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Diabete. Psicologi: “I farmaci non bastano: serve un supporto per gestire il disagio emotivo”

In Italia un malato di diabete su due soffre di stress, mentre nel resto d'Europa la percentuale media è del 40 per cento. Su questo dato emerso durante il congresso della Easd in corso a Vienna interviene l’ordine degli psicologi del Lazio: “In caso di disagio emotivo serve l’intervento dello psicologo”.
Il diabete può portare con sé anche stress e disagio emotivo: a quel punto deve intervenire lo psicologo perché i farmaci non bastano più. Lo sostiene l’ordine degli psicologi del Lazio a commento dei dati emersi durante il congresso della European Association for the Study of Diabetes in corso a Vienna. I numeri parlano chiaro: in Italia un malato di diabete su due soffre di stress, mentre nel resto d'Europa la stessa percentuale si assesta su un valore medio del 40 per cento.
“Nel corso del congresso – ha spiegato Mara Lastretti, PhD Student del policlinico Umberto I – è emerso chiaramente che il paziente diabetico in Italia patisce più che altrove la paura del futuro e l'ansia da ipoglicemia. A questo dato, che individua un bisogno di tipo emotivo, nel nostro paese si vorrebbe rispondere con soluzioni farmacologiche, come la sperimentazione di nuovi tipi di insulina”.
“Noi non siamo d'accordo – chiarisce – occorre occuparsi del distress, lo stato di disagio emotivo generato dall'essere affetto da una malattia cronica, e ad occuparsene può e deve essere lo psicologo. A tal riguardo, qui nel Lazio, stiamo lavorando sull'avvio di una progettualità sul diabete con partecipazione interdisciplinare. Del resto già dal 1998 si certifica che il ricorso all'intervento dello psicologo agevola l'aderenza del paziente cronico alla terapia”.
“Possiamo infine sottolineare – conclude Lastretti – che l'introduzione di un supporto psicologico sistematico nella terapia sul diabete potrebbe portare anche benefici rilevanti in termini di spesa per il Servizio sanitario nazionale: dettaglio non trascurabile, visto che consentirebbe di attuare un provvedimento di spending review incentivando anche l'appropriatezza del percorso di cura”.
Tratto da: Quotidiano Sanità, 19 settembre 2014