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Nipote in dialisi e lo zio gli dona un suo rene

ASIAGO: «Non chiamatemi eroe. Ho solo fatto quello che il mio cuore mi diceva di fare». Sergio Pellegrini, 53enne asiaghese, rifiuta ogni plauso od onore per aver donato un rene al nipote Ugo Stefani da anni in dialisi, prima peritoneale e poi ematica. Un’opposizione che però non fa presa sul nipote 40enne e sugli zii Clerio e Clara che lo guardano con infinita gratitudine. «Mi ha ridato una vita – commenta commosso Ugo diagnosticato con problemi renali a 14 anni – Prima per cinque anni ero costretto a praticarmi la dialisi peritoneale quattro volte al giorno. Una situazione che mi limitava in tutto; nel lavoro, nella vita sociale, negli affetti. Poi, tre anni fa, la peritoneale non bastava più. Le condizioni dei miei reni sono peggiorate molto, tanto che infine sono stato obbligato a passare all’emodialisi. Per tre volte la settimana e quattro ore per volta ero bloccato su una poltrona in ospedale attaccato a una macchina». «Il peggioramento dei reni mi ha costretto a lasciare il mio lavoro – continua Ugo – Avevo un locale ben avviato ma la mia salute peggiorava e non potevo più proseguire. A ogni visita, i medici mi davano notizie sempre peggiori fino a quando il primario di nefrologia di Vicenza, Claudio Ronco, mi ha detto che l’unica soluzione che restava era il trapianto». Alla parola trapianto la famiglia Stefani si è mobilitata. Poi uno a uno i membri venivano esclusi: la mamma Clara per motivi di salute, papà Clerio, subito ritenuto idoneo è stato poi escluso per alcuni parametri fuori range, altri famigliari per varie incompatibilità. Le speranze di Ugo scemavano convinto oramai che il suo destino sarebbe stato quello di rimanere attaccato alla macchina. «Vivi con l’innaturale speranza che prima o dopo arrivi un rene da qualcuno che ha perso la vita – racconta Ugo – poi è arrivato mio zio supereroe». «I medici mi hanno subito detto che essendo fratello della madre le possibilità di compatibilità erano buone – riprende il racconto Sergio, buttando un’occhiataccia al nipote per quel supereroe – In breve tempo mi hanno sottoposto ad una lunga serie di analisi fino all’annuncio finale». Un “idoneo” arrivato il giorno del 40 esimo compleanno di Ugo, il primo luglio. «Già alla risposta positiva – spiega Ugo - sentivo di rinascere». Sono seguiti poi 2 mesi e mezzo di visite mediche a Sergio fino alla notifica dell’equipe del San Bortolo che il trapianto si poteva fare. Data fissata il 4 dicembre con i chirurghi Oscar Banzato e Francesco De Marchi che hanno prima espiantato il rene di Sergio e subito dopo rimosso i reni malandati di Ugo per trapiantare il rene dello zio. Qualche settimana di cure post operatorie e Ugo è riuscito a ritornare a casa per festeggiare il Natale con la famiglia, in particolare con il suo zio “supereroe”. «Dopo qualche giorno mi sono guardato allo specchio – continua Ugo – e mi sembrava di aver 30 anni. Stavo bene. Il mio corpo riprendeva forza e io coraggio. Solo dopo un po’ sono riuscito a rendermi conto di cosa il mio zio mi ha donato; non un rene ma la vita. La vita ora è cambiata per tutti e le preoccupazioni sembrano già cose di un lontano passato. Vivo prendendo dei medicinali ma senza dover più fare l’emodialisi; non ho particolari limitazioni o prescrizioni. Sono di nuovo vivo». «La decisione non è stata per nulla difficile – conclude Sergio – grazie anche alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto in questa scelta. Dopo aver vissuto questa esperienza, dopo aver visto quanti soffrono in attesa di un organo per ritornare a vivere come Ugo, vorrei solo chiedere a tutti di pensare alla donazione. Non si salva solo una persona ma si dona la vita».

Tratto da: Il Giornale di Vicenza, Gerardo Rigoni, 03 gennaio 2019