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Malattie cardiovascolari: gli 11 punti chiave della prevenzione

Stile di vita sani abbinati a screening e vaccinazioni possono ridurre il rischio di ammalarsi. E salvare le casse del servizio sanitario consentendogli di garantire a tutti il diritto alla salute.

Un decalogo non basta. I fattori che incidono sullo sviluppo e la progressione delle malattie vascolari sono infatti 11 e nessuno può essere trascurato. Tante, non una di meno, sono le tappe obbligate del percorso per la prevenzione cardiovascolare proposte dalla Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (Siprec) nel documento “Contributo degli interventi di prevenzione cardiovascolare alla sostenibilità del Sistema Sanitario in Italia” presentato nel corso della Terza Giornata Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (Roma, 12 maggio).

«Articolato in undici punti, il nostro documento vuole mettere in luce gli elementi che possono segnare un importante progresso nel campo delle malattie cardiovascolari, che quest’anno, anche nei report statistici dei maggiori Paesi occidentale ‘rialzano la testa’, dimostrando che sono state solo in parte scalfite dagli enormi progressi di questi ultimi decenni in ambito diagnostico e terapeutico», dichiara Massimo Volpe, Presidente SIPREC.

Con una stima di 17 milioni di decessi l’anno, le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare la prima causa di morte nel mondo. In Italia sono responsabili del 35 per cento di tutti i decessi e sono la prima causa di ricovero ospedaliero (672.777 dimissioni in regime ordinario nel 2020, pari al 13,8%). Insieme ai tumori, le malattie cardiovascolari sono tra le le principali cause di invalidità e nel bilancio delle spese sanitarie pesano come un macigno: i costi per il sistema sanitario si aggirano intorno ai 19-24 miliardi di euro all’anno, di cui 11-16 miliardi rappresentano i costi sanitari diretti (ricoveri, interventi chirurgici e impiego di terapie croniche) e 5-8 miliardi quelli indiretti (perdita di produttività del paziente e del caregiver, oltre alle spese previdenziali e assistenziali ecc.).

Numeri che dimostrano quanto l’impatto delle malattie cardiovascolari sulla salute della popolazione mondiale e sui costi sanitari resti elevato nonostante siano noti da tempo i fattori di rischio che le favoriscono: fumo, sedentarietà e scorretta alimentazione in primis.

E questo accade, sottolineano gli esperti della Siprec, per due ragioni:  un po’ perché sono in molti ad adottare uno stile di vita scorretta, un po’ perché lo stile di vita scorretto non è l’unico responsabile del drammatico scenario epidemiologico. La caratteristica distintiva del nuovo documento sulla prevenzione consiste nell’aver tenuto conto di entrambi gli elementi.

Gli 11 pilastri della prevenzione

Puntare a ridurre i fattori di rischio è necessario, ma non sufficiente. Promuovere uno stile di vita sano, per modificare le cattive abitudini è solo uno, per quanto importante, degli obiettivi da perseguire: non sempre cambiare i comportamenti basta ad allontanare il rischio di ammalarsi.

Esistono, infatti, fattori di predisposizione genetica o condizioni molto diffuse come diabete, ipertensione ed ipercolesterolemia che possono favorire alcune malattie cardiovascolari e che richiedono specifici interventi terapeutici anche in prevenzione primaria.

La prevenzione ottimale, proposta dalla Siprec nel suo manifesto scientifico in 11 punti, si basa, quindi, sulla combinazione di due interventi: da una parte quelli mirati al miglioramento degli stili di vita, dall’altra quelli che  puntano a un impiego tempestivo di tutti gli strumenti di prevenzione diagnostici, terapeutici e di profilassi, che possono incidere sullo sviluppo e la progressione delle malattie cardiovascolari. Gli uni e gli altri devono procedere insieme se si vogliono ottenere i massimi benefici dalla prevenzione.

«Il documento presentato oggi ripercorre le tematiche principali della prevenzione e i vari interventi che possono essere messi in campo per preservare la salute del nostro cuore e dei nostri vasi, e vivere in benessere, scongiurando o quanto meno, ritardando eventi cardiovascolari molto gravi e talora fatali, in primis l’infarto del miocardio, l’ictus cerebrale, ma anche la fibrillazione atriale, lo scompenso cardiaco, le manifestazioni dell’aterosclerosi, che impattano pesantemente sulla salute dei cittadini, oltre che sui costi sociali ed economici che i singoli individui e il Sistema Sanitario Nazionale devono affrontare», dichiara Massimo Volpe.

1. Alimentazione

Il punto di partenza è sempre lo stesso: la tavola. L’alimentazione non corretta è il principale fattore di rischio associato alle malattie cardiovascolari.

Seguire la dieta mediterranea (fortemente consigliata anche dalle Linee Guida dell’European Society of Cardiology 2021) contribuisce al controllo dei valori glicemici, del colesterolo e a ridurre lo stato infiammatorio generale. Riduce la mortalità e morbilità per tutte le cause, favorisce la longevità in buona salute, producendo anche una riduzione della spesa sanitaria.

