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Ipertensione, tutti i vantaggi del telemonitoraggio

 

Pazienti coinvolti: si misurano la pressione a casa, spediscono i dati al medico e aggiustano da soli la terapia
MILANO - Gestire monitoraggio e cura quasi completamente da soli: che sia questo il segreto per raggiungere finalmente un buon controllo della pressione alta? Solo un paziente su cinque riesce davvero ad abbassare la pressione, per cui trovare metodi efficaci per far sì che gli ipertesi seguano bene le terapie è quanto mai utile. Il segreto, stando ai risultati di una ricerca pubblicata su The Lancet, potrebbe essere il telemonitoraggio.
STUDIO - La ricerca, la prima a verificare su larga scala gli effetti del telemonitoraggio della pressione unito alle modifiche autonome del piano terapeutico, ha coinvolto oltre 500 pazienti, metà in cura convenzionale (affidati cioè al giudizio del medico di famiglia), metà aderenti al telemonitoraggio. Funziona così: dopo due sedute con i medici per imparare a misurare correttamente da soli la pressione e a trasmettere i dati attraverso un semplice modem connesso allo strumento di misurazione, i partecipanti hanno iniziato a fare il test ogni mattina per due volte, a distanza di 5 minuti l'una dall'altra. Il secondo valore era quello considerato "buono" e il paziente stesso vedeva sullo strumento una luce rossa se la lettura era fuori dai limiti di sicurezza, gialla se era sopra il valore-soglia ma entro i limiti di sicurezza, verde se la lettura era sotto il valore-soglia. Se in un mese si avevano più di quattro letture rosse, l'obiettivo terapeutico non era stato centrato e il paziente poteva cambiare la terapia (aumentando le dosi dei farmaci o aggiungendone di nuovi) secondo un piano terapeutico preventivamente approvato dal medico. Se comunque si restava sopra i limiti, si passava alla visita medica per rivalutare la terapia.
BUONI RISULTATI - Lasciar fare quasi tutto ai pazienti ha pagato, stando ai dati raccolti: a sei mesi dall'inizio, il gruppo in telemonitoraggio aveva visto scendere la pressione di 13 mm Hg rispetto ai 9 del gruppo di controllo, dopo un anno la differenza era perfino aumentata (meno 18 nel gruppo del "fai da te", meno 12 nei controlli). Gianfranco Parati, direttore della divisione di Cardiologia all’Auxologico di Milano e docente di medicina interna all’università di Milano-Bicocca, riferisce dati simili raccolti in Italia: «Abbiamo condotto lo scorso anno uno studio sul telemonitoraggio della pressione collaborando con i medici di base a Milano e dintorni, verificando che il controllo della pressione sale al 62 per cento se i pazienti la misurano da soli a casa e trasmettono i dati al medico. I vantaggi del telemonitoraggio sono due: il medico ha dati ben organizzati, in gran numero, e può interpretarli meglio rispetto a letture sporadiche; il paziente, dal canto suo, si sente chiamato a partecipare, segue di più la terapia ed è più attento. In breve si instaura un circuito virtuoso in cui medico e paziente collaborano di più e meglio - racconta Parati -. In questo studio si conferma tutto questo e si fa il passo successivo, dando al paziente un certo margine di manovra nella terapia e consentendogli di variarla in base alle letture. È interessante, ma impone qualche riflessione critica».
PRUDENZA - «Sarebbe infatti pericoloso lasciare mano libera a pazienti non in grado di comprendere fino in fondo tutte le implicazioni della cura oppure a persone ansiose, che potrebbero finire per modificare la terapia un pochino ogni giorno con il risultato, alla fine, di non capirci più nulla o avere perfino conseguenze negative - prosegue Parati -. Il nostro paziente medio non è pronto ad avere tanta autonomia. Che è positiva, come dimostrano questi dati, ma deve essere decisa dal medico dopo aver valutato attentamente la situazione di ogni singolo caso». Gli autori stessi dello studio apparso su Lancet ammettono che il loro approccio non è adatto a chiunque, e pure l'editoriale di Gbenga Ogedegbe, del Center for Healthful Behavior Change dell'università di New York, smorza gli entusiasmi: «La fattibilità dell'auto-modificazione delle cure sembra vicina grazie alla sicurezza e all'efficacia dei farmaci, ma è prematuro introdurla nella pratica clinica comune - scrive Ogedegbe -. Attualmente due studi stanno valutando se un approccio simile può essere vantaggioso anche in pazienti di basso livello culturale e socio-economico». Il telemonitoraggio invece è consigliabile sempre: «L'automonitoraggio e la trasmissione dei risultati dovrebbero essere estesi a tutti: un'automisurazione ben fatta, valutata sempre in collaborazione con il medico, può dare ottimi risultati. In Lombardia speriamo che il telemonitoraggio, che ora è solo un progetto di ricerca, possa presto diventare un servizio offerto a tutti gli ipertesi», conclude Parati.
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Elena Meli, settembre 2010