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Il diabete curato col bisturi

 

Terapia sperimentale Alla prova un metodo davvero rivoluzionario
Buoni risultati con l' asportazione del duodeno. Il mistero dell' insulina
E se il diabete di tipo 2, quello più comune, dell'età matura, fosse anche una malattia dell' intestino? L' ipotesi, che potrebbe rivoluzionare le terapie, emerge dai risultati ottenuti da Francesco Rubino, ricercatore all' Università Cattolica di Roma, in un settore contiguo a quello della diabetologia: la chirurgia dell'obesità. Presentati al Congresso della Società internazionale di chirurgia dell'obesità a Oporto, in Portogallo, mostrano che se con un intervento chirurgico si impedisce al cibo di transitare per il duodeno (la prima parte dell' intestino) il diabete guarisce. L' idea non è nuova: già da una ventina d'anni si sa che le operazioni che escludono una parte dell' apparato digerente, cui gli obesi si sottopongono per perdere peso, hanno come «effetto collaterale» quello di curare il diabete.
Nuove sono però l'interpretazione del fenomeno e la strategia chirurgica ideata da Rubino. Riguardo alla prima, «per molto tempo si è pensato che il diabete guarisse per via della perdita di peso. Io invece sono convinto che nel duodeno ci sia un meccanismo fondamentale per la malattia», dice il ricercatore, che da ottobre si trasferirà alla Cornell University di New York come responsabile del programma di ricerca sulla chirurgia del diabete. Sulla tecnica spiega: «Esistono già due interventi che, nati per trattare i grandi obesi, possono essere usati anche per la cura del diabete e sono il bypass gastrico e la diversione biliopancreatica. L' operazione ideata da me, il bypass duodenale, è una semplificazione del primo: lascia infatti integro lo stomaco e si limita a escludere la prima parte dell'intestino». I pazienti (diabetici ma non obesi) operati in questo modo sono guariti, anche se «soltanto per un paio di loro abbiamo i dati a oltre un anno dall'intervento - prosegue Rubino -. Gli altri, un centinaio in tutto il mondo, sono stati operati nei mesi scorsi e, sebbene le prime osservazioni siano incoraggianti, dobbiamo aspettare prima di poterli dichiarare guariti». «Dal punto di vista clinico l'intervento di Rubino non aggiunge nulla - commenta Nicola Scopinaro, presidente emerito della Società italiana di chirurgia dell'obesità - Con la diversione biliopancreatica già guarisce il 100 per cento dei malati e, nei rari casi in cui questa non può essere impiegata, il bypass gastrico ha successo nell'80 per cento dei casi. Non si vede perché dovremmo ricorrere a un intervento sperimentale e con una casistica limitata quando la soluzione già esiste».
«Il bypass duodenale attualmente va proposto soltanto all'interno di sperimentazioni cliniche - concede Rubino -. Tuttavia, rispetto ad altri interventi, ha il vantaggio di essere più semplice e meno impegnativo per il paziente». I due medici sono invece concordi sulla necessità di approfondire il tema per conoscere meglio il diabete. «Esistono meccanismi ormonali intestinali che questi studi potrebbero chiarire» dice Scopinaro. «Ci sono varie ipotesi su come i cambiamenti anatomici dell'intestino indotti dalla chirurgia possano migliorare il diabete - conclude Rubino -. Una di queste, che ho sviluppato in seguito a ricerche sui ratti, prevede la possibilità che un fattore intestinale, stimolato dal passaggio del cibo, sia implicato nella genesi del diabete. In seguito all'esclusione del duodeno, la produzione di questo fattore non viene più stimolata e il risultato è che la malattia migliora o scompare del tutto. Ricerche volte a verificare questa ipotesi potrebbero portare a riconoscere bersagli per farmaci nuovi e più efficaci». Margherita Fronte * * * La Scoperta Il mistero dell'insulina Un effetto non cercato e la sua corretta interpretazione hanno portato ad allargare al diabete le indicazioni della chirurgia per l'obesità. Ma non è la prima volta che questa malattia è al centro di un caso di quella che viene definita "serendipità". Alla fine dell'800, per studiare la funzione del pancreas, gli austriaci Joseph von Mering e Oscar Minkowsky estrassero l'organo da un cane. Il giorno dopo, sulla pipì del povero animale si erano posate decine di mosche. Insospettiti, i due analizzarono il liquido, trovando un'altissima concentrazione di zucchero, paragonabile a quella che si riscontra nei diabetici. Ipotizzarono allora che la mancanza del pancreas e di qualche sua misteriosa secrezione avesse reso diabetico l'animale. La secrezione era l'insulina, isolata poi nel 1921 dal futuro premio Nobel Frederick Banting.
Fonte: Corriere della Sera, Fronte Margherita, 09 settembre 2007