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Integratori: il lievito di riso rosso può far male al fegato?

Può un integratore alimentare causare una reazione avversa acuta? Almeno in un caso, documentato in un articolo sul British Medical Journal (Bmj), è accaduto. L’episodio – in realtà non unico – riguarda un componente specifico, il lievito di riso rosso o riso rosso fermentato. Si tratta di un integratore che viene utilizzato per ridurre i livelli di colesterolo. Dopo aver seguito per un periodo prolungato una supplementazione con lievito di riso rosso, una donna di 64 anni ha avuto sintomi da danno al fegato acuto, poi risolti con un trattamento in ospedale. Questo episodio, secondo gli autori dello studio sul Bmj, è probabilmente collegato alla supplementazione. Ma quanto è reale il rischio di simili reazioni avverse?

Il case report di oggi

Il case report sul Bmj racconta l’episodio clinico di una donna di 64 anni con colesterolo alto. La paziente, esitante rispetto all’assunzione di statine, ha scelto di seguire una supplementazione con lievito di riso rosso. La donna lo ha assunto in una quantità di 1,2 grammi al giorno per sei settimane. Nelle ultime due settimane, però, ha avuto una serie di sintomi fra cui stanchezza, gonfiore e ittero (pelle di colore giallo). Recandosi in ospedale, la biopsia del fegato ha confermato un danno epatico acuto indotto da farmaci. La donna ha smesso di assumere l’integratore e i medici le hanno somministrato steroidi, monitorando la situazione fino alla risoluzione del problema.

Il lievito di riso rosso

Il lievito di riso rosso è un integratore che deriva dal riso rosso bollito e fermentato con il fungo Monascus Purpureus, tradizionalmente utilizzato in Cina per la produzione di vino e riso. Il lievito di riso rosso ha delle caratteristiche peculiari, che lo rendono utile anche in ambito medico. Infatti, contiene un composto, la monacolina K, che è presente anche nelle statine. In particolare si trova nella lovastatina, un farmaco per ridurre il colesterolo cattivo Ldl. “Per questa ragione la monacolina K è spesso utilizzata in pazienti con ipercolesterolemia lieve in alternativa alle statine”, spiega Alfredo Pontecorvi, direttore di Endocrinologia e Diabetologia della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli Irccs, “dato che blocca la produzione endogena del colesterolo. Altre sostanze impiegate sono gli steroli vegetali, che inibiscono l’assorbimento intestinale del colesterolo”. Questi integratori vengono raccomandati sempre in associazione a uno stile alimentare corretto e una regolare attività fisica, due elementi essenziali per ridurre i grassi nel sangue. Inoltre, consigliano gli esperti, non bisogna esagerare.

Attenzione alle quantità

Le autorità internazionali hanno fissato il limite di assunzione della monacolina K a 10 mg al giorno, un quantitativo che è contenuto circa in 350 mg di riso rosso fermentato. “Non bisogna eccedere nella supplementazione”, rimarca l’esperto, “che deve sempre essere indicata dal medico e non auto-somministrata”. Il rischio, infatti, è che questi integratori, soprattutto se assunti in quantità troppo elevate, possano essere associati a effetti collaterali. Fra cui alterazioni strutturali e funzionali dei muscoli, nonché nei casi più gravi a danni ai reni e al fegato. “In generale il 30% delle malattie epatiche, negli Stati Uniti, è dovuta al consumo di integratori, molto diffusi in questo paese”, aggiunge Pontecorvi. “Questo dato è emerso durante l’ultimo Congresso americano di Epatologia. Ma anche in Italia e in Europa non bisogna abbassare la guardia”.

Statine vs integratori

Che la supplementazione con riso rosso fermentato non sia esente da rischi lo dimostra anche un recente studio, coordinato dall‘Istituto superiore di sanità. La ricerca ha esaminato quanto è sicuro il lievito di riso rosso e ha stabilito che la percentuale di problemi muscolari e al fegato dovuti alla supplementazione è paragonabile a quella associata all’assunzione delle statine sintetiche. “Spesso si preferiscono gli integratori alimentari ai farmaci, cioè alle statine sintetiche”, sottolinea Pontecorvi, ed è anche la situazione del case report di oggi. “Anche se spesso i rischi sono simili”.

L’efficacia

Un altro aspetto da considerare nella scelta del trattamento è l’efficacia dell’intervento. “Nel caso di ipercolesterolemia lieve, gli integratori possono in certi casi rappresentare una strada da poter percorrere”, aggiunge l’esperto. “Ma se il colesterolo è molto al di sopra dei valori ottimali questa strategia non è più efficace”. Gli integratori, infatti, generalmente riescono ad abbassarlo del 5-7%. Mentre le statine riescono a ridurne i livelli anche del 20%.

Riferimenti: British Medical Journal

Tratto da: Galileonet, Viola Rita, 01 aprile 2019