Gli esperti SIPREC ricordano l’importanza di controllare il consumo di sale nell’alimentazione, soprattutto in relazione alla pressione arteriosa. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ridurre il consumo di sale di 5 grammi al giorno porterebbe a una riduzione complessiva del 23 per cento circa degli ictus e del 17 per cento delle malattie cardiovascolari.

2. Attività fisica

Funziona talmente bene che viene considerato un farmaco. Il movimento viene prescritto come una terapia per ridurre il rischio di ammalarsi e per migliorare la salute di chi ha manifestato i sintomi di qualche patologia cardiovascolare. Eppure gli italiani fanno orecchie da mercante, ignorano le indicazioni dei medici e conducono una vita sedentaria contraria a qualunque regola di buona salute. Un adulto su due (44,8%) non raggiunge un livello adeguato di attività fisica. Tra i bambini va ancora peggio: il  94,5 per cento non rispetta le raccomandazioni dell’Oms.

La sedentarietà degli italiani costa cara: 3,8 miliardi di euro sono stati spesi per i danni della mancata attività fisica nel 2019, con un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata del Paese pari all’1,7 per cento del PIL. Se gli italiani si allineassero alla media dei cittadini degli altri Paesi OCSE, in termini di popolazione sedentaria, potrebbero essere evitatati costi sanitari per 900 milioni di euro ogni anno.

3. Tabagismo

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa un quarto della popolazione italiana adulta fuma, con una media di 11 sigarette al giorno.

Le società scientifiche e in particolare la SIPREC vedono e identificano nella disassuefazione al fumo e nelle campagne contro il fumo passivo un obiettivo di prevenzione prioritario per le malattie cardiovascolari e uno strumento efficace per ridurre il “burden of disease” associato al fumo e ottenere una maggiore sostenibilità ambientale.

4.Pressione arteriosa

In Italia si stima che ci siano circa 15 milioni di pazienti affetti da ipertensione arteriosa e che ogni anno, i decessi correlati a questa patologia siano 240mila.

È stato calcolato che la riduzione di soli 10 mmHg della pressione arteriosa sistolica può determinare un calo del 20 per cento degli eventi coronarici ischemici, dell’ictus cerebrale e dello scompenso cardiaco.

Per i suoi bassi costi, la terapia farmacologica antipertensiva appropriata e precoce rappresenta uno strumento altamente “cost effective” della prevenzione cardiovascolare, capace di ridurre eventi cardiovascolari e ospedalizzazioni.

5. Dislipidemie

Stili di vita scorretti, mancata individuazione delle persone a rischio, inadeguata presa in carico ed elevato tasso di non aderenza terapeutica. Sono questi i fattori responsabili della difficile gestione delle dislipidemie nel nostro Paese, secondo gli esperti della SIPREC.

Per porvi rimedio sono necessari interventi di promozione della salute cardiovascolare che mirino alla corretta identificazione e stratificazione del rischio e alla cura più appropriata dei pazienti portatori di alterazioni dei principali parametri lipidici implicati nella genesi del rischio cardiovascolare su base aterosclerotica, ovvero soprattutto l’aumento della colesterolemia LDL ma anche della trigliceridemia.

Complessivamente gli interventi non farmacologici e farmacologici volti a ottenere una riduzione del colesterolo LDL hanno dimostrato una grande efficacia e un ruolo strategico nella prevenzione cardiovascolare, configurando un vero e proprio paradigma nell’approccio di gestione della malattia cardiovascolare. Globalmente gli studi clinici con farmaci ipocolesterolizzanti hanno permesso di stimare una riduzione media del rischio di malattie aterosclerotiche di circa il 20 per cento.

6. Obesità

Dal 2021 viene riconosciuta come una patologia a sé stante, cronica, ricorrente. L’obesità non è più solo un fattore di rischio minore o un amplificatore di altre cause più note come l’ipertensione arteriosa o il diabete, ma una malattia a tutti gli effetti.

Una malattia che in Italia è particolarmente diffusa: il 32 per cento degli adulti tra i 18 e i 69 anni sono in sovrappeso e l’11 per cento obesi. I bambini in sovrappeso sono il 20,4 per cento, quelli obesi il 9,4 per cento. La percentuale dei ragazzi in sovrappeso in tutte le fasce di età rappresenta il 12% circa. Lo scenario descritto dal sistema di sorveglianza Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) (PASSI) si traduce in costi pari al 9 per cento della spesa sanitaria.

7. Diabete

Chi soffre di diabete è più a rischio di malattie cardiovascolari che sono anche la prima causa di morte per i pazienti affetti dalla malattia metabolica.

I rischi per il cuore derivano dal mancato controllo glicemico, dalla presenza di micro o macroalbuminuria o da altre condizioni associate alla malattia.

Indipendentemente dai livelli di glicemia dei pazienti, la strategia di prevenzione prevede il raggiungimento del peso ideale, il regolare svolgimento dell’attività fisica e la cessazione del fumo.

Secondo i dati amministrativi dello Studio ARNO 2021, la spesa media/anno per il paziente diabetico risulta praticamente doppia rispetto al paziente non diabetico (2.511 vs 1.262 euro) e il 54 per cento di questi costi è collegata ai ricoveri ospedalieri.

