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Nefropatia diabetica, dibattuta su “Lancet” l'efficacia di paricalcitolo nel ridurre albuminuria

In una lettera a “Lancet Diabetes & Endocrinology”, a firma di due prestigiosi nefrologi spagnoli, sono discussi i risultati di due studi pubblicati sulla medesima rivista, il PROCEED e il VITAL, che hanno valutato gli effetti della somministrazione di paricalcitolo (farmaco indicato nell'iperparatiroidismo secondario a insufficienza renale) in pazienti con nefropatia diabetica in termini di riduzione dell'albuminuria e di nefroprotezione. Questo il commento di Salvatore De Cosmo, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Responsabile della UOC di Medicina Interna dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia).

Prof. De Cosmo, quali erano il razionale e le principali evidenze emerse dai due studi citati?

La complicanza renale interessa il 35-40% dei pazienti con diabete e rappresenta la causa “leader” dell'insufficienza renale terminale in tutto il mondo. Nonostante l'utilizzo ottimale dei farmaci inibenti il sistema renina-angiotensina (SRA) (ACE-I e ARB), vi è a tutt'oggi un rischio residuo rilevante di sviluppare albuminuria che, con la riduzione del filtrato glomerulare, è il segno principale di danno renale. Questo è il motivo per cui i ricercatori indagano nuovi approcci terapeutici della nefropatia diabetica e tra questi il paricalcitolo, agonista sintetico del recettore della vitamina D. I risultati del primo trial pubblicato, il VITAL, avevano dimostrato come l'aggiunta di 2 mcg al giorno di paricalcitolo alla terapia con farmaci inibenti il SRA era in grado di ridurre l'albuminuria residua in pazienti con nefropatia diabetica. In effetti, un'analisi successiva mostrava come questo risultato positivo era presente solo nei pazienti che avevano avuto con la dieta un elevato introito di Na. Nel secondo trial, il PROCEED, i ricercatori hanno valutato specificamente se l'introito di Na fosse realmente in grado di modulare la risposta al paricalcitolo. I risultati dello studio hanno documentato, innanzitutto, come una moderata restrizione di sodio nella dieta (1,7-1,8 gr di sale al dì) fosse efficace nel ridurre l'albuminuria. Per quanto riguarda, invece, l'effetto del paricalcitolo, si confermava quanto dimostrato dal VITAL, e cioè l'agonista recettoriale della vitamina D riduceva l'albuminuria solo nei pazienti ad alto introito di Na.

Nel complesso, quali quesiti i due specialisti considerano rimasti senza risposta, riguardo all'uso del paricalcitolo per questa indicazione, e quali conclusioni traggono dal punto di vista della pratica clinica?

A fronte di una chiara indicazione circa l'efficacia della restrizione di Na nella dieta, restrizione moderata perché una restrizione stretta si è dimostrata non attuabile, rimangono quesiti non chiariti riguardanti il paricalcitolo. Prima di tutto, la maggior parte dei pazienti studiati nei due trial avevano all'arruolamento bassi livelli di vitamina D e, poiché il supplemento di vitamina D da solo può ridurre la proteinuria, rimane da stabilire se l'efficacia del paricalcitolo è presente anche nei pazienti con normale contenuto di vitamina D. Inoltre, non sono conosciuti gli effetti di tollerabilità e sicurezza a lungo termine del paricalcitolo, oltre che di efficacia. Alcuni studi, e lo stesso PROCEED, hanno mostrato, per esempio, lo sviluppo di ipercalcemia e iperfosforemia nei pazienti in trattamento con paricalcitolo. Cosi come problemi di sicurezza a lungo termine si potrebbero avere sul sistema cardiocircolatorio e renale.

Che cosa raccomandano le ultime linee guida sulla gestione del paziente diabetico con complicanza nefropatica?

Le linee guida più recenti per la prevenzione e cura della nefropatia diabetica ribadiscono la necessità di ottimizzare il controllo glicemico e quello pressorio. In particolare, per il controllo pressorio è stato recentemente pubblicato uno statement da parte dall'American Diabetes Association. Valori di pressione inferiori a 130/80 mmHg sono i target suggeriti in pazienti con albuminuria nei quali si consiglia fortemente l'utilizzo di farmaci antipertensivi inibenti il SRA. Un'ulteriore raccomandazione è quella di effettuare il controllo ottimale di tutti i fattori di rischio cardiovascolare, quali il profilo lipidico o il controllo del peso corporeo. Aggiungo che risultati di recenti trial, che hanno valutato la sicurezza cardiovascolare di farmaci anti-iperglicemici di relativa recente introduzione sul mercato (come GLP-1 AR e glifozine) hanno documentato una rilevante efficacia nel ridurre anche il rischio della complicanza renale nei pazienti con diabete di tipo 2. Credo, quindi, che a breve i risultati positivi di questi trial potranno in qualche modo favorire l'introduzione nelle prossime linee guida di nuove indicazioni per la cura della nefropatia diabetica.

Le considerazioni riportate nella lettera, a suo avviso, possono in qualche modo essere utili per il diabetologo che assiste un paziente con nefropatia diabetica?

A parte il suggerimento di ridurre nei pazienti con diabete il contenuto di Na nella dieta, peraltro già ampiamente conosciuto, al momento i dati emersi da questi trial consigliano l'utilizzo del paricalcitolo per la riduzione della proteinuria sono in trial clinici controllati.

Lancet Diabetes Endocrinol, 2018;6(1):3-5.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29104157

Tratto da: Diabetologia33, 24 gennaio 2018