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Diabete tipo 2, le nuove linee guida EASD/ADA per la gestione. Documento fortemente innovativo

È stata presentata a Berlino, in occasione del meeting annuale dell'European Association for the Study of Diabetes (EASD) la nuova dichiarazione di consenso sulla gestione dell'iperglicemia nel diabete di tipo 2, redatta insieme dall'EASD e dall'American Diabetes Association (ADA) e pubblicata nei rispettivi giornali delle due società scientifiche, "Diabetologia" e "Diabetes Care". Abbiamo chiesto un parere sulle nuove raccomandazioni ad Alberto De Micheli, già coordinatore degli Algoritmi terapeutici di AMD (Associazione Medici Diabetologi) e membro del comitato di coordinamento degli Standard italiani per la cura del diabete mellito.

Dr. De Micheli, qual è a Suo parere uno degli aspetti innovativi più rilevanti di questo documento?

Sicuramente si sono messe in primo piano le evidenze più solide che si sono raccolte negli ultimi anni e il documento è stato organizzato sulla base di tali evidenze, in primis il fatto che l'uso di determinati farmaci è indicato in specifiche situazioni, in particolare con malattia cardiovascolare (CV). Le linee guida partono proprio da un approccio volto a valutare se il paziente ha o non ha una malattia CV, creando due canali di opzioni terapeutiche, per poi proseguire sulla base della singola situazione analizzando ulteriori dettagli. Un altro punto molto importante è che nelle parti introduttive si dà giustamente molto spazio, più che nei documenti precedenti, alla strategia globale di approccio al paziente. In passato si parlava di terapia personalizzata o di paziente al centro delle cure ma in modi spesso abbastanza generici. Ora invece ci sono tabelle e testi che approfondiscono questo tema in modo più esplicito e chiaro con notevoli evidenze cliniche, soffermandosi sulla gestione globale del paziente, sul suo accordo nella scelta della terapia e sulla sua educazione affinché la terapia prescritta sia effettivamente assunta. È inoltre data la massima attenzione alla dieta e all'esercizio fisico che in questo documento assumono un rilievo molto forte. Secondo me, questi aspetti caratterizzano le nuove linee guida come un documento che non tratta solo di farmaci ma piuttosto che affronta a 360° la cura del diabete. Chi legge queste considerazioni introduttive, dovrebbe molto focalizzarsi su questi aspetti sui quali poi si inserisce il discorso dei farmaci.

Il documento si contraddistingue per la ricchezza di flow-chart molto dettagliate. Può descrivercele?

In effetti vi è una ricchezza di flow-chart chiare che identificano con evidenza le alternative in cui deve essere incanalato il percorso decisionale di trattamento sulla base delle caratteristiche del paziente e di varie esigenze, cliniche ma non solo tali. Una prima tabella di approccio globale individua il paziente con complicanze CV o renali o senza complicanze, e offre ulteriori tre vie per i casi in cui è più importante perdere peso oppure è più rilevante la prevenzione dell'ipoglicemia o se è preminente l'esigenza di contenere la spesa. È un approccio clinico positivo, molto pragmatico, perché in questo modo la scelta dei farmaci avviene in maniera estremamente puntuale, cioè partendo da casi concreti che tipicamente si presentano nella pratica quotidiana.

Qual è la filosofia sottesa alla flow-chart alla necessità di usare farmaci poco costosi?

Indubbiamente sia l'EASD sia l'ADA si rivolgono a Paesi che solitamente hanno una buona possibilità di spesa, ma in questo caso assumono un po' la prospettiva dell'International Diabetes Federation (IDF) che quando redige una linea guida sottolinea che il diabete si deve poter curare anche nei Paesi poveri o in aree dove certi farmaci non sono disponibili o sono troppo costosi. Secondo me questa flow-chart assume qui un significato diverso ma altrettanto importante perché evidenzia come esistano anche farmaci vecchi sempre utilizzabili e poco costosi, per cui se si possono usare nuovi molecole più efficaci e sicure è certamente meglio, ma non è necessario demonizzare farmaci come le sulfaniluree (sempre giustamente comunque poste come ultima scelta per il rischio di ipoglicemie) o i tiazolidinedioni come si è tentato di fare in modo abbastanza pesante in questi anni. In questo caso l'elemento centrale è il prezzo, al quale in contesti diversi si potranno dare pesi diversi.

Restando sui farmaci, quelli che sembrano emergere in modo particolare su più fronti sono gli inibitori SGLT2 e gli agonisti GLP-1. È così?

Sì, è vero, nel senso che questi farmaci emergono perché sicuramente hanno dato importanti prove di efficacia in prevenzione cardiovascolare secondaria, su alcuni aspetti renali e sullo scompenso cardiaco e il documento specifica bene questo punto in quanto spiega che le prove solide si hanno per queste categorie di pazienti. D'altra parte, questi due tipi di farmaci hanno rilevanza perché fanno dimagrire e quindi anche nella flow-chart relativa alla necessità di dimagrimento è chiaro che si ripropongono questi stessi farmaci. Un'altra tabella riguarda la necessità di evitare ipoglicemie e qui più farmaci sono sullo stesso piano, ma è chiaro che se si intende prescrivere il farmaco in un soggetto per il quale si vuole evitare l'ipoglicemia ma che necessita anche di perdere peso si torna di fatto ai farmaci più recenti. Vi è poi una flow-chart relativa all'intensificazione della terapia, dove tra l'altro si specifica che la prima terapia iniettiva da preferire è costituita dagli agonisti GLP-1, spesso di pari o maggiore efficacia dell'insulina. È rilevante inoltre un "warning" rosso alla conclusione della serie di terapie additive, in cui si segnala che, se l'emoglobina glicata non migliora nonostante tutti i precedenti tentativi farmacologici, compresa l'insulinoterapia basal bolus, vi è la necessità di un ripensamento globale e di un addizionale intervento su tutti gli aspetti della cura del paziente, partendo dalle motivazioni personali e dall'educazione terapeutica. Questo è un messaggio molto importante, perché nella pratica clinica si osservano pazienti che non si riescono a controllare sotto il profilo glicemico perché sono inadeguati sull'esercizio fisico o sull'alimentazione o perché hanno problemi di stress personale o qualcosa che comunque va al di là della terapia farmacologica e spesso rimane nascosto.

Queste flow-chart così dettagliate possono essere di difficile comprensione?

Il tipico problema della flow-chart è che effettivamente può essere non facilissima da leggere. L'altro problema deriva dalla connessione agli stadi successivi perché a mano a mano che si va avanti nella lettura ci sono i vari step con farmaci alternativi o aggiuntivi sempre più numerosi, così che la peculiarità dell'uno o dell'altro si viene gradualmente a perdere. La forza di questo documento, ribadisco, è quella di partire da uno schema generale che individua gli aspetti generali (complicanze/non complicanze, diminuzione del peso, prevenzione della ipoglicemia, razionalizzazione dei costi) scendendo poi in dettaglio su questi punti clinici centrali con tabelle specifiche. Rispetto alle versioni precedenti queste nuove flow-chart sono sicuramente più chiare ed incisive dal punto di vista clinico. Un altro merito è che i precedenti documenti erano esaustivi ma un po' criptici, riservati a chi già conosceva l'argomento: qui, leggendolo quasi come un libro di testo, con un po' di impegno anche un medico senza una competenza specifica sulla materia ha tutti gli elementi per imparare a curare bene il diabete.

Diabetologia, 2018 Oct 5. doi: 10.1007/s00125-018-4729-5. [Epub ahead of print]

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30288571

Tratto da: Diabetologia33, 25 ottobre 2018