5permille
5x1000
A te non costa nulla, per noi č importante!
C.F. 98152160176

Tumore al pancreas. Entro il 2030 sarā la seconda causa di morte nel mondo

Le Associazioni di pazienti si uniscono in una Federazione

L’annuncio è stato dato a Roma durante “Quality e Innovation in Pancreatic cancer”, evento realizzato in occasione della Giornata mondiale del tumore al pancreas. In Italia ogni anno circa 13.000 persone si ammalano di tumore del pancreas. Tra le iniziative in progetto verranno illuminati più di 80 monumenti in Italia per sensibilizzare sulla patologia.

È considerato uno dei tumori con la prognosi più severa, aggressivo e nella maggior parte dei casi letale. Si tratta del cancro al pancreas che negli ultimi 15 anni ha fatto registrare quasi un 60 per cento di aumento di casi. Per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere più fondi per la ricerca nel 2018 sarà costituita una vera e propria Coalizione Nazionale, che vedrà le Associazioni pazienti unirsi in una Federazione. L’annuncio è stato dato a Roma durante “Quality e Innovation in Pancreatic cancer”, evento realizzato in occasione della Giornata mondiale del tumore al pancreas.

“Il primo progetto in cantiere è quello di creare una piattaforma web che possa interfacciarsi con le istituzioni in maniera efficace, dove far convogliare in maniera ufficiale tutte le informazioni sulla malattia, sui trattamenti, sui Centri di riferimento, una sorta di vademecum ufficiale per il paziente”, spiega Francesca Mella vicepresidente dell’Associazione Nastro Viola, una delle quattro associazioni di pazienti che formerà la coalizione insieme alla Fondazione Nadia Valsecchi, Oltre la ricerca e Progetto My Everest (tutte formate da persone che hanno avuto in famiglia esperienza diretta di questa patologia).

In Italia ogni anno circa 13.000 persone si ammalano di tumore del pancreas. “E purtroppo la maggior parte non ne sopravvive - spiega Gabriele Capurso,  esponsabile gastroenterologia Ospedale Sant’Andrea -. È attualmente la quarta causa di morte per tumore nei paesi occidentali, uccide più di quelli del seno, del colon e dello stomaco e le proiezioni dicono che presto sarà la seconda. Il fumo è il principale fattore di rischio modificabile, poi l'obesità, l'eccesso di alcolici, il diabete, una dieta troppo ricca di grassi e carboidrati. La familiarità per la stessa malattia è un fattore di rischio ulteriore, e soggetti con due o più familiari che ne sono stati affetti, o con sindromi genetiche associate a un rischio elevato, dovrebbero rivolgersi a centri che praticano protocolli di screening. Purtroppo però solo il 2 per cento dei finanziamenti per la ricerca sui tumori è rivolto a questa malattia”.

L’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (Aisp) segue l’evolversi di studi su nuove terapie che possano migliorare la qualità di vita dei pazienti. “In particolare la terapia a base di formulazione liposomiale pegilata, nota anche come Nal-Iri, sembra essere molto efficace e più mirata - spiega Luca Frulloni presidente Aisp -. Va detto che negli ultimi anni, in generale, i protocolli chemioterapici sono molto migliorati, sia in termini di sopravvivenza che di riduzione della massa tumorale, nei casi in cui i pazienti non siano operabili. Esistono adesso trattamenti efficaci che permettono di ridurre la massa neoplastica e poter quindi sottoporre i pazienti all’intervento chirurgico in seconda battuta”.

Quest’anno in Italia i monumenti e i luoghi illuminati per accendere i riflettori su questa patologia sono stati circa 80. “È un dato importante perché noi abbiamo lanciato questa iniziativa tre anni fa con soli 15 luoghi, poi ne abbiamo avuti una cinquantina e oggi siamo arrivati a 80, conclude Mella. Quindi, i cittadini sono sempre più sensibilizzati su questo problema. Sono, tra l’altro, monumenti di una certa rilevanza, come la Mole Antonelliana, la Reggia di Caserta, il Maschio Angioino a Napoli. Il senso di questa iniziativa è quello ovviamente di fare luce sul problema, di puntare il riflettore sulla patologia e sulla necessità che la ricerca vada avanti” conclude Mella.

Tratto da: Quotidiano Sanità, 21 novembre 2017