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Diabete e linguaggio: le parole giuste

Quali parole usare quando si parla di diabete?

Non è una domanda che riguarda solo la forma o la buona educazione, perché le parole sono azioni e hanno un impatto concreto sulla vita e sulla salute di chi ha il diabete.

Gli studi del neurofisiologo Benedetti sull’effetto placebo e sull’effetto nocivo hanno dimostrato l’importanza del contesto in cui la cura viene veicolata ed in particolare dell’elemento di contesto più facilmente controllabile: le parole.

Il modo in cui parliamo delle e alle persone con diabete gioca un ruolo fondamentale nell’engagement, nella comprensione e nella gestione del diabete e ha ricadute importanti sulla motivazione, sui comportamenti, sugli outcome clinici e sul benessere psicosociale.

Soprattutto gli operatori sanitari dovrebbero scegliere con consapevolezza e responsabilità il linguaggio utilizzato durante le visite e le sessioni di educazione terapeutica. Ma è sufficiente lasciare questa scelta alla sensibilità individuale?

Una task force composta da rappresentanti dell’American Association of Diabetes Educators (AADE) e dell’American Diabetes Association (ADA), ha messo a punto delle raccomandazioni sul linguaggio a partire da una revisione della letteratura scientifica.

Purtroppo non esiste una versione italiana delle raccomandazioni, ma alcuni principi di base sono facilmente traslabili anche nella nostra lingua.

Si consiglia di usare un linguaggio:

1.neutro, non giudicante e basato su fatti, azioni o sulla fisiologia/biologia

(that is neutral, nonjudgmental, and based on facts, actions, or physiology/biology)

I termini “compliance” e “aderenza alla terapia”, per esempio, non sono soltanto tecnicismi, ma insinuano un giudizio morale: basta attenersi ai fatti per evitare di passare messaggi colpevolizzanti, come definire un paziente “difficile” o “noncompliante”. “Giorgio ha preso i farmaci circa la metà delle volte”; “Giovanna sta prendendo i farmaci, ma i farmaci non abbassano a sufficienza i livelli di glucosio”.

2.non stigmatizzante

(that is free from stigma)

Definire una persona utilizzando il sostantivo “diabetico” gli assegna un’etichetta che mette l’accento sulla malattia prima che sulla persona. Giovanni ha il diabete, non è diabetico.

Anche parlare di “persona che soffre di diabete” è potenzialmente stigmatizzante: non possiamo sapere se quella persona che ha ricevuto la diagnosi di diabete “soffre” e utilizzare questo termine rischia di identificarla con una vittima, ancora una volta un soggetto passivo.

3.basato sulle risorse e sui punti di forza, rispettoso, inclusivo e che comunichi speranza

(that is strengths based, respectful, inclusive, and imparts hope)

Ovvero riconoscere al paziente, attraverso le parole, gli obiettivi raggiunti come suoi traguardi personali ed evitare di colpevolizzarlo per gli obiettivi mancati.

Frasi minacciose come “se continua così diventerà cieco!” non sono una buona tattica da nessun punto di vista: i pazienti sono a conoscenza dei rischi e spesso è proprio la paura che genera l’evitamento. Una tattica alternativa? “Sempre più persone vivono a lungo e in salute con il diabete. Vediamo insieme come costruire un piano terapeutico che lei possa gestire nella sua vita quotidiana”.

4.che promuove la collaborazione tra pazienti e operatori

(that fosters collaboration between patients and providers)

Spesso pazienti e operatori sanitari sembrano parlare due lingue diverse, ma non si tratta soltanto di una difficoltà legata al gergo tecnico. Alcuni modi di dire pongono il paziente nel ruolo del bambino che deve obbedire a quanto il medico dice. Sostituire gli imperativi con i suggerimenti (“cosa ne pensa di…?”) e la parola “regola” con “scelta”, per esempio, può favorire l’empowerment del paziente e caratterizzare la relazione come incontro e dialogo tra due esperti.

5.centrato sulla persona

(that is person centered)

Una cura centrata sul paziente è rispettosa e si adatta alle preferenze personali, ai bisogni e alle esigenze e le decisioni cliniche sono guidate dai valori del paziente non del medico. Il linguaggio centrato sulla persona è un linguaggio che considera la persona nella sua interezza, non solo come una patologia. Anche con le parole si comunica empatia, supporto e rispetto.

Fonte

Jane K. Dickinson, Susan J. Guzman, Melinda D. Maryniuk, Catherine A. O’Brian, Jane K. Kadohiro, Richard A. Jackson, Nancy D’Hondt, Brenda Montgomery, Kelly L. Close, and Martha M. Funnell, The Use of Language in Diabetes Care and Education, Diabetes Care2017;40:1790–1799

Tratto da: Diabete.net, Francesca Memini, 14 gennaio 2019