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Trapianto di rene, la qualità della vita dipende dall'aderenza alla terapia anti-rigetto. Supporto da un'app

La terapia immunosoppressiva nel trapianto di rene e di fegato sono stati al centro di un incontro che si è tenuto di recente a Milano. Caratteristica dell'evento è stata la varietà delle prospettive sotto le quali il tema è stato affrontato. Partendo dal vissuto, dalle percezioni e dai bisogni dei pazienti trapiantati, si è passati ad analizzare la necessità di aderenza alle terapie prescritte per assicurare la qualità di vita riconquistata e le moderne possibilità tecnologiche in aiuto di medici e pazienti per favorire l'aderenza stessa. Inizialmente sono stati presentati i risultati di un'indagine etnografica realizzata da Elma Research per conto di Chiesi Italia, la filiale italiana del Gruppo Chiesi, che ha analizzato il vissuto dei pazienti trapiantati di rene, con particolare attenzione all'impatto sulla quotidianità della terapia cronica anti-rigetto, al fine di far emergere i principali bisogni insoddisfatti riscontrati nella fase post-trapianto. In primo luogo, si è evidenziato come il trapianto d'organo “apra le porte a una nuova vita”, e sia considerato alla stregua di una rinascita salvifica non soltanto perché aumenta la sopravvivenza del paziente, ma anche perché è in grado di restituirgli un'ottima qualità di vita («Dopo l'intervento ho riacquisito la forza fisica e mentale, ho ripreso a cucinare, fare lunghe passeggiate al mare e leggere, prima non avevo né energia, né concentrazione»: è solo una delle tante affermazioni - diverse ma analoghe, per così dire - espresse dai pazienti trapiantati). Infatti, il paziente che prima dell'intervento conduceva una vita con fortissime limitazioni e incerte prospettive, può pian piano riprendere a guardare al futuro con fiducia, come dimostrano le statistiche sul reinserimento nella normale vita sociale del paziente trapiantato: il 92,7% dei pazienti italiani sottoposti a trapianto di rene e l'85,5% dei pazienti italiani sottoposti a trapianto di fegato lavorano o sono nelle condizioni di farlo e quindi sono stati pienamente reinseriti nella normale attività sociale.

La chiave di questo successo - è stato sottolineato - è l'aderenza, cioè la partecipazione attiva e consapevole del paziente alle raccomandazioni sul programma terapeutico: farmaci, visite ed esami periodici, una gestione complessa per la quale necessita di un aiuto. In effetti tra i principali bisogni insoddisfatti riscontrati nella fase post-trapianto, vi sono quelli di un supporto psicologico, di un punto di riferimento informativo e di “corsie preferenziali” per snellire le pratiche di prescrizione e ritiro farmaci così come di prenotazione di visite specialistiche ed esami e di ritiro dei referti. «Per i pazienti con malattia renale cronica grave, il trapianto di rene rappresenta il trattamento d'elezione rispetto alla dialisi, quest'ultima vissuta come un periodo drammatico, fatto di sacrifici, limitazioni e prospettive incerte, con una mortalità a 5 anni superiore al 70%, a fronte di una sopravvivenza del trapianto superiore all'85%» dichiara Loreto Gesualdo, docente di Nefrologia all'Università di Bari e past president della Società italiana di nefrologia. «La corretta assunzione della terapia immunosoppressiva, negli orari e nei dosaggi prescritti, è un fattore determinante per il buon esito del trapianto. I farmaci che riducono gli effetti collaterali e il numero di somministrazioni giornaliere sono senza dubbio meglio accetti dai pazienti, che possono inoltre trovare nella tecnologia a portata di smartphone una preziosa alleata per migliorare la qualità delle cure ed evitare dimenticanze». A tale proposito sono state illustrate le funzionalità di Renew, una nuova app sviluppata da Apulia Biotech con il contributo di Chiesi Farmaceutici dedicata ai pazienti che hanno ricevuto un trapianto di rene, per aiutarli a gestire la terapia e rendere più semplice e immediata la condivisione delle informazioni tra paziente e medico.

Le sue funzionalità consentono di ricordare dosi e orari di assunzione dei farmaci previsti dal piano terapeutico, valutare l'andamento di pressione arteriosa, il peso, l'attività fisica svolta, essenziali per preservare la salute del rene trapiantato. Un modo per avere sempre a portata di mano le informazioni e condividerle con il medico. Infine, i video educazionali rispondono al bisogno dei pazienti di trovare riscontro ai tanti quesiti che si presentano nel quotidiano. L'aderenza alle prescrizioni delle terapie anti-rigetto è fondamentale anche nel caso del trapianto di fegato che, afferma Patrizia Burra, docente di Gastroenterologia all'Università di Padova e past president dell'International liver transplantation society «rappresenta un'importante opportunità terapeutica in presenza di malattia epatica cronica ed epatite fulminante, quando le terapie farmacologiche e chirurgiche non sono in grado di assicurare la sopravvivenza del paziente». Quanto alla qualità della vita riconquistata grazie all'organo ricevuto in dono, ribadisce Burra, «questa va di pari passo con l'aderenza, che resta un problema aperto, soprattutto tra gli adolescenti, nei quali il trapianto si inserisce in un periodo evolutivo già di per sé complesso. In tal senso, sarebbe auspicabile implementare servizi di supporto psicologico che aiutino i pazienti, non solo pediatrici, nel percorso di accoglimento dell'organo ricevuto, di gestione quotidiana della nuova vita e di accettazione della terapia cronica».

La questione dell'aderenza ottimale alla terapia anti-rigetto, è stato infine fatto notare, rimarrà prioritaria ancora per molto tempo visto che il traguardo di mettere a punto organi costituiti da cellule autologhe e senza problemi di rigetto (i cosiddetti organoidi) - da tempo perseguito dalla medicina rigenerativa - è molto lontano dall'essere raggiunto. Patrizia Burra ha evidenziato le difficoltà di ricostruire con l'ingegneria dei tessuti un organo tridimensionale che svolga molteplici e diverse funzioni come il fegato mentre Loreto Gesualdo ha ipotizzato che, nel medio termine, un risultato analogo per il rene è irraggiungibile. In una visione realistica, la trapiantologia si baserà ancora per molti anni sulla donazione di un organo compatibile e sulla terapia immunosoppressiva cronica anti-rigetto. L'obiettivo da perseguire è l'ottimizzazione dell'aderenza ai farmaci prescritti (attualmente attestata soltanto al 50% dei pazienti nefro trapiantati) così da garantire, dopo un intervento salva-vita molto complesso, una rinascita e una riconquistata qualità della vita il più a lungo possibile

Tratto da: Doctor33, 27 dicembre 2018