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Il punto sul trapianto di pancreas e di isole pancreatiche all’Ospedale Niguarda di Milano

Intervista al Dott. Federico Bertuzzi, Responsabile SSD Diabetologia, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Il trapianto di pancreas e il trapianto di isole pancreatiche rappresentano oggi due opzioni terapeutiche disponibili per una selezione di pazienti con diabete tipo 1 scompensato. Al momento non rappresentano una cura definitiva perché hanno una durata limitata nel tempo e richiedono la somministrazione di farmaci immunosoppressori antirigetto che pur essendo nella maggior parte dei casi ben tollerati, possono causare gravi effetti collaterali.

L’Ospedale Niguarda di Milano – che ha festeggiato gli 80 anni di attività nel 2019 – si è confermato come uno dei principali Centri Trapianto italiani sia per volumi di attività che per il grado di specializzazione.

Niguarda Transplant Center: l’ospedale si conferma la “grande casa dei trapianti”: vale anche per pancreas e isole?

L’attività di trapianto nell’Ospedale Niguarda di Milano è presente da  moltissimi anni prima come trapianto di pancreas isolato e combinato pancreas e rene e dal 2009 anche come trapianto di isole pancreatiche. È un’attività che richiede veramente tante risorse economiche e di tempo e anche di modelli organizzativi per cercare di ottimizzare i percorsi di presa in carico di pazienti molto specifici, ultra-selezionati, con diabete di tipo 1 scompensato nei quali siano state escluse tutte le possibili cause di scompenso modificabili.

Questo tipo di procedura viene riconosciuta negli Standard Italiani di Cura del Diabete Mellito con il patrocinio delle principali società scientifiche di diabetologia quindi è un’opzione terapeutica molto importante per i pazienti con diabete mellito di tipo 1 instabile di difficile controllo caratterizzato da complicanze acute e croniche. Il problema in questo caso è il numero limitato di pancreas disponibili e quindi i lunghi e non programmabili tempi di attesa.

Parliamo di trapianto di isole pancreatiche. A che punto siamo?

Il trapianto di isole pancreatiche oggi è un’opzione terapeutica per selezionati pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1. Come tutti i trapianti, anche questo richiede una terapia immunosoppressiva con farmaci che possono avere degli effetti collaterali anche severi; per questo motivo viene indicata solo nei pazienti con diabete mellito tipo 1 instabile, scompensato tanto da giustificare il ricorso a farmaci antirigetto.

In altre parole, diciamo al paziente, che dovrà prenderne consapevolezza: “Per un po’ di anni – quindi non è un approccio che dura per sempre – riusciamo a liberarti dall’insulina (cosa che avviene in una buona percentuale di casi) però dovrai prendere dei farmaci immunosoppressori antirigetto che possono avere degli effetti collaterali anche pesanti (difficile stabilirlo a priori), tra cui un maggior rischio di infezioni e un aumento del rischio – seppur molto basso – di tumori nel tempo (1% all’anno di cui il 50% è rappresentato da tumori cutanei ad invasività locale”. Gli effetti collaterali variano dal tipo di farmaco somministrato e dalla durata della terapia.

Ad oggi quindi, l’opzione del trapianto di isole pancreatiche non rappresenta la cura, è bene ribadirlo, per non creare illusioni. Quando ne parlo con i miei pazienti, dico che rappresenta una sorta di soluzione temporanea, per un certo numero di anni (che possono variare da paziente a paziente) in cui il paziente riuscendo ad ottimizzare il compenso glicemico e quindi a rallentare l’evoluzione delle complicanze diabetiche, migliora la sua qualità di vita, tenendo conto però della potenziale necessità di assumere farmaci antirigetto, che – seppur in genere vengono ben tollerati – potrebbero dare effetti secondari, anche pesanti da sopportare. Per ogni paziente, si tratta sempre di un’accurata valutazione del rapporto rischi/benefici che va fatta insieme al team interdisciplinare e – ovviamente – al paziente e ai suoi familiari.

Come vengono trapiantate le isole pancreatiche?

La procedura è piuttosto complessa. Il trapianto delle isole nel paziente avviene tramite iniezione trans-cutanea intra-epatica in anestesia locale e monitoraggio ecografico e rappresenta la tappa finale di un processo elaborato che inizia con l’isolamento e la purificazione delle isole pancreatiche dalla componente esocrina del pancreas del donatore e termina con la caratterizzazione della qualità delle isole isolate. I donatori di pancreas per l’estrazione delle isole sono selezionati con criteri meno stringenti rispetto a quelli richiesti dal trapianto di pancreas in toto.

