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Dieta mediterranea: è (ancora) la migliore al mondo davanti a Dash e flexitariana. Ecco perché

Giova alla salute. Anche a quella del Pianeta. È facile da seguire e promuove cibi da includere, non togliere. Come molte altre diete, 40 in totale, esaminate da un pool di scienziati. Ne è uscita una classifica, stilata dalla rivista americana US News & World Report. Ecco le tre migliori, e perché, seguite dalla lista delle peggiori.

Per il quinto anno consecutivo, la dieta mediterranea si conferma la migliore al mondo stando a quanto ha stabilito, di recente, la rivista americana US News & World Report. Dietro di lei la DASH, acronimo che sta per Dietary Approaches to Stop Hypertension, ovvero Approcci dietetici contro l’ipertensione grazie alla riduzione dell’assunzione di sale. E, a pari merito, la flexitariana, regime alimentare in prevalenza vegetariano che, solo occasionalmente, consente il consumo di carne e pesce. Tre modi di nutrirsi che puntano al benessere della persona nel rispetto del Pianeta. E che, dentro al piatto, pongono molti vegetali: dalla frutta, fresca e secca, alla verdura, dai cereali ai legumi. Gretel Schueller, caporedattore salute di US News & World Report, ha sottolineato quanto queste diete «offrano tutte varietà, flessibilità e poche, se non nessuna, regole». Aggiungendo che «sono sicure perché poggiano su basi scientifiche. E, opportunamente adattate, da uno specialista competente, a ogni persona in base alle peculiarità e allo stile di vita, forniscono il corretto apporto calorico e una modesta quantità di proteine magre, per lo più da latticini.

I tre regimi alimentari in vetta alla classifica dei migliori al mondo sono stati individuati da un pool di 27 esperti che hanno esaminato 40 diete tenendo conto di 7 parametri: perdita di peso a breve termine, perdita di peso a lungo termine, facilità nel seguirla, completezza di nutrienti, rischi per la salute, efficacia nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, efficacia nella prevenzione del diabete.

Schueller ha tenuto a puntualizzare quanto le diete migliori siano guidate «da ciò che si può mangiare, non da quel che è meglio evitare. E in questo momento storico, dilaniato dalla pandemia, poter stare a tavola con gusto fa la differenza. C’è bisogno di cibi di cui possiamo godere, cibi salutari che rafforzino il sistema immunitario. Molte patologie si combattono a partire dal menu».

La dieta mediterranea

Non è soltanto la migliore al mondo. La dieta mediterranea è anche la più facile da seguire, la più sana, la più indicata per chi soffre di diabete, colesterolo alto, demenza, perdita di memoria, depressione e cancro al seno, e quella con la più consistente base vegetale. Tutti motivi, questi, che le hanno permesso di ottenere anche il Nastro blu.

Ma in che cosa consiste esattamente? Secondo Valter Longo, biogerontologo di fama internazionale, direttore del Laboratorio Longevità e Cancro dell’IFOM di Milano e Direttore dell’ Istituto di Longevità della University of Southern California di Los Angeles, «la dieta mediterranea, sovente distorta, è in realtà il bilanciato mix di proteine, minerali, carboidrati, grassi, vitamine, fibre e acqua. Le quantità? In assenza di sovrappeso e obesità, quanto ci si sente. Io sono dell’idea che si possa e si debba mangiare anche di più, purché di quello che io chiamo la dieta della longevità. E cioè per esempio la pasta e “vaianeia calabrese” con 70 grammi di pasta e 400 grammi di legumi e verdure. La dieta mediterranea offre una enorme varietà di vegetali, diversi di stagione in stagione. Diversificare, anche solo in base ai gusti, è semplice».

Quanti pasti al giorno? «Suggerisco 2 più uno spuntino per i sovrappeso e 3 pasti tra colazione, pranzo e cena con uno spuntino a metà mattina o nel pomeriggio per le persone di peso normale».

Un esempio di menu giornaliero? «Cominciamo dal primo. A tavola, ogni giorno, non dovrebbe mai mancare un piatto di cereali, meglio se integrali, da consumare o a pranzo o a cena. Come si preferisce. In alternativa: pasta, per lo più integrale, riso, polenta, patate… Non oltre gli 80 g perché in abbinata avremo, sempre, una porzione di verdure: crude, cotte, in foglia. Queste ultime ottime per contrastare il senso di fame. Per secondo proteine, o a pranzo o a cena, ma le proteine totali devono rimanere intorno a 0.8 grammi per chilogrammo e cioè circa 55 grammi. O mezzo chilo di legumi per una persona di 70 chili. E quindi, via libera ai legumi ogni giorno. Il pesce da consumare solo 2 o 3 volte a settimana. Carni bianche o rosse, formaggi e salumi meglio se mangiati raramente: se proprio si vuole, una sola volta a settimana in piccole quantità, almeno fino a 65-70 anni di età. Dopo si può aumentare anche a 2-3 volte a settimana. Il tutto insaporito da olio extra vergine di oliva e accompagnato, se lo si desidera, da un boccone di pane integrale.

