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Ipertensione, Siprec: dalle nuove strategie terapeutiche alla lotta alle fake news

Le nuove strategie per il trattamento dell'ipertensione, il rischio per la salute correlato alle fake news, il valore cardioprotettivo di farmaci innovativi anti-diabete, l'impiego dei nutraceutici in vari ambiti di prevenzione e terapia arteriosa dei nutraceutici: questi alcuni degli argomenti trattati a Napoli, nel corso della 17a edizione del Congresso della Società italiana per la prevenzione cardiovascolare (Siprec). Riguardo all'ipertensione arteriosa, uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolari (Cv), si è sottolineato i farmaci a disposizione per trattarla sono molti e ben collaudati, ma ancora troppo pochi sono i pazienti che raggiungono l'obiettivo dei 130 mmHg di pressione sistolica, spesso per problemi di scarsa aderenza. Le nuove linee guida (Lg) europee e americane dell'ipertensione convergono su nuove strategie di trattamento per colmare questo gap. «La tradizionale terapia 'a scalini' dell'ipertensione arteriosa» spiega Massimo Volpe, presidente della Siprec e ordinario di Cardiologia presso l'Università 'La Sapienza', Ospedale Sant'Andrea di Roma «non consente di raggiungere il traguardo terapeutico dei 130 mmHg di sistolica entro 3 mesi. Per questo le nuove Lg suggeriscono di iniziare subito il trattamento con un'associazione di due farmaci (tipicamente un Ace-inibitore o un sartano insieme a un calcio-antagonista o a un diuretico), preferenzialmente in associazione precostituita, per favorire la compliance del paziente. La monoterapia andrà riservata ai pazienti con ipertensione di grado 1, agli anziani e ai pazienti più fragili, che non rappresentano più del 20-25% degli ipertesi». Gli studi clinici hanno dimostrato che prima si raggiunge l'obiettivo terapeutico, maggiore e più sostenuto sarà il vantaggio Cv. «Nei cosiddetti 'immediate responders'» specifica Volpe «si ottiene infatti una maggiore riduzione degli eventi cardiaci fatali e non fatali, dei casi di ictus e di infarto, dei ricoveri per scompenso cardiaco e della mortalità per tutte le cause». «Altro punto di convergenza tra Lg europee e americane è il fatto che, una volta che la malattia si è resa manifesta, il controllo dei valori pressori andrebbe raggiunto il più rapidamente possibile e mantenuto entro i valori considerati normali, al fine di ridurre il rischio di complicanze Cv, cerebro-vascolari e renali» aggiunge Giuliano Tocci, responsabile del Centro ipertensione dell'Ospedale Sant'Andrea e docente di Cardiologia, Università 'La Sapienza' di Roma. Anche a tal fine, aggiunge, l'uso delle terapie di combinazione precostituite si è dimostrato un elemento molto utile, soprattutto in virtù del fatto che tali terapie hanno dimostrato di garantire una migliore aderenza alla terapia, specie nel paziente politrattato. Un italiano su tre secondo il Censis cerca informazioni mediche e scientifiche in rete, incappando spesso in articoli fuorvianti o totalmente falsi su alimentazione, attività fisica, prevenzione, screening e altro. Affrontando il tema della pericolosità delle fake news, Massimo Volpe sottolinea che «soprattutto nel campo della prevenzione primaria, cioè tra le persone sane, c'è maggiore propensione a servirsi del 'professor Google' o dei social media che danno in genere 'ricette' superficiali, piuttosto che affidarsi al medico o ai professionisti della salute». Tra i 'miti' maggiormente diffusi c'è quello secondo cui l'ipercolesterolemia dipende dai geni e non dall'alimentazione. «Molti ritengono» afferma Evelina Flachi, specialista in Scienza dell'alimentazione e presidente della Fondazione italiana per l'educazione alimentare (Foodedu) «che il livello di colesterolo sia dovuto solo ad alterazioni genetiche per le quali non esistono trattamenti. Si tratta evidentemente di una fake news perché la forma più comune di ipercolesterolemia è invece quella legata ad alcuni fattori di rischio quali dieta non equilibrata, fumo, sedentarietà e obesità». «Sempre più di frequente si assiste alla trattazione di problematiche cliniche da parte di personaggi di enorme impatto mediatico ma senza alcuna preparazione specifica sulle tematiche di cui discutono» rileva Giovambattista Desideri, ordinario di Geriatria, Università degli studi dell'Aquila. «La conseguenza peggiore di tutto questo è che il rapporto medico-paziente finisce per essere inevitabilmente distorto, a discapito della concordanza terapeutica che dovrebbe rappresentare il fulcro su cui poggia ogni strategia di prevenzione Cv». La prevenzione delle malattie Cv nel diabete è più complessa che nella popolazione generale perché il diabete si associa spesso ad altri fattori di rischio, quali dislipidemia, ipertensione arteriosa, obesità centrale, alterazioni della coagulazione e uno stato di infiammazione cronica di basso grado. Un supporto in tal senso è giunto dai farmaci innovativi anti-diabete, quali Glp-1 agonisti e Sglt2-inibitori. «Questi composti, quando aggiunti alla terapia 'tradizionale' nei pazienti diabetici, non solo si sono dimostrati (come atteso) sicuri rispetto al placebo, ma la loro somministrazione è risultata associata a una riduzione del rischio di sviluppare eventi Cv o di andare incontro a scompenso cardiaco» afferma Agostino Consoli, membro del consiglio direttivo della Siprec e docente di Endocrinologia presso l'Università di Chieti. «La riduzione degli eventi Cv (infarto del miocardio, ictus, morte da cause Cv) sembra tuttavia verificarsi solo nei pazienti già affetti da malattie Cv (come pregresso infarto o ictus) ed è risultata associata sia al trattamento con farmaci sia della classe dei Glp-1 agonisti sia degli Sglt2-inibitori». Questi ultimi sono farmaci che inducono la perdita di zucchero e di acqua, abbassano la glicemia e riducono la pressione arteriosa. «Forse proprio in virtù della loro capacità di ridurre il volume di sangue circolante, il trattamento con questi farmaci è risultato associato anche a una diminuzione della insorgenza di insufficienza cardiaca, un beneficio osservato non solo nei soggetti che avevano già una malattia Cv in atto, ma anche in quelli con multipli fattori di rischio, ma non ancora clinicamente 'ammalati di cuore'» precisa Consoli. Infine, è stato affrontato il tema dei prodotti cosiddetti 'nutraceutici', molto diffusi nel nostro Paese ma spesso con indicazioni per il consiglio o la prescrizione non sempre solide o univoche sotto il profilo scientifico. «È per questo motivo che la Siprec, anche alla luce del fatto che le indicazioni più frequenti ricadono nell'ambito della prevenzione Cv, ha deciso di produrre un documento allo stato dell'arte dell'impiego dei nutraceutici in vari ambiti di prevenzione e trattamento, attingendo alle evidenze scientifiche disponibili» spiega Massimo Volpe. Dal testo emerge un quadro aggiornato ed esaustivo delle varie tipologie di nutraceutici oggi disponibili e del loro ruolo come coadiuvanti di un corretto stile di vita nell'ambito della prevenzione o di un trattamento con farmaci tradizionali in varie condizioni (dislipidemie, ipertensione arteriosa, diabete mellito, dismetabolismi).

Tratto da: Cardiologia33, 08 aprile 2019