazioni nelle fluttuazioni circadiane della frequenza cardiaca ed eventi cardiovascolari nella popolazione generale, come infarti, ictus ed aritmie. E propone l’importanza di una valutazione circadiana dei battiti (ed anche delle variazioni di pressione) nelle persone con diabete.

"L'identificazione di queste condizioni con il monitoraggio ambulatoriale della pressione e della frequenza cardiaca 24 ore su 24 è relativamente poco costosa e facilmente misurabile, e potrebbe essere utilizzata per identificare le persone a maggior rischio di morte in questa popolazione ad alto rischio – è il commento dell’esperto".

L’importante, insomma, è cercare di controllare l’orologio che regola i processi fisiologici nel corso della giornata e della notte, ricordando che elevate variazioni della frequenza sono tipiche di chi sta bene, mentre se ridotte potrebbero indicare che la situazione non è ottimale.

Attenzione però: "L'incapacità di regolare le risposte cardiovascolari alle attività quotidiane è un chiaro segno di malattia – conclude nella nota Nesti - mentre l'incapacità di regolare la frequenza in risposta allo sforzo sostenuto, così come le difficoltà a ridurla durante il riposo, indica una disfunzione cardiovascolare avanzata".

Tratto da: La Repubblica Salute, Federico Mereta, 16 settembre 2024