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Gestire il colesterolo-LDL nei soggetti diabetici tipo 2

In un articolo pubblicato su British Medical Journal, David Sacker definì la medicina basata sulle evidenze come “l’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze nel prendere decisioni sulla cura dei singoli pazienti”. In questa definizione, ancora una volta, traspare la necessità di individualizzare gli interventi, modulandoli non sulla base di predefinite condizioni, ma considerando le notevoli variabilità nei singoli soggetti, legate a differenze demografiche e cliniche. Tutto questo si attaglia in modo particolare ai soggetti diabetici. Se è vero che la popolazione diabetica presenta mediamente un rischio cardiovascolare (CV) più elevato rispetto alla popolazione non diabetica, è anche vero che la variabile presenza di fattori di rischio CV, danni d’organo e patologie associate configura livelli di rischio CV diversi; inoltre la frequente presenza nei soggetti diabetici di comorbilità, unita alla necessità di politerapie, presuppone attenzioni e approcci spesso diversificati. Questi aspetti sintetizzano l’importanza della medicina orientata sul paziente, tipica del setting della Medicina Generale. In tutti i soggetti diabetici, per i motivi sopra esposti, deve essere accuratamente stratificato il rischio CV globale, e in quest’ottica assume un’importanza centrale la valutazione del profilo lipidico, l’individuazione del target di colesterolo-LDL (C-LDL) rispetto alla stratificazione del rischio CV globale, l’appropriato trattamento e l’attento monitoraggio longitudinale. Una buona gestione in Medicina Generale deve partire dalla medicina basata sulle evidenze, deve considerare le disposizioni normative (note AIFA) e deve tarare le decisioni, di volta in volta, sul singolo paziente. È utile sintetizzare e schematizzare le indicazioni circa il trattamento delle dislipidemie nei soggetti diabetici contenute nella Nota 13 e i riflessi nella pratica clinica del medico di medicina generale (MMG) dei risultati dello studio improve-it. La Nota 13 considera i pazienti diabetici senza fattori di rischio CV e senza danno d’organo a rischio alto (con target terapeutico del C-LDL < 100 mg/dl) e a rischio molto alto (con target terapeutico del C-LDL < 70 mg/dl) quelli con uno o più fattori di rischio CV e/o marker di danno d’organo (come la microalbuminuria). La terapia in questi soggetti può essere intrapresa contemporaneamente alle modifiche dello stile di vita (cioè a differenza dei soggetti a rischio medio, non è necessario attenderne gli esiti). In entrambi i casi è possibile utilizzare in prima battuta simvastatina, pravastatina, fluvastatina, lovastatina e atorvastatina (quest’ultima preferenzialmente se sia necessario un abbattimento del C-LDL > 50% per raggiungere i target indicati). Nel caso in cui tale obiettivo non sia stato raggiunto alle massime dosi tollerate, la nota autorizza come farmaci di 2° linea la rosuvastatina o l’ezetimibe in associazione precostituita o estemporanea in aggiunta a una qualsiasi delle statine già assunte dal paziente.

Tuttavia (più in generale) si ricorda che l’ezetimibe (e ciò ovviamente riguarda i anche i diabetici sia in prevenzione primaria che secondaria) può essere prescritto anche in monoterapia se è stata accertata un’intolleranza alle statine. In conclusione e in pratica la Nota 13 attualmente non consente un uso in prima battuta dell’associazione (estemporanea o precostituita) di una statina + ezetimibe neppure nei soggetti a rischio molto alto, come è avvenuto nello studio Improve-it. In questo trial i pazienti diabetici rappresentavano il 27% dei reclutati e il vantaggio di simvastatina-ezetimibe è stato confermato in quasi tutti i sottogruppi prespecificati, anche se è apparso essere particolarmente pronunciato proprio nei pazienti con diabete mellito. Ma circa l’uso di quale farmaco di prima linea considerare in diabetici a rischio CV molto alto (ad es. dopo un evento CV) è necessario attendere ulteriori conferme/analisi e la posizione che eventualmente assumerà l’AIFA. Bisogna solo doverosamente ricordare che non tutte le linee guida accettano la teoria dei target del C-LDL e che il raggiungimento di target stringenti non è un obiettivo semplice da ottenere nella pratica clinica, perché il MMG deve fare i conti con moltissimi altri problemi, in particolare con le comorbilità e le politerapie, aspetti particolarmente cogenti nei diabetici (oltre all’aderenza e alla compliance, e ai veri o presunti effetti avversi delle statine. Per i diabetici senza eventi CV, infine, la Nota 13 considera a rischio molto alto i pazienti con almeno un fattore di rischio CV e/o danno d’organo (che sono quindi assimilati a quelli con un evento CV). Anche questa posizione non è da tutti condivisa. Per esempio gli stessi standard di cura italiani del diabete considerano la presenza di “multipli fattori di rischio”, le linee guida ADA 2015 collocano il paziente con uno o più fattori di rischio CV (ipertensione, LDL > 100 mg\dl, fumo, obesità sovrappeso) a un livello di rischio intermedio-alto, e le linee guida NICE 2015 consigliano di calcolare il livello di rischio in ogni caso con l’algoritmo QRISK2 (reperibile al link: http://www.qrisk.org/), che considera in più rispetto a fattori di rischio dell’ESC

l’insufficienza renale cronica stadio 4 o 5 DOKI, l’artrite reumatoide, la fibrillazione atriale, il rapporto colesterolo totale/HDL e il BMI). Le linee guida ACC/AHA consigliano infine di trattare con statina tutti i diabetici di 40-75 anni con LDL compreso tra 70-189 mg\dl. A nostro parere in prevenzione primaria anche il paziente diabetico necessita di una valutazione multifattoriale del rischio CV (con carta ESC o meglio con l’algoritmo ISSCuore), integrandola con altri elementi non contenuti nell’algoritmo stesso, ad esempio la familiarità per cardiopatia ischemica precoce, l’obesità, la microalbuminuria, l’IRC, ecc.) e una volta stabilita la necessità di trattamento con un farmaco per abbassare il colesterolo, si devono applicare le regole della Nota 13 sopra enunciate. L’ultima considerazione riguarda i diabetici con una dislipidemia familiare nel qual caso non è necessaria la valutazione del rischio CV e il trattamento deve portare a un target del C-LDL < 100 mg\dl (sempre in prevenzione primaria) utilizzando tutti i farmaci a nostra disposizione (statine, ezetimibe e se necessario anche i fibrati e gli omega 3).

Bibliografia Sackett DL, Rosemberg WMC, Gray JAM, et al. Evidence Based Medicine: what it is and what it isn’t. BMJ 1996;312:71-2.

Damiano Parretti (Responsabile Nazionale Area Cardiovascolare SIMG) e Gerardo Medea (Responsabile Nazionale Area Metabolica SIMG)

Tratto da: Rivista Società Italiana di Medicina Generale, 11 febbraio 2020