Talvolta, dal processo di isolamento non si ottiene un numero sufficiente di isole per il trapianto (6.000-10.000 isole per kg di peso corporeo del ricevente); in questi casi, si infondono nel paziente ricevente preparazioni di isole che provengono da due pancreas diversi. La procedura è in genere scevra da complicanze.

Ci sono dei criteri che definiscono il successo di un trapianto di isole pancreatiche?

Una recente Consensus elaborata tra i rappresentanti dei Centri di trapianto di isole con maggiore esperienza e competenza, hanno stabilito quattro criteri che definiscono la funzione di un trapianto come:

  • Funzione OTTIMALE, quando il controllo della glicemia è quasi normale [HbA1c £ 6,5% (48 mmol/mol) senza grave ipoglicemia e senza necessità di insulina o ipoglicemizzante e con un aumento delle concentrazioni di C-peptide (indicatore di secrezione di insulina endogena da parte delle cellule beta del pancreas).
  • Funzione BUONA, con HbA1c < 7% senza grave ipoglicemia, con una significativa riduzione (> 50%) del fabbisogno di insulina e con aumento delle concentrazioni di C-peptide.
  • Funzione MARGINALE, con HbA1c > 7%, persistenza di una grave ipoglicemia o riduzione < 50% del fabbisogno di insulina con un aumento delle concentrazioni di C-peptide.
  • Funzione FALLITA, in assenza di dati e senza produzione di C-peptide clinicamente significativa.

Le prime due funzioni – ottimale e buona – vengono considerate come un risultato clinico di successo. L’insuccesso può essere dovuto a diversi fattori: insufficiente quantità o qualità delle isole, risposta infiammatoria nel sito d’impianto, reazione di rigetto e altri.

Il buon esito del trapianto di isole si misura solo in termini di controllo della glicemia?

Un buon risultato del trapianto consente un buon controllo glicemico ma si traduce anche in un netto miglioramento della qualità di vita e del metabolismo di zuccheri, proteine e lipidi e in un rallentamento nell’evoluzione delle complicanze diabetiche.

La cura definitiva del diabete tipo 1 è vicina?

È una domanda ricorrente in tutti i pazienti con diabete tipo 1 che arrivano da noi. Ogni volta che si cerca di fare una stima temporale si è poi inevitabilmente smentiti dalle difficoltà incontrate nella ricerca che comunque continua alacremente. Quello che secondo me è importante sapere è che ci sono tanti gruppi in diversi Paesi del mondo – compresa l’Italia – che stanno studiando in modo serio varie soluzioni per una cura definitiva del diabete tipo 1, seguendo approcci e filoni di ricerca differenti.

La ricerca scientifica su una cura per il diabete tipo 1 ha fatto enormi passi avanti negli ultimi anni. Oggi esistono gruppi che stanno già utilizzando in protocolli sperimentali le cellule staminali; ci sono altri gruppi all’estero che stanno investendo grosse risorse per la creazione di strategie per la immunotolleranza, cioè per evitare che questi farmaci immunosoppressori debbano essere presi a vita ma soltanto per un periodo di tempo limitato o anche strategie che utilizzino capsule ovvero delle sostanze proteiche in gel che avvolgendo le isole pancreatiche che contengono le cellule beta (quelle responsabili della sintesi di insulina) possono evitare il ricorso a farmaci antirigetto.

Sappiamo che anche in Italia, la FID, Fondazione Italiana Diabete sta sostenendo la prima sperimentazione di trapianto di isole high tech senza necessità di immunosoppressione, che vi vede coinvolti…

Si, il nostro Centro Trapianti è inserito in questo progetto estremamente innovativo finanziato dalla Fondazione Italiana Diabete. Si tratta di un progetto molto ambizioso perché prevede l’utilizzo di capsule bio-ingegnerizzate come gusci proteici protettivi delle isole per eliminare la terapia antirigetto e allargare così la platea dei pazienti candidabili al trapianto di isole.

Il progetto, autorizzato nel 2020, poi rimandato per il lockdown da Covid19, è finalmente partito nel giugno 2021 e avrà una durata di 2 anni. Utilizzeremo delle speciali microcapsule dove inseriremo le isole pancreatiche così da poterle trapiantare sulla membrana che circonda gli organi addominali (omento) del ricevente; è un lavoro di team interdisciplinare che facciamo in collaborazione con lo staff dei nefrologi, chirurgi dei trapianti, anestesisti e della terapia tissutale. Ci si aspetta che, grazie a queste capsule protettive high tech, prodotte dall’Università di Perugia, il sistema immunitario del paziente ricevente con diabete tipo 1 non sia in grado di distruggere le cellule pancreatiche, le quali potranno quindi iniziare a produrre l’insulina necessaria. Il progetto è in collaborazione con il Diabetes Research Institute di Miami che da tempo lavora su questo filone di ricerca”.

