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Pancreatite acuta e cronica: come distinguerle e come intervenire

La pancreatite è un’infiammazione a carico del pancreas. Se ne distinguono due forme: quella acuta e quella cronica. Quali sono le cause alla loro origine, quali i sintomi e le opzioni di cura? Ne parliamo con il professor Alessandro Zerbi, Responsabile di Chirurgia Pancreatica in Humanitas.

“La pancreatite acuta esordisce in maniera improvvisa ed è una malattia molto variabile, che può presentarsi in forma lieve o severa. Si manifesta in genere con un dolore violento che interessa i quadranti più alti dell’addome e che spesso si irradia anche al dorso. Possono inoltre aversi episodi di vomito e una compromissione delle condizioni generali a causa del dolore.

La causa più frequente di pancreatite acuta è la calcolosi della colecisti (o calcoli della cistifellea) e in alcuni casi la pancreatite acuta è il primo segnale di calcolosi. Un’altra causa, seppur meno rilevante rispetto alla prima, è l’abuso di alcol, inteso come un episodio di consumo eccessivo di alcolici”, precisa il prof. Zerbi.

La pancreatite cronica

“La pancreatite cronica è un’infiammazione che perdura, dovuta soprattutto all’abuso di alcol. È una condizione molto comune nei paesi del centro e del nord Europa, mentre è meno diffusa in Italia. A esserne colpiti sono in particolare uomini giovani, anche se si registra un aumento di casi al femminile. È una malattia invalidante, che nonostante le cure non è possibile al momento far regredire, ma al massimo stabilizzare. La pancreatite cronica, a lungo andare, è un fattore di rischio importante per l’insorgenza del tumore del pancreas.

La patologia si manifesta con un dolore che nelle fasi iniziali della malattia è lieve, poi diviene sempre più intenso, localizzato ai quadranti alti dell’addome, tra l’ombelico e lo sterno; un dolore che ha una disposizione a cintura e che spesso si estende posteriormente a interessare il dorso. Inizialmente il dolore compare dopo aver mangiato, ma nelle forme più avanzate il dolore diventa costante a tal punto da costringere il paziente alla continua assunzione di antidolorifici anche maggiori”, spiega lo specialista.

Come si interviene?

“Nei pazienti con pancreatite acuta in forma lieve (circa l’85% dei casi) sono sufficienti 2-3 giorni di digiuno e la somministrazione di flebo per rifornire l’organismo dei liquidi persi. Opzioni di trattamento più complesse sono invece necessarie nei casi più seri; può essere necessario anche il ricovero, talvolta perfino in terapia intensiva se il danno ha colpito molti altri organi (come rene, polmone, sistema circolatorio).

Oggi, l’approccio è più conservativo di un tempo: laddove possibile è preferibile un trattamento medico, endoscopico o radiologico rispetto a quello chirurgico.

Nei pazienti con pancreatite cronica occorre innanzitutto intervenire sullo stile di vita, limitando l’assunzione di alcol e il fumo, che agisce spesso da concausa. Importante anche il ruolo dell’alimentazione: spesso infatti i pazienti con pancreatite cronica non si nutrono in maniera adeguata; potrebbe inoltre essere indicata l’assunzione di enzimi pancreatici sostitutivi per migliorare l’assorbimento del cibo, questi pazienti infatti producendo meno succhi ed enzimi soffrono di un minor assorbimento di ciò che mangiano.

La terapia è dunque dapprima medico-comportamentale e se occorre endoscopica, con l’inserimento di stent all’interno del pancreas per facilitare il deflusso del succo pancreatico. Nelle forme più avanzate potrebbe rendersi necessario l’intervento chirurgico, che può prevedere anche l’asportazione di parte del pancreas”, ha precisato il professore.

Il ruolo dell’alimentazione

“L’alimentazione gioca un ruolo importante nella salute del pancreas e la dieta mediterranea è un buon riferimento. È preferibile consumare alimenti ricchi di proteine magre (carni bianche, pesce), limitando il consumo di grassi animali e zuccheri. Via libera a frutta e verdura, cereali integrali, legumi, latte parzialmente scremato o scremato, alimenti ricchi di antiossidanti come le verdure a foglia verde, mirtilli, uva, patate dolci, carote, noci e melagrana”, ha concluso il prof. Zerbi.

Tratto da: Humanitas Salute, 06 marzo 2019