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Effetti di sotagliflozin in giovani adulti con diabete tipo 1 mal controllato

Punti chiave

Domanda: Qual è il profilo di sicurezza ed efficacia di sotagliflozin, un inibitore di SGLT2 con azione inibitoria anche su SGLT1 a livello intestinale, in giovani adulti con diabete tipo 1 scompensato?

Risultati: In questo studio di fase 2, randomizzato e controllato con placebo, in doppio cieco, la terapia con sotagliflozin, alla dose di 400 mg/die per 12 settimane, si è dimostrata superiore al placebo in termini di riduzione della glicemia postprandiale, del peso corporeo e del raggiungimento del target di HbA1c <7,0%, ma non in termini di riduzione di HbA1c, con un buon profilo di tollerabilità e senza episodi di chetoacidosi.

Significato: I giovani adulti (18-30 anni) con diabete tipo 1 mal controllato rappresentano una popolazione in cui il raggiungimento dei target è complesso, il rischio di chetoacidosi elevato ed in cui l’aggiunta alla terapia insulinica di ipoglicemizzanti orali è stata poco studiata. Questo trial di fase 2 sembra dimostrare un buon profilo di efficacia e tollerabilità di un inibitore di SGLT2 con azione anche su SGLT1, senza incremento del rischio di chetoacidosi.

 

A cura di Eugenio Alessi

 

Molto frequentemente i giovani adulti con diabete tipo 1 hanno un controllo glicometabolico non ottimale e rappresentano la categoria di pazienti, insieme agli adolescenti, a più alto rischio di chetoacidosi. Ciò accade per molteplici motivi: la non semplice transizione dalle cure pediatriche, la necessità di affrancarsi dalle cure genitoriali, la maggiore esposizione a comportamenti “a rischio”, la difficoltà a porre in primo piano gli outcomes di salute. Esistono già evidenze in letteratura che mostrano i benefici dell’associazione di SGLT2-inibitori alla terapia insulinica nel diabete tipo 1, in termini di riduzione di HbA1c, peso corporeo e pressione arteriosa, senza incremento del rischio di ipoglicemia, ma con aumentato rischio di chetoacidosi. L’età media dei partecipanti ai trial in questione, però, era superiore ai 40 anni.

Obiettivo dello studio condotto da Bruce Bode (Atlanta Diabetes Associates, Atlanta, Georgia, USA) e coll., e recentemente pubblicato su Diabetes Technology and Therapeutics, è stato quello di valutare efficacia e tollerabilità del sotagliflozin, un duplice inibitore di SGLT2 (cotrasportatore sodio-glucosio responsabile del riassorbimento del glucosio a livello del tubulo renale prossimale) e di SGLT1 (cotrasportatore sodio-glucosio responsabile del riassorbimento del glucosio a livello intestinale) in pazienti di età compresa fra i 18 e i 30 anni, con diabete tipo 1 scompensato (HbA1c≥9,0%) e eGFR ≥45 ml/min. Si è trattato di un trial di fase 2, randomizzato e controllato con placebo, in doppio cieco, in cui sono stati reclutati 85 pazienti, 45 trattati con sotagliflozin 400 mg/die e 42 con placebo per 12 settimane, in aggiunta a terapia insulinica (il 54,1% con microinfusore), titolata per raggiungere i target di glicemia a digiuno 80-130 mg/dl e postprandiale <180 mg/dl. Endpoint primario era la riduzione di HbA1c rispetto al basale. Fra gli endpoint aggiuntivi vi era la riduzione di HbA1c in sottogruppi prespecificati (CSII o MDI; HbA1c ≤10 o >10%) e un endpoint clinico composto da raggiungimento del target di HbA1c <7% senza episodi di ipoglicemia severa e chetoacidosi.

Da un valore al basale di 9,8%, l’HbA1c media è scesa di 1,0% nel gruppo placebo e di 1,3% nel gruppo sotagliflozin (-0,4%, IC 95% -0,8-1,0, p = 0,10, non significativo), ma nel sottogruppo prespecificato con HbA1c ≤10% la differenza era -0,8% a favore di sotagliflozin (p = 0,006). Nel gruppo sotagliflozin, rispetto al placebo, la glicemia postprandiale si è ridotta maggiormente (-86.7 vs. -23.6 mg/dl, p <0,001), come il peso corporeo (-3,5 vs. -1,2 kg, p <0,001). Una percentuale di pazienti maggiore nel gruppo sotagliflozin ha raggiunto il target di HbA1c <7,0% (16,35 vs. 2,4%, p = 0,026), senza episodi di ipoglicemia severa o chetoacidosi. Non vi era alcuna differenza significativa fra i due gruppi negli episodi di ipoglicemia e di ipoglicemia severa aggiudicati. Ci sono stati solo 3 eventi di acidosi metabolica (2 nel gruppo placebo, 1 nel gruppo sotagliflozin), di cui uno solamente è stato aggiudicato come chetoacidosi (nel gruppo placebo). Fra gli altri eventi avversi, non numerosi, infezioni micotiche genitali e diarrea (compatibili con inibizione di SGLT2 a livello renale e di SGLT1 a livello intestinale) si sono verificate in 2 pazienti, ognuna nel gruppo sotagliflozin, nel quale vi è stato anche un maggior riscontro di episodi di incremento della chetonemia capillare.

Sulla base dei risultati ottenuti gli autori concludono che l’aggiunta di sotagliflozin alla terapia insulinica in giovani adulti con diabete tipo 1 mal controllato ha migliorato la glicemia postprandiale e ridotto il peso corporeo, con una riduzione di HbA1c che non raggiungeva la significatività statistica e senza incremento dell’incidenza di ipoglicemia e chetoacidosi.

Si tratta di uno studio di fase 2, di piccole dimensioni e breve follow-up, in cui l’endpoint primario non è stato raggiunto e – essendo la significatività statistica testata gerarchicamente – i risultati per gli altri endpoint sono solo descrittivi, ma che presenta spunti d’interesse. La differenza di -0,4% di riduzione di HbA1c a favore di sotagliflozin è coerente con il raggiungimento della significatività in uno studio di fase 3, più numeroso e lungo, e appare chiaro il beneficio sul peso corporeo e sulla glicemia postprandiale. Non si sono verificati episodi di chetoacidosi nel gruppo di trattamento, nonostante la popolazione ad alto rischio e gli episodi di incremento della chetonemia, a dimostrazione che un percorso di educazione e monitoraggio della chetonemia, simile a quanto avvenuto in questo studio, può mitigare il rischio di chetoacidosi associato all’uso di SGLT2i. Si tratta di risultati che necessitano di conferma in studi di maggiori dimensioni.

DiabetesTechnol & Ther. 2021;23(1):59-69

PubMed

Tratto da: aemmedi.it, 27 gennaio 2021