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Cornea nuova con le staminali dell'occhio

 

La tecnica, ideata da ricercatori di Modena e Milano, restituisce la vista in oltre il 75 per cento dei casi
MILANO - Staminali che curano, e bene, restituendo la vista a chi ha la cornea danneggiata. Questa volta non sono false speranze, ma risultati concreti ottenuti su pazienti veri: 112, seguiti per dieci anni dai medici e i ricercatori italiani che hanno messo a punto il nuovo metodo e si sono appena guadagnati le pagine di una delle riviste di medicina più prestigiose, il New England Journal of Medicine. Che per sottolineare l'importanza del dato consente a chiunque l'accesso gratuito allo studio.
METODO ITALIANO - La tecnica è stata ideata e perfezionata da Graziella Pellegrini, coordinatrice della Terapia cellulare al Centro di medicina rigenerativa "Stefano Ferrari" dell'università di Modena e Reggio Emilia, e da Michele De Luca, direttore del Centro. Cuore del metodo sono le cellule staminali prelevate dal limbus, una zona della cornea facilmente accessibile attraverso un semplice prelievo di 1-2 millimetri in anestesia locale; dal tessuto le staminali vengono estratte e coltivate in laboratorio, dove riformano un epitelio corneale (ovvero il "foglietto" più esterno della cornea) perfettamente sano. A questo punto l'epitelio viene trapiantato nei pazienti: Paolo Rama, direttore dell’Unità cornea e superficie oculare dell’Istituto scientifico San Raffaele di Milano, ha effettuato con la sua equipe tutti gli interventi di cui racconta lo studio, prima presso l’ospedale di Venezia e poi al San Raffaele. I 112 pazienti di cui si legge sul New England (uno operato a entrambi gli occhi) avevano già subito ripetuti trapianti di cornea a causa di grossi danni dovuti a ustioni oculari. Controllati assiduamente lungo l'arco di dieci anni, oggi possono dire di aver risolto i loro problemi: «In oltre il 75 per cento dei casi si è avuto il completo ripristino della superficie della cornea, che è tornata trasparente: tutti i sintomi sono scomparsi e, in assenza di altre patologie, i pazienti hanno recuperato completamente e stabilmente la vista - racconta Graziella Pellegrini -. I nostri dati mostrano che il successo della tecnica è legato a doppio filo con il numero di staminali adulte che riusciamo a mantenere in coltura, ed è importante sottolineare che non abbiamo avuto eventi avversi».
VANTAGGI - Per una volta ricerca di base e clinica sono andate a braccetto, insomma, mettendo a segno un risultato di tutto rispetto in un settore, quello dell'uso delle cellule staminali, che da più parti viene visto con sospetto: l'assenza di effetti collaterali di rilievo è un grosso punto a favore della tecnica. Ed è la prima volta che si ottiene un successo così evidente, sia per la stabilità del risultato sia per la durata dell'osservazione clinica. Con un vantaggio non da poco: «Utilizziamo cellule autologhe, ovvero del paziente stesso - spiega Pellegrini -. Questo garantisce la perfetta compatibilità ed esclude il rischio di rigetto o la necessità di dover assumere farmaci immunosoppressori». Di fatto, il metodo è una speranza concreta per chi deve sottoporsi a un trapianto di cornea. Ogni anno in Italia si eseguono oltre 6.000 interventi: i candidati a questo tipo di tecnologia sono i pazienti che non potrebbero essere trattati con il solo trapianto di cornea perché andrebbero incontro a ripetute recidive. La terapia inventata dai ricercatori italiani potrà essere industrializzata: l'intenzione è poterla offrire presto ai pazienti italiani ed europei e non a caso è nato uno spin-off universitario, Holostem Terapie Avanzate, che ha già avviato le procedure per ottenere le necessarie autorizzazioni dall'European Medicinal Agency.
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Elena Meli, 22 luglio 2010