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Piede ischemico

Arteriopatia periferica - Diagnosi dell'arteriopatia periferica - Terapia
Arteriopatia periferica
Le caratteristiche istologiche della arteriopatia ostruttiva periferica (AOP) nei diabetici non differiscono sostanzialmente rispetto all’arteriopatia della popolazione non diabetica: placche di lipidi e altre sostanze restringono il lume del vaso.
Sono molto diverse invece le caratteristiche cliniche: nei diabetici l'arteriopatia è più frequente, precoce, rapidamente progressiva, non risparmia le donne, anche in età fertile, colpisce ambedue le gambe e interessa prevalentemente le arterie sotto il ginocchio.
Quest'ultima è la caratteristica più importante ai fini della cura: le arterie della gamba e del piede sono di calibro più piccolo rispetto alle arterie della coscia, risulta quindi più difficile intervenire terapeuticamente su di esse.
Inoltre nei diabetici le arterie sono molto spesso calcifiche, prevale la chiusura totale del vaso (occlusione) rispetto alla chiusura parziale, cioè il restringimento (stenosi); occlusioni e stenosi sono spesso multiple nella stessa arteria.
Una caratteristica tipica del diabetico è spesso la mancanza del sintomo più precoce dell’arteriopatia periferica: la "claudicatio".
La claudicatio è il dolore che insorge al polpaccio o alla coscia dopo un certo numero di passi. Questo dolore dipende dal fatto che le arterie della gamba che ricevono meno sangue del necessario, perché stenotiche o occluse, non riescono ad aumentare il flusso sanguigno necessario durante lo sforzo del cammino.
Il numero di passi che si possono fare senza che insorga il dolore è estremamente variabile, può ridursi a poche unità o superare le centinaia, e risulta strettamente legato alla gravità dell'arteriopatia.
L’assenza di claudicatio esiste nel diabetico per la concomitante presenza di neuropatia sensitiva: il dolore sarà smorzato o addirittura assente e il paziente non si accorgerà di avere un’arteriopatia alle gambe. Questo significa che non sarà così semplice una diagnosi precoce non invasiva, col rischio che il primo segno di un’arteriopatia periferica sia un’ulcera che non guarisce o nei casi più gravi una gangrena.
Diagnosi dell'arteriopatia periferica
A livello internazionale i criteri diagnostici di ischemia critica cronica sono stati più volte rielaborati in relazione alle nuove conoscenze ed ai nuovi studi.
I criteri più recenti sono quelli della TASC (TransAtlantic Inter-Society Consensus), pubblicata nel gennaio 2000, i cui criteri diagnostici corrispondono ampiamente ai quadri clinici che si ritrovano nella pratica clinica quotidiana.

Criteri TASC di ischemia critica cronica


Per la diagnosi si ricorre all'utilizzo di più metodi in contemporanea.
Innanzitutto deve essere valutata la presenza dei polsi periferici. L’assenza del polso tibiale posteriore o pedidio impone il passaggio a metodi diagnostici più sofisticati.
Un metodo semplice è la determinazione della pressione a livello del malleolo: oggi esistono strumenti Doppler portatili molto pratici che facilitano l’uso di questo metodo.
Se il rapporto tra la pressione alla caviglia e la pressione al braccio è inferiore a 0.9 (valore normale compreso tra 0.9 e 1.3), è molto probabile che esista un’arteriopatia periferica tanto più grave quanto più è basso il rapporto pressorio. In questo caso è necessario eseguire un ecodoppler che evidenzia la presenza di stenosi o occlusioni lungo tutto l’asse dell’arto inferiore.
Il parametro forse più importante è l’ossimetria transcutanea, che, in parole semplici, valuta la quantità di ossigeno che arriva al piede. In base al risultato di tutti questi esami viene presa la decisione se effettuare o meno un’arteriografia, come descritto nel nostro protocollo riportato nella tabella seguente.

