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Trattenere la rabbia fa male al cuore

 

Gli uomini che «si tengono tutto dentro» quando sono trattati ingiustamente sul lavoro vedono più che raddoppiato il rischio di avere un infarto
LO INDICA Una ricerca svedese
MILANO – Che cosa fanno gli uomini nel caso di conflitto sul lavoro? Possono ingoiare il rospo e lasciar correre, palesando una flemma quasi artificiale. Oppure possono uscire cinque minuti e sbollire con una sana passeggiata. O ancora affrontare di petto la situazione, sfogando tutta la rabbia che covano. Infine possono liberare il malumore una volta arrivati a casa (tipico dei poco coraggiosi), prendendosela con i figli, la moglie o persino l’animale domestico. C’è poi chi somatizza e risponde a una situazione di stress accusando dolori lancinanti allo stomaco, alla testa o a entrambi. Ma tra queste possibili reazioni alla rabbia, secondo uno studio del Research Institute di Stoccolma, le prime due opzioni - ossia in entrambi i casi tenersi tutto dentro - sono le peggiori e fanno molto male al cuore.
LO STUDIO – Nel 1992 i ricercatori svedesi hanno iniziato a seguire un campione di 2.755 uomini di età media intorno ai 41 anni che non avevano mai avuto problemi cardiovascolari, chiedendo loro quali fossero gli atteggiamenti più ricorrenti da parte loro a fronte di una tensione sul lavoro. Le risposte sono state registrate prendendo in considerazione anche altri aspetti significativi quali il fumo, l’assunzione di alcol, l’esercizio fisico, l’educazione scolastica, la libertà di prendere decisioni sul lavoro, e via dicendo.
QUESTIONE DI REPRESSIONE – Quando nel 2003, dieci anni dopo, gli studiosi hanno fatto un primo bilancio dei dati raccolti, risultava che 47 individui dei 2.755 iniziali erano deceduti per patologie cardiovascolari o avevano avuto un attacco di cuore. E i soggetti colpiti erano proprio quelli che avevano dichiarato di reprimere la rabbia. La ricerca dunque dimostra un legame significativo tra ira soffocata e danni al cuore: ciò che è maggiormente di nocumento non è tanto lo stress di per sé, ma soprattutto la risposta allo stress, che più è silente più è dannosa, raddoppiando mediamente le possibilità di malattie cardiache.
SFOGARSI FA BENE – Meglio una bella sceneggiata scandita da urla e pugni sul tavolo che covare silenziosamente rancore, simulando una tranquillità fittizia. Meglio la tempesta che la quiete. Insomma, meglio che la rabbia venga incanalata nel modo giusto, ma soprattutto è meglio che venga espressa, anche con decisione. Per contro, un po’ a sorpresa, la ricerca svedese dimostra che, per rimanere alle possibili reazioni, fra lo sviluppo di disturbi psicosomatici e l'attaccare briga fuori dal lavoro (cosa peraltro molto ingiusta), la scelta più nociva è annegare la rabbia in comportamenti nocivi (fumo, alcol), che non fanno che aggravare la situazione.
MA È L’ISTINTO A DECIDERE? – In tutti i casi, come fa notare la dottoressa Constanze Leineweber, che ha guidato lo studio, non è così facile indirizzare le nostre reazioni ai conflitti. «Si tratta di risposte istintive, sui cui è difficilissimo intervenire», fa notare Leineweber. Anche se a volte cercare di pilotare il proprio istinto è possibile e anche i più repressi possono imparare a litigare prima o poi. E capire che può essere anche una soddisfazione.
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Emanuela Di Pasqua, 30 novembre 2009