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Chirurghi bravi ma poco disponibili

Chirurghi preparati ma poco propensi a comunicare con i pazienti, ad ascoltarli e a dare loro supporto durante il ricovero. A dare "le pagelle" agli specialisti della sala operatoria sono stati circa i 2.400 italiani, ricoverati in 240 ospedali, che hanno partecipato a un’indagine realizzata dalla Fondazione "Chirurgo e cittadino" in collaborazione con Acoi, l’Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani e con Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato.

RICOVERI - Buona parte dei ricoveri considerati dallo studio ha riguardato interventi programmati: il 57% dei pazienti è stato ricoverato in regime ordinario, poco meno del 20% ha avuto un intervento in day surgery, il 23% è stato invece operato d’urgenza. L’indagine ha passato in rassegna, attraverso la lente dei pazienti, non solo la preparazione dei camici verdi ma anche la loro capacità di comunicare e l’aspetto umano della relazione con gli assistiti. Ebbene, sulle competenze professionali dei chirurghi quasi il 90% degli intervistati ha dato giudizi buoni e sufficienti e solo il 5% ha ritenuto insufficiente il trattamento ricevuto (l’8% non ha risposto). «Dobbiamo migliorare anche quel "sufficiente" - commenta Rodolfo Vincenti, coordinatore della ricerca e past president di Acoi -. Un chirurgo non deve essere pienamente soddisfatto della sua prestazione se il paziente esce dall’ospedale con la convinzione che si sarebbe potuto fare meglio».

DIALOGO - Ma è quando si entra nel merito del rapporto medico-paziente che i giudizi diventano più critici. Del resto, un intervento chirurgico, per quanto programmato, viene vissuto nella maggior parte dei casi con timore, per cui i pazienti vorrebbero sentire "vicini" coloro nelle cui mani si stanno affidando e, allo stesso tempo, ricevere notizie chiare sul quadro clinico e su ciò si prospetta. Secondo l’indagine, le informazioni date dai chirurghi sulla malattia e l’intervento sono ritenute buone soltanto dal 53% del campione (sufficienti dal 20%, inadeguate dal 10%, mentre un altro 10% non ha risposto). «La scarsa comunicazione tra medico e paziente continua a essere segnalata dai cittadini anche al Pit Salute ogni anno - afferma Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale dei diritti del malato -. Le informazioni fornite dai medici non sempre sono comprensibili, per cui, spesso, il paziente non è in grado di capire appieno le implicazioni dell’intervento».

DISTURBI - Quasi un intervistato su due suggerisce ai chirurghi di migliorare la comunicazione con i pazienti, ma anche con i relativi medici di famiglia. Tra gli altri punti critici evidenziati dagli assistiti c’è la scarsa attenzione ai disturbi fisici che i trattamenti possono portare con sé: il fastidio provocato da un sondino, per esempio, o quelli causati da un catetere. Non a caso, l’assenza del dolore è indicata da un terzo del campione come uno dei principali elementi di riuscita dell'intervento, subito dopo il "ritorno alla vita di tutti i giorni" e il "conseguimento dei risultati clinici previsti". Lo studio ha rilevato anche i giudizi sugli aspetti organizzativi e gestionali del ricovero. I pazienti segnalano, in particolare, liste di attesa troppo lunghe per l’intervento, qualità della sistemazione alberghiera non sempre adeguata e tempi eccessivi per il rilascio della documentazione clinica dopo le dimissioni.

VISITE - Ma, soprattutto, sono insoddisfatti della scarsa frequenza delle visite giornaliere dei medici in reparto e della breve durata di queste visite: lo afferma circa il 15% del campione. «Non basta ai pazienti vedere il chirurgo una sola volta al giorno e per pochi minuti: vorrebbero più tempo dedicato all’aspetto umano dell’assistenza - sottolinea Vincenti -. Dopo questo studio approfondiremo gli aspetti giudicati carenti dai ricoverati, ampliando anche il campione esaminato. Di certo, emerge che oggi i bisogni di comunicazione e umanizzazione sono tra le principali esigenze dei cittadini che accedono a strutture chirurgiche. È quindi necessario rafforzare l’alleanza terapeutica tra medico e malato».

Fonte: corriere.it