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Retinopatia diabetica, una cecità evitabile “ma l’esame del fundus oculi, non è più esente dal ticket per i pazienti diabetici”

La retinopatia diabetica interessa circa il 30% della popolazione con diabete, ed è la prima causa di ipovisione e di cecità nei Paesi sviluppati. Si verifica come risultato di un danno stratificato, nel lungo periodo, a carico dei piccoli vasi sanguigni della retina, fino a creare veri e propri “sfiancamenti” (detti microaneurismi), con trasudazione della parte liquida del sangue in prossimità della regione maculare che, a sua volta, può provocare l’edema maculare diabetico.

“Un elemento chiave per far sì che la situazione patologica del paziente non si aggravi, è il ‘tempismo’ e, per ottenere questo risultato, c’è un’altra parola fondamentale che è screening”, spiega il prof. Francesco Bandello, Direttore della Clinica Oculistica Vita e Salute – Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. “Dobbiamo far sì che il paziente diabetico arrivi all’attenzione dello specialista per rilevare eventuali alterazioni del fondo oculare. E che ci arrivi velocemente, perché sia i trattamenti farmacologici che quelli strumentali producono risultati nettamente migliori quando si eseguono in una fase precoce. Tutto ciò servirebbe a migliorare la situazione di vista e di vita dei pazienti diabetici, e si tradurrebbe anche in un enorme risparmio per l’economia sanitaria”.

“Un dato ricorrente, che emerge da numerose survey nazionali e internazionali, è che la principale preoccupazione della popolazione generale, e dei diabetici in particolare, è la perdita della vista”, aggiunge Massimo Porta, professore di Medicina Interna e direttore della Scuola di Medicina Interna, del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino. “Ma finora, in sostanza, non si è fatto molto per la prevenzione. A livello di popolazione diabetica, solo un 10% esegue un controllo regolare della vista. Se consideriamo, poi, i pazienti seguiti nei centri di diabetologia la situazione è leggermente migliore, ma non ancora ottimale. Da un punto di vista professionale, abbiamo necessità di una maggior condivisione delle proposte. Se da un lato la popolazione generale ha acquisito una maggior sensibilità sulle problematiche e le conseguenze del diabete, dall’altro i pazienti non sono ancora sufficientemente informati sull’importanza di seguire in modo costante un percorso terapeutico, come il fatto di sottoporsi regolarmente ai controlli medici. Purtroppo, a questo quadro, si aggiungono i problemi ‘burocratici’ che comunque contribuiscono a ridurre l’accesso dei pazienti alle cure. Vorrei ricordare – conclude Porta – che, nell’ultima riforma dei LEA, l’esame del fundus oculi non è più esente dal ticket per i pazienti diabetici”.

“Il problema della retinopatia diabetica è che, rispetto ad altre malattie retiniche, i suoi sintomi compaiono tardi, quando la malattia è già in fase avanzata”, aggiunge il prof. Edoardo Midena, Direttore della Clinica Oculistica e della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università degli Studi di Padova. “Se non c’è un programma di screening in cui si riesce ad individuare il paziente all’inizio della perdita visiva, quando una persona arriva da noi specialisti è ormai in una situazione grave, in quanto manifesta già un calo del visus. E poiché la causa di quest’ultimo problema è l’edema maculare, la maggior parte degli sforzi fatti di recente nella ricerca dei trattamenti della maculopatia diabetica si sono concentrati nell’identificare precocemente e nel trattare adeguatamente proprio questa problematica”.

“Il paziente con edema maculare, nella maculopatia diabetica, deve sottoporsi a una serie di accertamenti presso una struttura specializzata, che servono a identificare il tipo di edema, in base al quale si prescriverà una terapia adeguata”, afferma il prof. Stanislao Rizzo, direttore di Oculistica presso il Policlinico Gemelli di Roma. “Nei casi più gravi, la terapia iniettiva, con iniezioni intravitreali anti VEGF è considerata la più appropriata. In questa categoria farmacologica ci sono farmaci che, per esempio, vanno iniettati a scadenze mensili, almeno all’inizio; altri che hanno intervalli di trattamento più lungo”.

Tratto da: clicMedicina, 08 ottobre 2020