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Sviluppata in laboratorio una retina umana in miniatura

L’organoide potrebbe servire per comprendere il processo che porta alla visione dei colori

I primi a formarsi sono i fotorecettori per la luce blu. Quelli per la luce verde e rossa si sviluppano più tardi. È quanto hanno scoperto i ricercatori della Johns Hopkins University ricostruendo in laboratorio una retina umana in miniatura, un organoide capace di chiarire un processo rimasto finora sconosciuto: come si sviluppa la visione a colori?

Complice anche la durata dell’esperimento, nove mesi esatti, la crescita della piccola retina umana sul vetrino del laboratorio è sembrata a Kiara Eldred, tra gli autori dello studio, una vera e propria gestazione. E così doveva essere: l’organoide infatti ripercorre in laboratorio le stesse fasi di sviluppo dell’organo nel feto rispettandone i tempi.

Il procedimento che ha portato alla formazione dell’organoide è stato descritto nel dettaglio su Science.

Un migliaio di cellule staminali sono state sistematicamente nutrite con sostanze chimiche che le spingessero a diventare cellule della retina.

Dopo due settimane di “accudimento” costante, le cellule staminali generano dalle 20 alle 60 piccole cellule sferiche chiamate organoidi retinici che richiedono una manutenzione costante da parte di ricercatori per essere mantenute in vita. Dopo nove mesi di cure incessanti, Eldred e i colleghi si sono ritrovati sul vetrino una manciata di retine umane in miniatura dal diametro di due millimetri e dalla forma di un palla da tennis tagliata a metà capaci di rispondere alla luce esattamente come una retina vera e propria.

L’obiettivo dei ricercatori della Johns Hopkins University era comprendere come si sviluppano e come funzionano le cellule che permettono agli esseri umani di vedere il mondo esterno a colori.

Grazie alla retina organoide, gli scienziati hanno osservato, per esempio, che i coni incaricati di recepire la luce blu si formano prima di quelli destinati alla ricezione del rosso e del verde e hanno anche scoperto che l’ormone della tiroide sembrerebbe avere un ruolo chiave nel determinare quali cellule della retina sviluppare.

Dallo studio dell’organoide, i ricercatori sperano di ricavare informazioni sull’origine di alcune malattie della vista che compromettono il funzionamento delle cellule che rilevano la luce come la degenerazione maculare. Una migliore comprensione del processo che porta alla formazione della retina potrebbe portare allo sviluppo di terapie per correggere i difetti della vista nella prima infanzia. Uno dei possibili scenari sarebbe prelevare le cellule di un individuo, convertirle in cellule staminali, riprogrammarle e reintrodurle nell’organismo per sostituire le cellule difettose.

«Gli studi sui modelli animali e quelli epidemiologici spesso generano ipotesi sulla biologia umana che non possono essere studiati negli umani - scrivono i ricercatori nello studio - Gli organoidi sono uno strumento utile per determinare il meccanismo dello sviluppo umano, permettendo di testare direttamente le ipotesi su un tessuto umano in fase di sviluppo».

Gli organoidi hanno comunque dei limiti, a partire dalle loro dimensioni ridotte. Una retina umana è circa 15 volte più grande del suo modello in miniatura. Inoltre l’organoide è privo di tutte le strutture periferiche presenti nella retina umana. Queste differenze inducono a chiedersi quanto l’organoide possa rispecchiare fedelmente le fasi di sviluppo della retina nel feto umano. Ma la possibilità di mimare in laboratorio la crescita di un organo rispettando i tempi dello sviluppo in natura resta sicuramente una preziosa opportunità per poter eseguire una serie di indagini che altrimenti sarebbe impossibile effettuare.

Tratto da: Healthdesk, 31 ottobre 2018