Protocollo diagnostico-terapeutico di arteriopatia periferica
 
Terapia
In presenza di un'arteriopatia occlusiva periferica l'unica terapia veramente efficace è la rivascolarizzazione, cioè ripristinare un flusso di sangue al piede, che può essere ottenuto con angioplastica o con by-pass.
In caso di claudicatio con buon intervallo libero di marcia, sicuramente se superiore ai 200 metri, è preferibile curare il paziente dando indicazione ad aumentare l'esercizio fisico, a smettere di fumare se in uso, a utilizzare farmaci antiaggreganti e antidislipidemici e a programmare un controllo ambulatoriale intenso.
Se invece sono presenti dolore a riposo, ulcera, gangrena o claudicatio dopo meno di 50 metri è preferibile la rivascolarizzazione, iniziando con l'angioplastica (PTA : Percutaneous Transluminal Angioplasty).
L'angioplastica è del tutto simile concettualmente all'angioplastica cardiaca: si studia con l'arteriografia l'esatta localizzazione delle stenosi e delle occlusioni e si esegue contemporaneamente allo studio angiografico la dilatazione con palloncino delle placche ostruenti.
Questa procedura, che non richiede anestesia generale e non è dolorosa, risulta molto efficace sul dolore ischemico e sulla possibilità di guarire l'ulcera ma soprattutto permette la guarigione della ferita nel caso si renda comunque necessario un intervento chirurgico sul piede.
Le complicazioni sono meno frequenti e importanti rispetto a procedure chirurgiche che necessitano di anestesia.
Tuttavia anche l'angioplastica è una "terapia interventistica" che può dare luogo a complicanze; nella tabella seguente sono riportate le complicanze che si sono avute in 993 pazienti sottoposti a questa procedura nel periodo 1999-2003.

Complicazioni e trattamento in 993 soggetti sottoposti a PTA

Complicazione
Trattamento
1
-
2
UCC
Angina
2
Terapia medica
Aritmia cardiaca
1
UCC
Dolore toracico
1
Accertamenti, nessuna terapia
1
Terapia medica
1
Terapia medica (senza dialisi)
3
1
Trasfusione
Accertamenti, nessuna terapia
Pseudoaneurisma nel sito di puntura
5
3
Sutura chirurgica
Sutura chirurgica e trasfusione
Trombosi periferica
7
3
Trombolisi efficace
By-pass
Embolo colesterinico
1
1
Amputazione sopra la caviglia
Terapia Medica


È importante sottolineare il fatto che, per salvare il piede, è necessario che venga aperta almeno una arteria al suo livello è del tutto inutile riaprire una arteria della coscia lasciando chiuse le arterie della gamba.
Se l'angioplastica non è possibile si valuta la possibilità di un by-pass.
Per lungo tempo si è ritenuto che il by-pass chirurgico distale, a livello del piede, fosse inutile perchè destinato a chiudersi precocemente. I risultati ottenuti negli anni 90 in America e oggi disponibili anche in Italia ci dicono che questa tecnica dà risultati soddisfacenti.
L'importante quando ci si trova di fronte a un'ulcera è non sottovalutare la presenza di arteriopatia.
Il rischio è quello di effettuare interventi chirurgici che, se presente un'arteriopatia periferica non diagnosticata e quindi non rivascolarizzata, producono la necessità di ulteriori interventi fino ad arrivare all'amputazione della gamba.
Tuttavia la rivascolarizzazione è una procedura non esente da rischi, che impegna il paziente e i familiari; presenta inoltre un costo rilevante per il Servizio Sanitario Nazionale. In alcuni casi è consigliata direttamente l'amputazione, soprattutto in pazienti allettati in cui il salvataggio dell'arto non sarebbe comunque utile alla deambulazione e in soggetti non coscienti del loro stato in cui non vi è una sofferenza psicologica dalla mancanza dell'arto.
Tratto da: paginemediche, 13 maggio 2011