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Tutt’altro che secondario

Il diabete provocato da infiammazioni croniche o da asportazione del pancreas. Così come quello ‘semplicemente’ dovuto alle terapie a base di cortisone non vanno ignorati e anzi richiedono terapie quasi sempre basate sull’insulina.
Si chiama ‘diabete secondario’, ma guai a pensare che l’aggettivo indichi un valore, quasi che si trattasse di forme di diabete meno importanti di altre. «Secondario significa semplicemente che il diabete è la conseguenza, l’’effetto collaterale’ di un’altra patologia, o di un intervento o di una terapia», spiega Maria Chantal Ponziani, diabetologa presso la Struttura Complessa di Malattie Metaboliche e Diabetologia dell’ospedale Maggiore della Carità di Novara che ha redatto il capitolo dedicato a questa forma di diabete nella nuova edizione degli Standard di cura AMD-SID-SIEDP.
Le cause. Il diabete può essere la conseguenza delle pancreasectomie, le operazioni chirurgiche che comportano l’asportazione totale o parziale del pancreas. Ma i casi di questo tipo non sono molti.
Alcune patologie pancreatiche, non molte per fortuna, possono provocare come conseguenza il diabete. Si tratta delle infiammazioni croniche del pancreas, le pancreatiti che possono derivare da un consumo smodato di alcol o da una calcolosi della colecisti. Nel primo caso il pancreas è ‘avvelenato’ dall’alcol; nel secondo, la bile che non può uscire dalla colecisti intasata di calcoli, ristagna nel pancreas e lo infiamma. «Fino a un recente passato anche la talassemia depositando ferro nel pancreas ne impediva il funzionamento. Oggi con le nuove terapie chelanti non vediamo quasi più nuovi casi di diabete secondario a ipersideremia (eccesso di ferro nel sangue ndr.) nei talassemici», nota Maria Chantal Ponziani. Il pancreas può essere anche ‘avvelenato’ da altissimi livelli di trigliceridi nel sangue, soprattutto nelle ipertrigliceridemie familiari nelle quali i pazienti possono raggiungere valori di trigliceridi superiori a 700-1000 mg. In passato anche la lavorazione – in condizioni di scarsa sicurezza – di composti organofosforici (insetticidi) poteva causare una pancreatite.
Una terza categoria di diabete secondario è quello causato da farmaci. Ad esempio gli anti-psicotici (vedere l’articolo su Diabetenograzie.it) e i farmaci: inibitori della proteasi e inibitori della transcrittasi inversa che hanno permesso di tenere sotto controllo il virus HIV. «La forma di diabete secondario che trattiamo più spesso è quella causata da terapie, soprattutto se prolungate o ad alto dosaggio, a base di corticosteroidi, di cortisone come si dice comunemente», spiega Chantal Ponziani.
Tre messaggi-chiave. «Il primo messaggio da dare è che in tutti questi casi il diabete va preso sul serio e trattato», insiste Chantal Ponziani, «un concetto non banale perché, essendo la conseguenza diretta o indiretta di una patologia più grave o comunque più visibile viene istintivo considerare il diabete appunto ‘secondaria’ mentre così non è: lo squilibrio glicemico, oltre a essere un fattore di rischio in sé, spesso rende più difficile risolvere o gestire la patologia ‘originaria’ come avviene per esempio col diabete secondario a fibrosi cistica. Il secondo messaggio è che nella stragrande maggioranza dei casi la terapia appropriata per il diabete secondario, è l’insulina. Il terzo messaggio è che il diabete secondario a terapia cortisonica si rileva soprattutto con il rialzo della glicemia postprandiale, mentre i valori glicemici a digiuno possono rimanere anche entro valori tali da non far sospettare la presenza di diabete».
La terapia. Per capire a grandi linee come si imposta la terapia nelle diverse occorrenze di diabete secondario bisogna ricordare che il pancreas produce sia l’insulina (attraverso le cosiddette cellule beta) sia l’ormone antagonista dell’insulina, il glucagone. «Questo significa che in presenza di una malattia pancreatica, che comprometta anche la parte di pancreas deputata alla secrezione degli ormoni sopra indicati, l’organismo non opera nessuna correzione ‘naturale’ dell’ipoglicemia», sottolinea la diabetologa piemontese, bisogna quindi impostare terapie molto precise con farmaci che abbiano la durata di azione desiderata e facili da dosare. Difficilmente farmaci orali rispondono a questa esigenza. Il diabete che nasce da un mancato funzionamento del pancreas è molto delicato da trattare perché l’organismo risponde in modo normale all’insulina (per intendersi come nel diabete di tipo 1) ma il fegato, privo delle istruzioni che gli provengono dalla produzione fisiologica d’insulina e glucagone, fa fatica a svolgere il suo ruolo di ‘banca del glucosio’. «Occorre una terapia assai precisa nelle dosi e nei tempi per trattare adeguatamente l’iperglicemia evitando serie ipoglicemie», ricorda Maria Chantal Ponziani.
Anche il diabete secondario a corticosteroidi, chiamato diabete steroideo, va trattato con insulina. Queste forme di diabete ‘possono passare’ quando si interrompe la terapia a base di ‘cortisone’ (le virgolette sono d’obbligo perché oggi si usano versioni modificate dell’ormone). In realtà soprattutto nella persona un po’ anziana, in caso di terapie protratte o ad alti dosaggi ogni ciclo di terapia può ‘lasciare il segno’ e avvicinare il momento in cui il diabete permane anche in assenza di terapia cortisonica. Il diabete che fa seguito a terapie antidolorifiche o per artrosi, artrite e forme reumatiche varie, porta di rado valori di emoglobina glicata molto alti, per intendersi sopra il 9% (oltre 75 mmol/mol). «Ma bisogna resistere alla tentazione di seguirli con terapie orali. Solo l’insulina permette di seguire la concentrazione dell’ormone corticosteroide». Ad esempio chi prende il cortisone la mattina, vedrà i valori glicemici alzarsi nella giornata ma tornare normali verso mezzanotte. Molti pazienti, sia su indicazione del medico sia per loro scelta, prendono il farmaco a base di cortisone solo in certi giorni o solo quando sentono il dolore o il sintomo. Ancora una volta solo l’insulina permette di accompagnare quest’abitudine».
Provocano il diabete anche le condizioni in cui il pancreas “lavora sotto stress” per contrastare l’azione degli ormoni della contro-regolazione (degli ormoni che svolgono azione contraria a quelle dell’insulina) ovvero il morbo di Cushing, (produzione eccessiva e continua di cortisolo) e la acromegalia (produzione eccessiva di ormone GH o ormone della crescita). Ambedue gli ormoni sono antagonisti dell’insulina. In questi casi il pancreas produce normalmente insulina ma non in misura sufficiente per contrastare gli effetti della produzione di ormoni antagonisti. Queste patologie prevedono terapie specifiche (mediche o chirurgiche) che, contrastando la produzione ormonale anomala, determinano un miglioramento del diabete. Anche in questi casi, soprattutto in attesa di una terapia risolutiva, la soluzione è una terapia insulinica da dosare con cura perché ‘si aggiunge’ alla produzione fisiologica.
Tratto da: diabete.it, 02 marzo 2014