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Chirurgia bariatrica e rischio di fibrillazione atriale di nuova insorgenza in una popolazione di svedesi obesi

Dal momento che l’obesità costituisce un fattore di rischio per la fibrillazione atriale, Jamaly e colleghi hanno studiato se il calo ponderale ottenuto a seguito di un intervento di chirurgia bariatrica sia in grado di ridurre il rischio di fibrillazione atriale (FA) di nuova comparsa. Lo studio epidemiologico prospettico svedese SOS (Swedish Obese Subjects), condotto in Svezia presso 25 dipartimenti chirurgici e 480 centri sanitari primari fra il 1987 e il 2001, ha arruolato 4.021 individui obesi in ritmo sinusale e senza storia di FA; di questi, 2.000 soggetti sono stati sottoposti a un intervento di chirurgia bariatrica (gruppo chirurgico), e 2.021 soggetti obesi di controllo sono stati seguiti in maniera convenzionale (gruppo di controllo). L’end point considerato era la FA di nuova insorgenza, accertata tramite i codici diagnostici dei soggetti arruolati nello Swedish National Patient Register di pazienti ricoverati e di pazienti seguiti ambulatorialmente. A un follow-up mediano di 19 anni, una FA di nuova insorgenza si è verificata in 247 soggetti (12,4%) del gruppo chirurgico, e in 340 individui (16,8%) del gruppo di controllo. Il rischio di sviluppare una FA era del 29% inferiore nel gruppo chirurgico rispetto al gruppo di controllo (HR: 0,71). Gli individui più giovani traevano un beneficio maggiore dall’intervento chirurgico rispetto ai soggetti più anziani. Inoltre, coloro che presentavano valori più elevati di pressione arteriosa diastolica avevano un maggior beneficio dal trattamento chirurgico rispetto a coloro che avevano una pressione arteriosa diastolica ridotta. Gli autori concludono che, rispetto alla gestione convenzionale, l’esecuzione di un intervento di chirurgia bariatrica ha ridotto il rischio di FA in tale popolazione di pazienti severamente obesi; tale riduzione del rischio era inoltre significativamente più accentuata nei soggetti più giovani e in coloro che presentavano i più elevati livelli di pressione arteriosa.

Fonte: Shabbar Jamaly - J Am Coll Cardiol 2016;68:2497-2504.

Tratto da: Cardiolink, 19 dicembre 2016