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Sindrome metabolica, occhio al girovita

 

Dietro una “pancetta” apparentemente innocua o una pressione arteriosa più alta del normale, può nascondersi la Sindrome Metabolica, problema dilagante nel mondo occidentale. Una volta definita Sindrome X, come per sottolineare l’incognita della misteriosa e pericolosa associazione tra i sintomi che la caratterizzano, la Sindrome Metabolica è un insieme di alterazioni, che espone a un rischio maggiore di malattie cardiovascolari e di diabete di tipo II: oltre all'aumento di grasso a livello dell'addome, può esserci la diminuzione del colesterolo HDL (quello buono) o livelli superiori dei trigliceridi, l’ipertensione arteriosa e una glicemia a digiuno uguale o superiore a 100 mg/dl.
La sindrome metabolica è in crescita in Europa e in Italia ne soffrono dai 6 agli 8 milioni di persone adulte, ma anche i giovani, sempre più in soprappeso, non sono risparmiati. E’ importante migliorare l’informazione sui rischi legati a questo quadro clinico, smascherando anche le singole alterazioni spesso ignorate, come i centimetri di troppo al girovita, che secondo i nuovi parametri proposti nel 2006 dall’International Diabetes Federation (IDF), non devono superare gli 80 cm nelle donne e i 94 cm negli uomini, anche in caso di peso corporeo nella norma o addirittura più basso.
Ai 5 parametri se ne sta aggiungendo un sesto, l’ipogonadismo, cioè la ridotta produzione di testosterone da parte dei testicoli, caratterizzato da calo del desiderio sessuale, cambiamenti del tono dell’umore, aumento del grasso addominale, diminuzione della forza muscolare, osteoporosi. Nelle persone di una certa età con sindrome metabolica si possono quindi avere livelli più bassi di ormone maschile, ma chi ha il testosterone basso corre a sua volta un rischio maggiore di andare incontro alla sindrome X. Il punto di partenza della sindrome metabolica è l’insulino-resistenza (associata anche all’aumento del grasso addominale) , cioè l’incapacità dell’insulina di esercitare i suoi effetti sulle cellule, favorendo l’utilizzazione del glucosio. Il pancreas aumenta quindi la produzione insulinica per mantenere nella norma i livelli di zuccheri (con conseguente aumento di insulina nel sangue). L’insulino-resistenza oltre a favorire il diabete, aumenterebbe, secondo recenti studi, anche il rischio di sviluppare alcuni tumori.
“Chi soffre di sindrome metabolica presenta spesso steatosi epatica o “fegato grasso” (e dovrebbe eseguire sempre un’ecografia del fegato), mentre studi pubblicati in letteratura e le nostre ricerche dimostrano un maggiore rischio di sviluppare polipi e tumori del colon retto - sottolinea il Professor Ercole De Masi, Primario dell’U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale San Carlo di Roma, dove è attivo un ambulatorio gratuito su questa sindrome (06-39706235).- “Nelle persone con sindrome metabolica è necessario quindi intervenire con programmi di prevenzione e sorveglianza, in particolare la ricerca periodica del sangue occulto nelle feci e l’esecuzione di una colonscopia, proprio per prevenire il cancro del colon-retto, individuando precocemente le lesioni benigne, come i polipi adenomatosi, che possono essere asportati durante l’esame endoscopico”.
La cura, così come la prevenzione, si basa sul cambiamento dello stile di vita, in particolare dieta ipocalorica, ricca di frutta e verdura ad alto contenuto di antiossidanti e fibre, ma abolizione di grassi saturi e alimenti ad alto indice glicemico, che fanno aumentare molto la glicemia subito dopo il pasto (in particolare i dolci). Il tutto associato, non mi stancherò mai di ripeterlo, ad attività fisica costante, che aiuta a mantenere un peso ragionevole. Se non è sufficiente, il medico curante dovrà valutare la necessità di una terapia con farmaci specifici.
Tratto da: notizie.tiscali, Brigida Stagno, 11 gennaio 2010