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C.F. 98152160176

Stiamo trattando bene l’ipercolesterolemia? I risultati dello studio GOULD

Le precedenti linee guida per i pazienti con malattia aterosclerotica cardiovascolare raccomandavano la terapia con statine ad alta intensità e di utilizzare una terapia di combinazione se il colesterolo LDL si manteneva al di sopra di 70 mg/dl. Le ultime linee guida europee, raccomandano invece dei target ancora più restrittivi nei pazienti con rischio cardiovascolare molto alto (LDL <55 mg/dl). Ma spesso la compliance nei confronti delle linee guida è bassa. Negli Stati Uniti, Cannon e collaboratori hanno effettuato uno studio durato due anni e chiamato “Getting to an Improved Understanding of LowDensity Lipoprotein Cholesterol and Dyslipidemia Management (GOULD)” per valutare in trattamento dell’ipercolesterolemia. Il GOULD è un registro prospettico osservazionale multicentrico, dove sono stati arruolati dal 2016 al 2018, pazienti divisi in tre coorti: 1) quelli che ricevevano l’inibitore della proproteina convertasi sublisina/Kexina tipo 9 (PCSK9i) e quelli che non lo ricevevano; con 2) LDL colesterolo maggiore o uguale a 100 mg/dl e 3) con LDL colesterolo da 70 a 99 mg/dl. I pazienti venivano sottoposti a visita di follow-up ogni 6 mesi. L’outcome primario era il cambiamento della terapia ipolipemizzante nei 2 anni. Quelli secondari includevano il numero di misurazioni di LDL colesterolo, i livelli di LDL e la risposta a questionari. Sono stati arruolati un totale di 5.006 pazienti (età media [deviazione standard], 67.8 [9.9] anni; 1.985 donne [39.7%]; 4-312 individui caucasici [86.1%]). A due anni, 885 (17.1%) avevano intensificato la terapia ipolipemizzante. Nella coorte di pazienti con LDL ≥100 mg/dl e in quella tra 70-99 mg/dl, il potenziamento della terapia ipolipemizzante si è verificato in 403 (22.4%) e in 383 (14.4%) pazienti, rispettivamente [il trattamento con statina è stato intensificato in 115 pazienti (6,4%) e in 168 (6.3%) rispettivamente; l’ezetimibe è stato aggiunto in 123 (6.8%) e in 118 (4.5%) pazienti; PCSK9i è stato aggiunto in 114 (6.3%) e in 58 (2.2%)]. Nella coorte che faceva terapia con PCSK9i, 508 di 554 (91.7%) ha mantenuto la terapia a due anni. Il profilo lipidico è stato misurato almeno una volta in due anni in 3.768 pazienti (88.5%; coorte PCSK9i , 492 [96.1%]; livelli di LDL-C 100 mg/dL o più 1.294 [85.9%]; 70-99 mg/dL, 1.982 [88.6%]). I livelli di LDL avevano una mediana di 120 (108-141) mg/dL a 95 (73-118) mg/dL nella coorte di LDL ≥ 100 mg/dL, 82 (75-89) a 77 (65-90) mg/dL nella coorte con livelli di LDL-C tra 70 e 99 mg/dL, e 67 (42-104) mg/dL a 67 (42-96) mg/dL nella coorte in trattamento con PCSK9i. Livelli di colesterolo inferiori a 70 mg/dl a due anni, sono stati raggiunti in 308 (21%) e 758 (33.9%) pazienti nelle coorti con livelli di LDL ≥100 mg/dl e tra 70-99 mg/dl, rispettivamente e in 272 (52,5%) pazienti nella coorte PCSK9i. Purtroppo, il risultato di questi studi ci dimostra come, nonostante sia chiara l’importanza del trattamento delle dislipidemia e l’esistenza di svariati farmaci utili in tale ambito, solo il 17,1 % dei pazienti ha avuto un’intensificazione del trattamento a due anni di follow-up, e che i 2/3 dei pazienti restano con livelli maggiori di 70 mg/dl. C’è bisogno di ulteriore sforzo per migliorare il trattamento dell’ipercolesterolemia.

Fonte: Cannon et al 10.1001/jamacardio.2021.1810.

Tratto da: Cardiolink, 29 luglio 2021