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La deontologia professionale degli infermieri italiani e la legge sul “fine vita”

 

“Una legge che, così come è formulata, appare in contrasto con la nostra deontologia professionale, non riconosce la centralità della persona e delle sue volontà e non tiene conto del coinvolgimento dell’intera equipe assistenziale”. Così Annalisa Silvestro, Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi, sintetizza la posizione degli infermieri italiani in merito alla legge sul testamento biologico e sul ‘fine vita’. Posizione espressa attraverso un Pronunciamento reso pubblico proprio mentre alla Camera entra nel vivo la discussione sul cosiddetto ddl Calabrò.
Lo scorso 10 dicembre la Commissione Affari Sociali di Montecitorio ha infatti iniziato l'esame degli emendamenti, adottando come testo base la proposta di legge 2350, approvata dal Senato a marzo.
“Il Pronunciamento non nasce certo oggi – afferma Silvestro – è, infatti, il punto di arrivo di una riflessione avviata dal nostro gruppo professionale già nel 2008, quando abbiamo avviato il percorso di revisione del nostro Codice deontologico. La riflessione etica non poteva non toccare tematiche di particolare sensibilità e rilevanza quali la terminalità di vita, il rispetto delle volontà nell’assistito e il suo accompagnamento al ‘fine vita’. Da qui la decisione di rendere pubbliche le nostre valutazioni”.
Nel loro Pronunciamento gli infermieri, professionisti che svolgono una insostituibile funzione nella fase terminale della vita delle persone, si richiamano alle norme espresse nel loro Codice deontologico per valutare l’articolato della proposta di legge 2350: “Durante l’evoluzione terminale della malattia e nel fine vita” – si legge nel Pronunciamento – “i rapporti tra l’assistito, le sue persone di riferimento, il medico, l’infermiere e l’equipe assistenziale non possono essere rigidamente definiti da una legge potenzialmente fonte di dilemmi etici, difficoltà relazionali e criticità professionali, ma devono essere vissuti e sviluppati secondo le norme dei Codici di deontologia professionale”.
Norme deontologiche che contrastano con l’attuale formulazione della legge. “Nel testo approdato alla Camera” – osserva Silvestro – “non si rileva il valore della centralità della persona e del rispetto delle sue volontà che non possono che essere il perno del processo di cura e di assistenza: il testo attuale infatti, se prevede che l’assistito possa manifestare ed esprimere le proprie volontà, definisce anche che tali volontà non abbiano cogenza per il medico che, oltre a tutto, viene indicato come l’unico detentore di ogni decisione che riguarda l’assistito indipendentemente dal parere di altri professionisti inseriti con lui nell’equipe assistenziale”.
L’articolo 3 del Codice deontologico degli infermieri recita: “La responsabilità dell’infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo”.
L’articolo 36 recita: “L’infermiere tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita”.
L’articolo 37 recita: “L’infermiere quando l’assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto da lui chiaramente espresso in precedenza e documentato”.
“Il nostro Codice deontologico” – commenta Silvestro – “esprime un indirizzo chiaro e a cui ci sentiamo fortemente vincolati: se il testo della legge dovesse rimanere inalterato e se vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto con i principi etici della professione e con i nostri valori, si potrebbero determinare situazioni in cui gli infermieri sarebbero indotti ad appellarsi alla clausola di coscienza. Crediamo sia importante trovare altri percorsi. Noi vogliamo continuare ad assistere i nostri pazienti nella fase del ‘fine vita’, nel rispetto della loro dignità e volontà e attraverso atteggiamenti e gesti che vogliono e sanno accogliere, ascoltare, assistere, comunicare e lenire.”
Tratto da: Salute Europa, 16 dicembre 2009