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Medicina: inchiodato il colesterolo del terzo tipo, più rischi infarto

 

Milano - C'è il colesterolo buono, c'è quello cattivo e c'è il colesterolo 'del terzo tipo': si chiama lipoproteina (a) e se aumenta troppo minaccia la salute di cuore e arterie. A inchiodarlo è lo studio genetico europeo Procardis, al quale partecipano gli scienziati dell'Istituto Mario Negri di Milano. La ricerca, spiega una nota del centro diretto dal farmacologo Silvio Garattini, "conferma in modo inequivocabile che livelli plasmatici elevati di lipoproteina (a), un terzo tipo di colesterolo che si affianca ai più conosciuti Ldl e Hdl, sono causa di un aumento del rischio di malattia coronarica e di infarto miocardico". I risultati sono pubblicati sul 'New England Journal of Medicine'.
Il gruppo Procardis è un consorzio europeo di ricerca di cui fanno parte studiosi del Dipartimento di ricerca cardiovascolare dell'Istituto Mario Negri, il Dipartimento di medicina cardiovascolare del Wellcome Trust Centre for Human Genetics e la Clinical Trials Service Unit dell'Università di Oxford (Gb), l'Unità di ricerca per l'aterosclerosi del Dipartimento di medicina del Karolinska Institute di Stoccolma (Svezia) e il Leibniz Institut für Arterioskleroseforschung dell'Università di Muenster (Germania).
I livelli plasmatici di lipoproteina (a), sottolineano i ricercatori, mostrano una notevole variabilità tra gli individui e risultano geneticamente determinati dal gene APO(A). Fino ad oggi la lipoproteina (a) era stata associata con la malattia coronarica, ma non era stato possibile chiarire se potesse esserne la causa. Il progetto Procardis ha analizzato complessivamente il genotipo di 16 mila cittadini europei, dimostrando che tra le diverse varianti del gene APO(A) due in particolare sono associate all'aumento dei livelli plasmatici di lipoproteina (a) e hanno un ruolo nello sviluppo della malattia coronarica e dell'infarto. Una persona su 6 è portatrice di una di queste due varianti nel suo Dna, quindi presenta livelli più alti di lipoproteina (a) nel sangue e un rischio di infarto doppio rispetto a chi ha un genotipo normale. Un pericolo che quadruplica nelle persone portatrici di entrambe le varianti.
Tratto da: Adnkronos Salute,11 gennaio 2009