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Far regredire il diabete č possibile, con una dieta che faccia dimagrire fuori ma soprattutto «dentro»

Una rigida dieta ipocalorica che riduca i depositi di grasso in alcuni organi (pancreas in primis) ha «guarito» pazienti malati da dieci anni di diabete di tipo due.

Guarire dal diabete di tipo due. Una sfida non del tutto impossibile stando alle teorie di Roy Taylor, medico dell'università di Newcastle: riportare la glicemia nella norma senza farmaci e affrancarsi dalla malattia non è un'utopia, basta dimagrire in maniera drastica e tornare al di sotto della cosiddetta Soglia Individuale di Grasso. Lo confermano gli ultimi dati raccolti da Taylor, pubblicati su Diabetes Care, secondo cui con una dieta ipocalorica protratta che consenta di perdere peso anche e soprattutto a livello del pancreas sarebbe possibile “cancellare” il diabete.

La teoria della «Soglia Individuale di Grasso»

Secondo Taylor, infatti, è soprattutto il grasso che “soffoca” il pancreas a impedire una corretta produzione di insulina e quindi a favorire la comparsa del diabete: di recente lo studioso inglese ha già dimostrato la validità del suo assunto in un piccolo gruppo di pazienti, la nuova ricerca conferma la percorribilità della strategia basata sulla teoria della Soglia Individuale di Grasso. «Esiste una quantità di adipe che ciascuno di noi riesce a tollerare senza che il metabolismo ne risenta: non a caso una buona quota di soggetti obesi non soffre di diabete - spiega Taylor -. Superata la soglia si sviluppa la malattia, ma se il paziente perde una giusta quantità di grasso il diabete può regredire e la glicemia rientrare nei limiti in maniera anche definitiva». «Il fenomeno della lipotossicità è reale - conferma Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Diabetologia -. Il tessuto adiposo su cosce e fianchi è metabolicamente “inerte”, ma a livello viscerale è molto pericoloso: il grasso nei muscoli favorisce l'insulino-resistenza, nel pancreas impedisce un corretto funzionamento delle cellule che sintetizzano insulina. Perciò è ragionevole che ridurre gli accumuli di adipe in generale e soprattutto negli organi interni possa migliorare la glicemia».

Una dieta molto rigorosa

La domanda è come riuscire a dimagrire fuori e soprattutto “dentro”: lo studio appena pubblicato, condotto su trenta diabetici con una diagnosi di malattia da più di otto anni, dimostra che è possibile seguendo una dieta ipocalorica assai ferrea. Le prime otto settimane, infatti, il conto delle calorie quotidiane si fermava a 600-700 calorie; nelle due settimane successive i pazienti sono tornati a un'alimentazione normale, mantenendo tuttavia un controllo sulle porzioni tale per cui alla fine ciascun partecipante, per non riacquistare peso, mangiava in media un terzo rispetto a prima dell'ingresso nella ricerca. «A sei mesi di distanza i pazienti hanno perso in media 14 chili, ma soprattutto tredici di loro si sono di fatto “liberati” da un diabete di cui soffrivano in media da dieci anni - racconta Taylor -. Molti mi chiedono se perdendo peso e restando magri sia possibile far regredire il diabete, la risposta sembra essere sì. Non è vero per tutti: abbiamo infatti verificato che i pazienti in cui non c'è più alcuna produzione di insulina non rispondono alla dieta».

Il pancreas deve avere una funzionalità residua

Se però il pancreas ha ancora una funzionalità residua è possibile “salvarlo” e far regredire la malattia; Taylor sta conducendo un'ulteriore sperimentazione su 280 pazienti per confermare il dato su numeri più consistenti, ma le speranze sono lecite ed esistono anche accorgimenti per dimagrire meglio “dentro”, come spiega Sesti. «La strategia giusta non è solo una dieta stretta, ma soprattutto l'esercizio fisico aerobico protratto: dopo i primi venti minuti di corsa, per esempio, l'organismo deve attingere agli acidi grassi per avere energia e i depositi a cui si rivolge sono proprio gli accumuli inappropriati di grasso, ovvero il tessuto adiposo negli organi interni. L'attività fisica “detossifica” e favorisce la lipolisi, anche dai depositi viscerali che per fortuna sono accumuli reversibili».

Tratto da: Corriere della Sera Salute, Elena Meli, 21 gennaio 2017