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Ipertensione - arrivano farmaci «miratissimi»

 

Medicina Ricerca Un importante passo avanti da parte di un’équipe di studiosi italiani
Colpiscono i geni responsabili dell’aumento pressorio Multifattoriale L’ipertensione è provocata dal cattivo funzionamento di diversi geni Strategia La scoperta dei meccanismi molecolari permetterà terapie efficaci per i singoli casi.
L’ipertensione arteriosa è una delle condizioni che mettono maggiormente a rischio la nostra sopravvivenza e causano anche un invecchiamento accelerato. Sono ormai moltissime le persone al di sopra dei sessant’anni di età che fanno uso della «pillola per la pressione», cioè di uno dei diversi farmaci, molto poco specifici, che servono a tenere bassa la pressione del sangue agendo su una varietà di meccanismi diversi. Ma contro questo spauracchio tanto diffuso non abbiamo, per il momento, un repertorio di difese davvero specifiche ed efficaci. E questo a causa della natura stessa dell’ipertensione. Quest’ultima, infatti, ha una base genetica - in certe famiglie è, non certo a caso, molto più frequente che in altre - ma per così dire «ingarbugliata», o come preferiscono dire i genetisti, «multifattoriale», come nel caso dell’asma bronchiale, delle malattie cardio-vascolari, di quelle neurodegenerative e anche della predisposizione a sviluppare determinati tipi di tumore. L’ipertensione non dipende, cioè, dalla disfunzione di un singolo gene, ma di molti, ed anche da una varietà di condizioni ambientali. Diventa facile, quindi, capire perché sia difficilissima da studiare. Un grosso passo avanti in questo campo sembra però che sia stato ora compiuto da un’équipe di medici e biologi dell’Istituto San Raffaele di Milano, guidati da Giuseppe Bianchi, che ha pubblicato, in collaborazione con altri Istituti di ricerca nazionali e internazionali, due articoli affiancati sulla prestigiosa rivista scientifica americana Science, sezione Translational Medicine («Medicina Translazionale»). Questi ricercatori stanno studiando da anni un ceppo di ratti costituzionalmente ipertesi e hanno progressivamente chiarito il meccanismo della loro condizione. In questi animali esistono infatti due geni che non fanno bene il loro dovere, e precisamente quello che produce una proteina detta «alfa-adducina» e quello che controlla la concentrazione di un’altra proteina, chiamata «uabaina interna». Si tratta di risultati molto validi in sé, ma che si rivelerebbero ancora più importanti se potessero illuminarci su almeno uno dei meccanismi che causano l’ipertensione arteriosa negli umani. Questo è quello che dimostrano ora, in una maniera piuttosto indiretta ma estremamente promettente. Esiste infatti una molecola, la «rostafurossina», che contrasta e corregge queste disfunzioni a livello cellulare. Ebbene, questa molecola risulta efficace anche in un selezionato gruppo di pazienti umani. La scoperta ha importanti risvolti pratici e teorici. Sul piano pratico permette di trattare in maniera «mirata» quei pazienti nei quali la pressione alta è dovuta proprio ai due meccanismi descritti. Poiché questi meccanismi possono essere saggiati con un test di laboratorio, per tali pazienti è stata così trovata una cura specifica e soddisfacente, riducendo la necessità di «sovraccaricare» questi ipertesi con trattamenti di scarsissima utilità. Sul piano teorico si apre con questa ricerca una prospettiva nuova e molto promettente per lo studio delle malattie multifattoriali in generale. Queste non sono perniciose come quelle - dette «monofattoriali» - che dipendono dalla disfunzione di un singolo gene, ma interessano un numero infinitamente più vasto di individui. Si tratta di una strategia simile a quella adottata nel leggendario combattimento fra Orazi e Curiazi: si affronta un nemico per volta, nella speranza di poterli poi individuare e annientare tutti. Fuor di metafora, cioè, si annulla l’effetto di un gene dannoso per volta, allo scopo di completare il più velocemente possibile l’inventario di tutti i geni che possono essere implicati in quella specifica malattia multifattoriale.
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Edoardo Boncinelli, 28 novembre 2010