Come spuntino rompi digiuno al mattino o al pomeriggio, della frutta di stagione fresca o secca, anche in barretta, oppure pane integrale e marmellata senza zuccheri aggiunti, ma anche del cioccolato fondente o crema di cacao e mandorle».

Pasti bilanciati e ricchi di vegetali, dunque, e interazioni sociali e attività fisica. Sono questi i capisaldi di uno stile alimentare mediterraneo unico al mondo.

La dieta Dash

L’acronimo sta per Dietary Approaches to Stop Hypertension, a indicare un regime alimentare ipolipidico per il ridotto apporto di sodio, grassi e zuccheri. Regime questo promosso ampiamente dal National Heart, Lung and Blood Institute.

Anche detta dieta contro l’ipertensione, la Dash nasce negli Stati Uniti — all’Università di Harvard per l’esattezza — dove l’ipertensione, appunto, è una condizione patologica di vastissime proporzioni, con 80 milioni di ipertesi su una popolazione complessiva di 330 milioni di abitanti. In breve tempo, poi, si diffonde world wide perché ritenuta in grado di migliorare la salute, agendo sulla pressione di cui regola i livelli. Questo grazie agli elementi nutritivi irrinunciabili: potassio, fibre, calcio, proteine. E poco, pochissimo sodio.

Per certi versi simile alla mediterranea — che predilige il consumo di frutta e verdura di stagione (broccoli, finocchi, pomodori, spinaci, zucca, mandarini...), cereali, per lo più integrali, grassi buoni e proteine —, la Dash non esclude alcun alimento. È ammessa la carne rossa, comunque da limitare, così come dolci e grassi. Ed è ammessa la carne bianca. Poi pesce, meglio se azzurro e di taglia piccola, legumi a basso indice glicemico, frutta secca, semi oleosi, olio extra vergine di oliva. Il sale? Sorvegliato super speciale, da ridurre fortemente: da 1,5 g a 2,4 g al giorno, non di più.

Per insaporire i piatti, ottime sono erbe e spezie.

Dash, alcuni studi

Oltre ad agire sull’ipertensione, la Dash è efficace anche nella riduzione del peso corporeo. A dimostrarlo sono alcuni studi. In particolare, una ricerca pubblicata nel 2019 su Scientific Reports dimostra che questo regime alimentare ha ripercussioni positive sul metabolismo. Nello specifico, gli scienziati hanno scoperto che, rispetto all’obesità metabolica sana, «la DASH riduce del 21 per cento la probabilità di incappare in una obesità metabolica malsana». Questo indipendentemente da età, sesso, assunzione di energia, attività fisica, indice di massa corporea, fumo e livello di istruzione.

Una seconda ricerca, questa volta pubblicata sul Journal of American Medical Association, suggerisce che la dieta DASH è associata a riduzioni della pressione arteriosa sistolica e diastolica. Un altro ottimo motivo per prenderla in considerazione, casomai se ne avesse necessità. Ma sempre dietro indicazioni medico-specialistiche: quando si tratta di alimentazione, il fai-da-te è bandito. D’altra parte non deve mai mancare l’attività fisica. La salute passa anche da qui. Attenzione pure in questo caso: qualunque esercizio o disciplina si voglia intraprendere, è utile rispettare lo stile di vita, l’età, il sesso e tenere conto di eventuali patologie in essere. Consiglio in più: anche in questo caso sarebbe opportuno consultare uno specialista, almeno per cominciare casomai si fosse totalmente privi di allenamento.

La dieta flexitariana

Messa a punto dalla dietista statunitense Dawn Jackson Blatner, la flexitariana deve il suo nome alla crasi di due parole: «flessibile» e «vegetariana», a indicare «un vegetariano che mangia occasionalmente carne». Nessuna motivazione etica, casomai una questione di salute. Secondo Blatner, infatti, questo regime ipocalorico con piccole quantità di carne, per lo più bianca, e pesce, «consente di stare meglio e perdere anche peso in breve tempo».

