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Infarto. Per prevenire un nuovo episodio, meglio eliminare la pancia

Il grasso addominale conferma i suoi effetti negativi sul cuore: un girovita troppo abbondante aumenta il rischio di andare incontro a un altro infarto nei pazienti che ne hanno già subito uno. Lo hanno scoperto gli autori di uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology. A prima vista non sembra una grande novità: l’obesità addominale è da tempo associata a un maggiore rischio di eventi cardiovascolari. Ma finora l’attenzione degli studi si era concentrata sul primo episodio di ictus o infarto. Ora l’eccesso di adipe sul ventre viene ritenuto un fattore di rischio anche per le recidive. Ed è un fatto singolare, visto che i pazienti che hanno avuto un infarto assumono medicine che dovrebbero proteggere il cuore.

I ricercatori hanno seguito per circa 4 anni 22mila pazienti dopo il primo infarto monitorandone periodicamente la circonferenza dell’addome. Questi dati sono stati poi confrontati con l’insorgenza di eventi cardiovascolari come infarto e ictus.

La maggior parte dei pazienti (il 78% degli uomini e il 90% delle donne) soffriva di obesità addominale (circonferenza della vita di 94 cm o superiore per gli uomini e 80 cm o superiore per le donne).

L'aumento dell'obesità addominale è risultato associato in modo indipendente con gli episodi di infarto e ictus fatali e non fatali, indipendentemente da altri fattori di rischio (come fumo, diabete, ipertensione, pressione sanguigna, lipidi nel sangue e indice di massa corporea). La circonferenza della vita si è rivelata un indicatore più importante per gli eventi ricorrenti rispetto all'obesità generale: il grasso addominale si è mostrato in grado di contrastare gli effetti protettivi dei farmaci generalmente prescritti ai pazienti che hanno avuto un infarto (prevenzione secondaria).

«La ragione per cui l'obesità addominale è molto comune nei pazienti con un primo infarto è che è strettamente legata a condizioni che accelerano il blocco delle arterie attraverso l'aterosclerosi. Queste condizioni comprendono l’ipertensione, la glicemia alta, l’insulino-resistenza (diabete) e l’aumento dei livelli di lipidi nel sangue.

I nostri risultati, tuttavia, suggeriscono che potrebbero esserci altri meccanismi negativi associati all'obesità addominale che sono indipendenti da questi fattori di rischio e non sono ancora noti. Nel nostro studio, i pazienti con un aumento dell’obesità addominale mostravano un rischio elevato di eventi ricorrenti nonostante fossero in terapia con farmaci che abbassano i tradizionali fattori di rischio associati all'obesità addominale - come antiipertensivi, farmaci per il diabete e farmaci ipolipemizzanti», ha dichiarato Hanieh Mohammadi del Karolinska Institute di Stoccolma che ha guidato lo studio.

In sostanza, l’obesità addominale non solo aumenta il rischio di andare incontro a un infarto, ma rende più probabile gli episodi successivi anche nelle persone in terapia farmacologica.

«Mantenere una circonferenza della vita nella norma è importante per prevenire futuri attacchi di cuore e ictus, indipendentemente da quanti farmaci si possano assumere o da quanto siano buoni gli esami del sangue. L'obesità addominale può essere combattuta seguendo una dieta sana ed equilibrata e un'attività fisica regolare», ha concluso Mohammadi.

Tratto da: Healthdesk, 03 febbraio 2020