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Ipercolesterolemia. Su inibitori PCSK9 nuovi dati di efficacia e aderenza dallo studio AT-Target ma occorre facilitare l’accesso per intervenire precocemente

“Su 798 pazienti osservati per un periodo di follow-up di 19 mesi, abbiamo registrato una riduzione dell’LDL colesterolo del 64% e un’aderenza e una compliance terapeutica superiori al 95%”. Il punto con il Prof. Pasquale Perrone Filardi LO STUDIO.

L'ipercolesterolemia è un importante fattore di rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD), la principale causa di morte in tutto il mondo. Le linee guida ESC/EAS del 2019 hanno sostanzialmente modificato le raccomandazioni precedenti per il trattamento dell'ipercolesterolemia, introducendo obiettivi più stringenti per tutte le categorie di rischio, ad eccezione dei pazienti a basso rischio.

Ciò si basava sull'evidenza che livelli molto bassi di colesterolo LDL (<55 mg/dl) raggiunti negli studi clinici sono associati a un'ulteriore riduzione degli eventi cardiovascolari. I nuovi stringenti obiettivi di LDL hanno però notevolmente amplificato la discrepanza tra il trattamento raccomandato e la vita reale, sostenendo la necessità di un trattamento polifarmacologico e l'utilizzo di farmaci efficaci e ben tollerati per raggiungere i nuovi obiettivi, soprattutto nelle persone con alti e altissimi livelli di rischio. Le stesse linee guida ESC/EAS raccomandano l'aggiunta di anticorpi monoclonali inibitori PCSK9 in prevenzione secondaria per i pazienti ad altissimo rischio cardiovascolare e in prevenzione primaria per i pazienti ad altissimo rischio, affetti da familiarità di ipercolesterolemia.

Dallo studio italiano AT-TARGET-IT, pubblicato di recente su Atherosclerosis, e condotto su dieci centri italiani specializzati nella cura delle dislipidemie, si evince come l’utilizzo degli inibitori PCSK9 sia efficace e sicuro nella pratica clinica e contribuisca a incrementare l’aderenza e la persistenza nel raggiungimento dei livelli di LDL raccomandati.

Come ricordato in un'intervista a Quotidiano Sanità da Pasquale Perrone Filardi, Presidente della Società Italiana Cardiologia nonché uno degli autori dello studio, queste molecole sono in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDL di oltre il 60%. “Su 798 pazienti osservati per un periodo di follow-up di 19 mesi, abbiamo registrato non soltanto una efficacia in termini di riduzione dell’LDL colesterolo del 64%, mantenuta nel tempo, quindi con un effetto assolutamente duraturo”, ha dichiarato Perrone Filardi. “Ma nelle osservazioni fino a 18 mesi, dall'inizio della terapia, anche una aderenza e una compliance terapeutica superiori al 95%. Si tratta quindi, anche dal mondo reale, di una conferma della straordinaria maneggevolezza ed efficacia di questa terapia”, ha aggiunto.

Problematiche di accesso

Secondo l’esperto però, per implementare al meglio questa opzione terapeutica rappresentata dagli anticorpi anti PCSK9, è necessario intervenire anche sul versante amministrativo e sul versante dell'accesso alle terapie. Ad esempio, per quanto riguarda la rimborsabilità, nonostante l’Italia sia un paese virtuoso in questo, in quanto, ricorda l’esperto, “siamo riusciti ad ottenere una soglia di accesso alla terapia con valori di LDL colesterolo anche solo superiore ai 70 milligrammi per decilitro”, permangono delle barriere che complicano il processo di dispensazione al paziente.

“Dovremmo certamente facilitare a livello amministrativo il piano di rimborsabilità che oggi appare gravato dal sistema di registrazione del piano di monitoraggio, assolutamente molto complicato e molto dispendioso in termini di tempo che, a nostro giudizio, potrebbe assolutamente essere revisionato in quanto questi farmaci hanno già dimostrato un elevatissimo profilo di sicurezza”. Infine, ha concluso Perrone Filardi, “dovrebbe essere facilitato l'accesso e la dispensazione sul territorio di questi farmaci attraverso la dispensazione nelle farmacie territoriali, che certamente rappresenterebbero un alleggerimento delle barriere che molto spesso si frappongono tra il paziente e, appunto, il sistema sanitario pubblico per l’ottimizzazione delle terapie”.

In conclusione quindi facilitare l’accesso a queste terapie significa, da un lato, ridurre il rischio di mortalità grazie a un intervento precoce per ridurre i livelli di colesterolo LDL e, dall’altro, aiutare la classe medica a dedicarsi interamente al percorso di cura del paziente, invece che alla burocrazia.

Tratto da: Quotidiano Sanità, M.C., 14 marzo 2023