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Piede del diabetico: 45 mila nuovi casi l’anno in Italia. A Milano un centro per la diagnosi e la cura

 

Nel 2025 i diabetici nel mondo saranno 350 milioni e un quinto di essi svilupperà una lesione ulcerativa del piede che nella quasi totalità dei casi richiederà un’amputazione di gamba o di coscia.
Impressionanti anche i numeri relativi all’Italia dove il 5% della popolazione è affetto da diabete e l’1,5% di essi (45 mila) ogni anno va incontro al “piede del diabetico”.
“Quando parliamo di piede del diabetico – ha spiegato Carlo Caravaggi, che dirige il centro per la cura del piede diabetico presso l’Istituto Clinico Città Studi – ICCS – Milano – non ci riferiamo esclusivamente al piede che presenta ormai delle ulcere o vari gradi di infezione, ma anche a quelle condizioni preulcerative che pongono il piede a rischio di insorgenza di queste lesioni”.
“Se non curata per tempo - ha proseguito Caravaggi - questa complicanza ha conseguenze estremamente importanti per la vita del paziente. E ancora troppo spesso, molti diabetici arrivano al nostro centro passando dal Pronto Soccorso, quando la patologia è in fase così avanzata da non permettere un trattamento conservativo, reso possibile invece dalla diagnosi precoce”.
Proprio per offrire una tempestività nella diagnosi e nel trattamento, a Milano è stato attivato lo scorso anno il Centro Interdipartimentale del Piede Diabetico, uno dei centri di riferimento a livello italiano dove si visitano, in media, 40 persone al giorno. Il Centro dispone inoltre di una sala operatoria dedicata 24 ore su 24.
Esistono casi, infatti, in cui la tempestività può salvare l’arto: “un’eventuale infezione di un’ulcera - ha illustrato Caravaggi - quando coesiste un’insufficiente vascolarizzazione del piede può evolvere in tempi brevissimi in un quadro di gangrena del piede con un rischio elevatissimo di amputazione”.
In questi casi, ha aggiunto, “il paziente deve recarsi immediatamente presso un Centro del Piede Diabetico per una rapida diagnosi alla quale deve seguire un intervento di rivascolarizzazione che, nella maggior parte dei casi, può essere effettuato per via endoluminale (angioplastica) o, nei casi più severi, con intervento chirurgico di by-pass”.
Tratto da: Il Bisturi, 30 marzo 2010