Anche il Diabetes Research Institute (DRI) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano sta conducendo degli studi di ricerca scientifica sul trapianto di isole pancreatiche (Direttore Prof. Lorenzo Piemonti) con delle tecniche innovative sempre per trovare una cura definitiva al diabete tipo 1. Al DRI San Raffaele hanno  a disposizione un Centro di Ricerca di estrema eccellenza con riferimento a livello europeo e internazionale. Tutto ciò per dire che anche in Italia ci sono ricercatori di grande prestigio scientifico che stanno lavorando a ritmo serrato per cercare di trovare una cura definitiva per il diabete di tipo 1 che – come purtroppo sappiamo – colpisce almeno nel 50% dei casi bambini anche in tenera età e adolescenti.

Anche il trapianto di pancreas isolato o associato al rene è un’opzione possibile al Niguarda?

Per quanto riguarda il trapianto d’organo nella sua interezza, presso il nostro Centro ci sono entrambe le opzioni, trapianto di pancreas isolato o combinato con il rene. Entrambe occupano uno spazio ben definito della nostra attività clinica e naturalmente rappresentano un approccio più invasivo rispetto al trapianto di isole pancreatiche.

I tempi di durata della funzionalità e dell’efficacia del trapianto di pancreas isolato sono leggermente superiori a quelli del trapianto di isole pancreatiche però va tenuto conto che si tratta di un trapianto di chirurgia maggiore dove c’è un rischio di re-intervento nel 25-30% dei pazienti e dove possono manifestarsi complicanze anche severe dovute all’intervento stesso. Quindi vengono candidati a questo tipo di procedura solo pazienti che sono dal punto di vista cardiovascolare e renale in buone condizioni e che sono anche disposti a subire un intervento di questa portata.

Se parliamo di trapianto combinato pancreas-rene, possiamo addirittura considerarlo come un trapianto salvavita, in particolare nei soggetti con diabete tipo 1 e insufficienza renale, in fase di dialisi o in fase pre-dialitica. È stato visto ormai già da tantissimi anni che rispetto a un paziente in dialisi con un diabete mellito di tipo 1 in lista di attesa, la sopravvivenza di quei pazienti che vengono sottoposti a un doppio trapianto pancreas-rene è migliore, quindi aumenta la sopravvivenza del paziente rispetto a quelli che sono in lista d’attesa. E questo risultato è più significativo anche rispetto a quelli ottenuti con il doppio trapianto isole pancreatiche e rene perché quest’ultimo approccio nel tempo è soggetto a una più rapida perdita della sua efficacia.

Qual è in definitiva il candidato ideale per il trapianto?

Qual’ è quella condizione di diabete tipo 1 instabile che possa giustificare la necessità e il ricorso a un trapianto? Dev’essere innanzitutto un paziente che è stato ben inquadrato dal punto di vista diabetologico quindi ben educato all’autogestione della sua patologia, che faccia l’autocontrollo in maniera regolare, seguito in modo appropriato da colleghi diabetologi o da noi del centro ma che nonostante questa massima adesione terapeutica a tutte le raccomandazioni di educazione terapeutica e monitoraggio glicemico, evidenzi un diabete tipo 1 che rimane instabile e mal controllato, con complicanze diabetiche acute che possono essere ipoglicemie non avvertite dal paziente (quando il paziente non si accorge di andare in ipoglicemia) oppure episodi di chetoacidosi quando l’iperglicemia viene prolungata nel tempo e il paziente ha degli squilibri metabolici che possono condurre allo sviluppo di complicanze diabetiche severe.

Ci sono anche casi in cui – per esempio per gastroparesi diabetica o per forme avanzate di resistenza-insulinica – il compenso glicemico risulta comunque scarso nonostante l’utilizzo del sensore, del microinfusore ed è responsabile di complicanze diabetiche croniche.

In genere, la situazione ideale si verifica quando il diabetologo che segue abitualmente il paziente con diabete tipo 1, lo invia a noi del Centro qui al Niguarda dichiarandolo un paziente instabile con il quale sono state provati tutti gli approcci possibili per il controllo glicemico, senza risultati evidenti. Questo è il candidato ideale a una procedura di trapianto, si isole o di organo in toto.

In quali condizioni il trapianto di pancreas non è fattibile?

I casi in cui il trapianto di pancreas non si può fare includono: pazienti con complicanze cardiovascolari, pazienti con multipli interventi chirurgici addominali fatti in passato che non se la sentono di affrontare un ulteriore intervento di chirurgia maggiore. In questi casi, potrebbe essere proposto un trapianto di isole che viene eseguito in anestesia locale con minori complicanze seppure con durata inferiore nel tempo rispetto al trapianto di pancreas.

Tratto da: Diabete.com, 29 novembre 2021