Le misure per ridurre la spesa sanitaria comprendono: prevenzione dell’incidenza della patologia e delle sue complicanze croniche, la riduzione della durata dei ricoveri ospedalieri mediante l’attivazione di servizi territoriali e miglioramento dell’organizzazione gestionale, maggior appropriatezza degli esami diagnostici, un migliore utilizzo dei farmaci ipoglicemizzanti e dei dispositivi per l’autocontrollo glicemico.

8. La prevenzione farmacologica. Il ruolo dell’aderenza terapeutica

Troppe compresse da assumere in orari diversi della giornata. Così finisce che un paziente su due non segue correttamente la terapia prescritta. Secondo i dati OSMED 2021 l’aderenza terapeutica riguarda soltanto il 50,3 per cento dei pazienti trattati con farmaci antipertensivi e il 40,7 per cento dei pazienti trattati con farmaci ipolipemizzanti. Una possibile soluzione consiste nelle combinazioni precostituite della stessa classe o di classi farmacologiche diverse così da avere più farmaci in una sola pasticca e semplificare gli schemi terapeutici.

9. Vaccinazioni

Vaccinarsi contro l’influenza stagionale per prevenire malattie cardiovascolari. È una misura di salute pubblica relativamente economica sicura e basata sulle evidenze che riduce il rischio di complicanze dell’infezione virale tra cui quelle cardiovascolare in particolare in soggetti ad alto rischio.

10. Prevenzione cardiovascolare: gli interventi di suddivisi per genere e per età

Strategie di prevenzione nelle donne

Gli studi di medicina di genere hanno ampiamente trattato le caratteristiche specifiche delle malattie cardiovascolari delle donne.

Oltre ai fattori di rischio “tradizionali”, la donna è esposta a una quota aggiuntiva di rischio dovuta a fattori “emergenti” tipicamente femminili. Alcuni sono talmente caratteristici delle donne da essere definiti “ginecardiologici”. Una menopausa precoce, ad esempio, con la conseguente cessazione della produzione ovarica di estrogeni, è associata a un maggior rischio di eventi cardiovascolari e una maggiore mortalità.

Altri fattori di rischio sono più sfumati, più difficili da attribuire direttamente al fatto di essere donna, ma ugualmente importanti.  Tra questi rientrano le malattie infiammatorie croniche/autoimmuni, probabilmente a causa del ruolo immunostimolante esercitato dagli estrogeni. Lo stato di infiammazione sistemica che le accompagna sembrerebbe essere responsabile dei processi aterosclerotici più precoci e accelerati.

Resta poi il fatto che, nonostante le differenze nelle manifestazioni delle malattie, le donne e gli uomini ricevono gli stessi farmaci, testati prevalentemente su soggetti di sesso maschile.

Interventi specifici per età. Età adulta.

La sostenibilità dei sistemi sanitari passerà dipenderà sempre dalla efficacia della prevenzione delle malattie cardiovascolari. Si stima che nel 2050 gli over sessantacinquenni saranno il 35 per  cento della popolazione italiana e il costo per l’assistenza potrebbe non essere più alla portata del nostro servizio sanitario.

Ma il vantaggio delle patologie croniche è che sono in gran parte prevenibili. Non è chiaro, quindi, come mai solo il 3 per cento della spesa sanitaria, (dati OCSE) venga investito in programmi per la prevenzione cardiovascolare mirati e personalizzati.

La prevenzione efficace si fa su due fronti: campagne informative sullo stile di vita abbinate a programmi di screening e consulenza nell’individuazione del rischio cardiovascolare dei singoli e nell’adozione di conseguenti interventi preventivi.

Interventi specifici per età. Età evolutiva.

Ridurre di un terzo la mortalità prematura per cause ambientali, favorendo la prevenzione primaria in un’ottica di sostenibilità ambientale ed economia circolare. È il traguardo a cui aspira l’Istituto Superiore di Sanità in linea con l’obiettivo numero 3 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”.

L’allattamento materno come misura di “salute pubblica”, è tra le strategie promosse dal Ministero della Salute. Il latte materno fa bene alle madri e ai bambini: nelle donne riduce il rischio di sviluppare tumore ovarico e mammario, nonché quello di diabete di tipo 2, nei bambini riduce il rischio di malattie infettive e se protratto fino a 12 mesi di vita è protettivo nei confronti di sovrappeso e obesità, riducendo, anche in questo caso, il rischio di sviluppare in età adulta diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari.

11. Inquinamento Ambientale

Oramai è accertato. Esiste un legame tra l’inquinamento atmosferico e il maggior rischio di malattie cardiovascolari. I meccanismi alla base di questa associazione multifattoriali. Il motivo scatenante parte dallo stress ossidativo. L’eccesso di radicali liberi dell’ossigeno innesca una reazione a cascata che porta all’ossidazione dei lipidi, proteine e DNA e all’attivazione di uno stato infiammatorio con conseguente compromissione della funzionalità cardiaca e vascolare.

Anche la tutela dell’ambiente rientra quindi tra le strategie di prevenzione cardiovascolare.

Tratto da: Healthdesk, 12 maggio 2023