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L’inibizione SGLT2 nei pazienti diabetici: focus sulla nefroprotezione

Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta un importante problema di salute pubblica, con un impatto significativo sulla morbilità e la mortalità cardiovascolare, nonchè un fattore di rischio determinante per la progressione della malattia renale cronica. Diverse terapie ipoglicemizzanti si sono dimostrate utili per gli esiti clinici, mentre altre non sono riuscite a fornire un miglioramento della funzione cardiovascolare e renale, riducendo solo i livelli di glucosio nel sangue. Recentemente, gli inibitori del Co – trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2), quali empagliflozin, dapagliflozin e canagliflozin, hanno evidenziato risultati molto promettenti in diversi studi clinici, soprattutto per quanto riguarda la riduzione della mortalità cardiovascolare, la riduzione dei ricoveri ospedalieri per insufficienza cardiaca, la riduzione dell'albuminuria ed il mantenimento a lungo termine del tasso di filtrazione glomerulare. Gli effetti benefici degli inibitori SGLT2 derivano dal loro principale meccanismo d'azione, che avviene a livello prossimale del nefrone, il quale comporta un incremento dell’eliminazione renale del glucosio e, contestualmente, della natriuresi. Questo porta ad un aumento del riassorbimento di sodio a livello dell'apparato iuxtaglomerulare, mediante attivazione del feedback tubulo glomerulare e riduzione del grado di ipertensione intraglomerulare, una condizione fisiopatologica frequente nei pazienti affetti da nefropatia diabetica. Inoltre, questa classe di farmaci presenta un profilo di sicurezza adeguato e dovrebbero essere parte integrante dell'approccio terapeutico iniziale per fornire, oltre al controllo glicemico, cardio - e, soprattutto, renoprotezione a lungo termine.

Fonte: Rev Assoc Med Bras (1992). 2020 Jan 13;66Suppl 1(Suppl 1):s17-s24. doi: 10.1590/1806-9282.66.S1.17.

Tratto da: Cardiolink, 22 aprile 2020