Tra gli alimenti principali: legumi e uova, frutta e verdura, cereali integrali, latticini, zucchero e spezie. Secondo necessità, poi, proteine animali, appunto. «Chi segue un’alimentazione vegetariana vive in media 3,6 anni in più e pesa il 15 per cento in meno rispetto a chi mangia carne — spiega Blatner nel suo libro, The Flexitarian Diet (editore McGraw-Hill) —. Ciò non significa, però, che si debba rinunciare alle proteine animali. Con questo regime basta ridurne i quantitativi e prestare casomai attenzione alla qualità di quel che si mangia, prediligendo i prodotti bio e a chilometro zero».

Il menu giornaliero? Più frutta e verdura, entrambe al centro di ogni pasto principale, meno prodotti da forno e carboidrati — riso e pasta — in generale. «Tutto in maniera progressiva — continua Blatner —. Chi arriva da un’alimentazione onnivora, non dovrebbe consumare più di 700 g di carne a settimana; chi, d’altra parte, è già abituato a un ridotto consumo di proteine animali, dovrebbe arrivare al massimo a 500 grammi a settimana; chi, infine, fosse veg-oriented non farà fatica a mangiare fino a 250 g di carne sempre a settimana. Il pesce? Nessun limite, ma con una accortezza: di taglia piccola è meglio, contiene meno quantità di mercurio».

All’inizio la flexitariana, si legge ancora nel libro, andrebbe seguita per 15 giorni. Solo in un secondo momento può diventare abitudine «avendo cura di modulare l’apporto calorico, da concordare con il medico in base alle proprie necessità. Mantenendo però le proporzioni — specifica Blatner —. I vegetali dovranno fornire il 40 per cento del fabbisogno giornaliero; stessa percentuale per cereali integrali, legumi e semi oleosi. Il restante 20 per cento potrà arrivare invece dagli alimenti di origine animale. È un dato di fatto: un minor consumo di proteine animali è una scelta consapevole e sostenibile. Fa bene al Pianeta, alla nostra salute, ma anche al portafogli considerato che la carne è tra le voci che pesano di più sul bilancio delle nostre spese».

Diverse le alternative, anche se non tutte prese in esame da questo studio: dalla Meta (la dieta che ha fatto rinascere Noemi) alle detox, da quelle specifiche (come contro il colesterolo o lo stress da lockdown, ad esempio) fino alle ipocaloriche o alle vegetariane in base alle personalissime esigenze. Con un consiglio da cui non si prescinde. E che ribadiamo: qualsiasi dieta si voglia fare, d’obbligo parlarne con il proprio medico. O direttamente uno specialista.

Le diete migliori, classifiche parziali

Dai 40 regimi alimentari presi in esame dai 27 scienziati, la rivista US News & World Report ha stilato tre mini classifiche, ognuna delle quali riporta le migliori diete per beneficio apportato all’organismo. Ecco quali sono.

Le migliori diete per perdere peso:

- Flexitariana

- Dieta volumetrica

- WW Weight Watcher

- Dieta vegana

Le migliori diete per il diabete:

- Dieta mediterranea,

- Flexitariana

- Dieta vegana

- Mayo Clinic Diet

Le migliori diete per proteggere il cuore:

- Dieta mediterranea

- DASH

- Dieta Ornish

- Dieta flexitariana

- Diet TLC

- Dieta vegana

Le diete peggiori al mondo

Sempre in base alla classifica stilata dal pool di esperti e riportata da US News & World Report, le diete peggiori al mondo sono invece le seguenti:

- dieta dell’indice glicemico

- South Beach Diet

- dieta a zona

- dieta macrobiotica

- dieta SlimFast

- digiuno intermittente

- dieta Optavia

- dieta alcalina

- dieta Paleo

- dieta Sirt

- Atkins

- dieta chetogenica

- dieta Dukan

- dieta GASP

Molte sono già note agli scienziati. Due, il digiuno intermittente e la dieta Sirt, sono invece new entry. Di entrambe si è parlato moltissimo. Sorprende vederle prossime al fondo della classifica, rispettivamente al 27 e al 32esimo posto. La motivazione? Secondo gli esperti si tratta di regimi alimentari «estremamente restrittivi, più la Sirt del digiuno che, invece, limiterebbe la socializzazione. Entrambi sostenibili nel breve periodo e non nel lungo».

Un po’ come la GASP o dieta a eliminazione, fanalino di coda. Che cosa la rende appetibile? Il fatto che sia progettata per smaltire quegli alimenti che il corpo fatica a digerire; che favorisca l’eliminazione della flora intestinale dannosa; che prediliga i cibi ricchi di sostanze nutritive grazie ai quali il rivestimento intestinale possa guarire. Funzionale alla perdita di peso nel breve periodo ma, a detta degli esperti, pericolosa se protratta nel tempo.

Tratto da: Corriere della Sera, Chiara Amati, 07 febbraio 2022