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Farmaci anti-obesitā: perchč non bastano

 

L’obiettivo del trattamento farmacologico è troppo limitato, puntando solo alla perdita di peso: restano insoluti gli altri fattori dell’alimentazione eccessiva
MILANO - C’è poco da sperare di mantenere nel tempo la perdita di peso, quando si è ottenuta facendo ricorso solo all’aiuto dei farmaci anti-obesità, e non sono stati fatti invece anche degli interventi sull’approccio psicologico e comportamentale al cibo. È questo, in sintesi, il risultato di uno studio pubblicato su Nature Reviews Endocrinology da parte di un gruppo di ricercatori guidati da Jason Halford della School of Psychology dell’University of Liverpool.
UN RAPPORTO PARADOSSALE - Il fatto è che oggi le persone si trovano in una situazione un pò paradossale dal punto di vista del loro rapporto con il cibo. L’organismo umano, fin dai tempi dell’uomo primitivo, si è sviluppato in modo tale da privilegiare al massimo il comportamento di ricerca e assunzione di cibo. Mangiare procura anche piacere, così che l’individuo è spinto ad alimentarsi quando c’è disponibilità di cibo, in modo da poter sopravvivere più a lungo quando poi il cibo non si trova. La società occidentale contemporanea è però caratterizzata dalla presenza costante di cibo a costi estremamente contenuti, specie per i cibi a più alto contenuto di grassi e zuccheri, che al tempo stesso sono quelli che danno maggior soddisfazione al palato e maggior accumulo di peso. Così, quel meccanismo che doveva essere protettivo è diventato ora un pericolo per la salute, essendo un percorso facilitato verso l’accumulo di peso, e i conseguenti rischi di disturbi cardiovascolari e diabete.
FARMACI: OBIETTIVO LIMITATO - Secondo gli autori di questa revisione, l’obiettivo perseguito dal trattamento farmacologico è troppo limitato, puntando solo alla perdita di peso, così che restano insoluti tutti gli altri fattori che stanno dietro l’alimentazione eccessiva. «Diversi fattori psicologici possono essere considerati di importanza critica per lo sviluppo dell’obesità» ha dichiarato il dottor Halford, «pertanto l’industria farmaceutica dovrebbe tenerli in considerazione nel momento in cui progetta nuovi tipi di farmaci. Abbiamo imparato molto sui sistemi neurochimici che governano processi come il desiderio e il piacere del cibo, e sarebbe tempo di sfruttare questa conoscenza per aiutare le persone a gestire il loro comportamento alimentare». Quindi i nuovi farmaci anti-obesità non dovranno più limitarsi a mirare alla perdita di peso, ma arrivare a interferire con lo stesso desiderio di cibo e con il senso di sazietà, elementi cruciali per l’autocontrollo alimentare e la possibilità di raggiungere risultati duraturi. Che è poi quello che per altre vie cercano di raggiungere anche i diversi trattamenti psicologici e comportamentali finalizzati a modificare il rapporto con il cibo nelle persone che tendono ad alimentarsi in maniera eccessiva e a muoversi poco.
Tratto da: Corriere della Sera, Danilo di Diodoro, 13 aprile 2010