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Così lo smartphone scopre se sei diabetico

Uno studio americano mette a punto un algoritmo che utilizza la fotocamera del cellulare per individuare i segnali della malattia. Con precisione ed efficacia.

Quell'oggetto inseparabile della nostra vita che si chiama smartphone potrebbe aiutarci a individuare i segnali del diabete in chi non sa ancora di avere la malattia (e solo in Italia sono oltre un milione di persone sui circa 4 già diagnosticati). I ricercatori della UCSF, la University of California-San Francisco, hanno infatti sviluppato un biomarcatore digitale low cost  che userebbe la fotocamera dello smartphone per individuare il diabete di tipo 2 senza esami o prelievi e a casa propria.

I vantaggi

Il diabete di tipo 2 conta 450 milioni di affetti nel mondo, 32 soltanto negli Stati Uniti. Ed è una patologia che aumenta il rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari (secondo i Cdc americani lo raddoppia), prima causa di morte nel mondo, insufficienza renale, cecità. Durante la pandemia i diabetici hanno anche fatto registrare un aumento del rischio di sintomi severi di Covid 19. Ad oggi nel mondo la metà dei diabetici non sa di esserlo, correndo rischi per la propria salute.

“La capacità di individuare il diabete utilizzando un test indolore con il proprio smartphone apre a molte possibilità - spiega Geoffrey H. Tison, co-autore e professore di Cardiologia nello studio su Nature Medicine - soprattutto può aiutare a individuare chi è ad alto rischio di avere il diabete, aiutando a far emergere i non diagnosticati”.

Il sistema

Il sistema utilizzato utilizza la tecnologia che già è prevista dagli smartphone e ha il vantaggio di poter essere utilizzata anche da chi non ha accesso alle cure mediche tradizionali. “Ad oggi mancano dispositivi non invasivi e ampiamente modulabili - ragiona l'autore principale dello studio, Robert Avram, cardiologo - e proprio questa mancanza ci ha motivato a sviluppare questo algoritmo”. Nello sviluppo del biomarcatore i ricercatori hanno ipotizzato che la fotocamera dello smartphone potesse essere utilizzata per individuare il danno vascolare dovuto al diabete misurando segnali chiamati Ppg (fotopletismografia, tecnica che riflette e individua i cambiamenti nel volume di sangue nei vasi, ndr), che la maggior parte dei dispositivi, compresi smartphone e fitness trackers, sono in grado di acquisire. I ricercatori hanno utilizzato il flash del telefono e la fotocamera per misurare i Ppg, catturando i cambiamenti di colore sul polpastrello corrispondente ad ogni battito cardiaco.

Una app

Nello studio su Nature Medicine, i ricercatori della UCSF hanno ottenuto circa 3 milioni di PPG registrati da  53,870 pazienti nello studio eHeart che aveva utilizzato una app (Azumio Instant Heart Rate) sull'iPhone e ai quali un medico aveva già diagnosticato il diabete. Questi dati sono stati utilizzati per sviluppare e validare un algoritmo basato sulla tecnologia dell'apprendimento delle macchine per individuare la presenza di diabete utilizzando segnali Ppg misurati con lo smartphone.

I risultati

L'algoritmo ha identificato correttamente la presenza di diabete in oltre l'81% dei pazienti in due raccolte dati separate. Tra i pazienti per i quali l'algoritmo ha stabilito che non avessero diabete, tra il 92 e il 97% non avevano effettivamente la malattia. Quando poi la previsione derivata da Ppg si incrociava con altri dati facilmente ottenibili (età, genere, indice di massa corporea, etnia) le performance erano ancora migliori.

Motivo per cui, con risultati predittivi così notevoli, gli autori hanno concluso che questo sistema può essere utilizzato per raggiungere ampi gruppi di persone per uno screening, che dovrà poi essere confermato con una diagnosi medica.

“Abbiamo dimostrato che la performance dell'algoritmo è confrontabile con quella dei test usati più comunemente, come la mammografia per il tumore alla mammella o il Pap test per il cancro alla cervice. Inoltre è indolore, cosa che certamente è importante per l'utilizzo ripetuto”, spiega l'autore dello studio, Jeffrey Olgin, professore di Cardiologia alla UCSF. “Un sistema largamente accessibile come questo potrebbe essere utilizzato per identificare e incoraggiare le persone ad alto rischio a cercare cure mediche e un test di conferma low cost”. Ovviamente gli autori sottolineano l'importanza di nuovi studi per determinare l'efficacia di questo approccio per specifiche applicazioni cliniche, come screening o monitoraggi terapeutici.

Tratto da: La Repubblica Salute, 20 agosto 2020