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Un milione di bambini con problemi di peso

 

Merenda di metà mattina troppo abbondante, poca frutta, attività fisica insufficiente
Fuori forma un alunno su tre nella fascia 6-11 anni. Nonostante la dieta mediterranea, allarme obesità
Se è vero che chi nasce oggi può arrivare a una vita media di 120 anni, è altrettanto vero che se gli stili di vita non cambiano si rischia di perdere per strada un buon 30 per cento di questo potenziale genetico. Diabete e malattie cardiovascolari sono in agguato. L’allarme è diffuso: i bambini di oggi, con gravi colpe dei genitori, sono in generale oversize. Tutti i Paesi occidentali registrano un dato comune: una crescita esponenziale del fenomeno dell’obesità e del sovrappeso nell’infanzia. Anche quei Paesi che, per tradizioni alimentari, dovrebbero essere virtuosi: l’Italia, patria della dieta mediterranea, è ai primi posti nel mondo per il peso in eccesso dei suoi pargoli. La Campania, poi, batte ogni record. Il tutto in circa 30 anni.
Scattiamo una fotografia della situazione, secondo i dati raccolti dall’ «International Obesity Task Force»: i bambini in età scolare obesi o sovrappeso nel mondo sono 155 milioni, ovvero uno su dieci. Di questi, 30-45 milioni sono classificati tra gli obesi, il che significa il 2-3% dei ragazzi in età compresa tra i5 e i 17 anni. In Europa il problema dell’obesità infantile è sempre più diffuso: ogni anno negli Stati membri dell’Unione Europea circa 400 mila bambini sono considerati soprappeso e oltre 85 mila obesi. Per quanto riguarda la sola obesità giovanile, oggi la prevalenza in Europa risulta essere 10 volte maggiore rispetto agli anni Settanta.
Il problema dell’obesità e del sovrappeso nei bambini ha acquisito un’importanza crescente anche in Italia, sia per le implicazioni dirette sulla salute del bambino, sia perché rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di patologie in età adulta. Oggi, su 100 bambini della classe terza elementare quasi 24 sono in sovrappeso (23,6%) e oltre 12 sono obesi (12,3%). Complessivamente si stimano oltre un milione e centomila bambini italiani, tra i sei e gli undici anni, con problemi di obesità e sovrappeso: più di un bambino su tre.
Quali le cause? Claudio Maffeis, pediatra dell’università degli studi di Verona, ha stilato un rapporto per il «Barilla Center for Food Nutrition», organismo creato all’inizio del 2009 come centro di pensiero e proposte dall’approccio multidisciplinare per affrontare il mondo della nutrizione e dell’alimentazione mettendolo in relazione con le tematiche a esso correlate: economia, medicina, nutrizione, sociologia, ambiente. Organismo garante del Barilla Center for Food Nutrition è l’Advisory board, composto da Barbara Buchner, ricercatrice presso l’International Energy Agency di Parigi (Iea); Mario Monti, economista; Gabriele Riccardi, endocrinologo; Camillo Ricordi, diabetologo; Joseph Sassoon, sociologo; Umberto Veronesi, oncologo.
Scrive Maffeis nel rapporto: «È evidente la grande diffusione tra i bambini di abitudini alimentari che non favoriscono una crescita armonica e che predispongono all’aumento di peso, specie se concomitanti. In particolare, emerge che l’11% dei bambini non fa colazione; il 28% la fa in maniera non adeguata; l’82% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante (oltre 100 calorie); il 23% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente né frutta né verdura». Da qui indicazioni utili anche per l’industria alimentare. Anche i dati raccolti sull’attività fisica sono poco confortanti: solo un bambino su 10 fa attività fisica in modo adeguato per la sua età e uno su 4 non ha svolto attività fisica il giorno precedente l’indagine. La metà dei bambini, inoltre, possiede un televisore in camera propria. Aggiunge Renata Lorini, pediatra dell’università di Genova: «La percezione del problema da parte dei genitori, infine, sembra essere inversamente proporzionale alla frequenza statistica del peso in eccesso: quattro mamme su dieci di bimbi in sovrappeso non ritengono che il proprio figlio abbia un peso eccessivo rispetto all’altezza».
La European association for the study of diabetes (Easd) e la Federazione diabete giovanile riconoscono la prevenzione e il trattamento dell’obesità come «il più importante problema di salute pubblica in tutto il mondo». Oltre alla rilevanza sanitaria, infatti, l’obesità e il sovrappeso generano anche un significativo effetto negativo sui costi della sanità.
Molto interessanti appaiono i risultati di un recente studio condotto su giovani americani di età compresa tra i6 e i 19 anni negli anni 2002 e 2005 e basato sui dati di un’importante indagine statistica nazionale (Medical expenditure panel survey, Meps). Che cosa è emerso? I soggetti «classificati» obesi in entrambi gli anni hanno generato maggiori costi sanitari: 194 dollari in più per visite ambulatoriali, 114 dollari in più per prescrizione di farmaci e 12 dollari in più per prestazioni d’emergenza rispetto ai bambini con peso normale. Estrapolando i dati per l’intera popolazione si può dire che obesità e sovrappeso tra i giovani causano costi incrementali per il sistema sanitario americano di 14,1 miliardi di dollari l’anno per visite ambulatoriali, farmaci e medicina d’urgenza.
Diretta conseguenza di sovrappeso e obesità, dei disturbi metabolici o dismetabolismi giovanili, è il diabete precoce con tutte le conseguenze. Il diabete di tipo II, quello che un tempo veniva classificato come senile, oggi sembra avere abbassato l’età anagrafica della sua comparsa. A Roma, nell’ultima edizione di Changing Diabetes Barometer Project, Anil Kapur, managing director della World Diabetes Foundation, ha sottolineato: «Le stime riguardanti i costi globali dell’healthcare — prevenzione, trattamento del diabete e delle sue complicanze— si attestano per il 2010 intorno a 376 miliardi di dollari, mentre nel 2030 questo numero è destinato a superare i 490 miliardi di dollari». Tutto ciò senza calcolare i costi per malattie cardiovascolari e ictus, comprese le disabilità indotte, che con sovrappeso e obesità sono strettamente collegate. La roadmap di Changing Diabetes prevede, in Italia, una «rete di collegamento» in grado di armonizzare dati ed evidenze relative allo stato del diabete a livello locale, favorendo così lo sviluppo di un piano di azione nazionale coerente ed efficace e di un sistema di cura uniforme e integrato su tutto il territorio, ponendosi come una guida reale per le Regioni. A partire dai primi anni di vita.
Perché è nei primi due anni che si segna il destino metabolico futuro. È questo il momento in cui un’iperalimentazione, oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose (ipertrofia), determina anche un aumento del loro numero (iperplasia). Ed è il momento che favorisce l’obesità in età adulta, oltre a una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti. Questo per l’impossibilità a eliminare gli adipociti maturi una volta completata la loro differenziazione. Quindi, a conti fatti, la cultura della corretta alimentazione pesa più della genetica. E forse nei Paesi occidentali è proprio quella cultura a scarseggiare.
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Mario Pappagallo, 07 aprile 2010