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C.F. 98152160176

Che dose di ASPIRINA in prevenzione cardiovascolare secondaria?

La necessità di una terapia con aspirina in prevenzione cardiovascolare primaria, cioè nei pazienti asintomatici senza malattia cardiovascolare nota, è stata messa in discussione da studi recenti. Viceversa, l’aspirina rimane un farmaco fondamentale per la prevenzione cardiovascolare secondaria, in quanto riduce il rischio di eventi cardiovascolari in misura maggiore dell’aumento del rischio di sanguinamento. L’aspirina viene solitamente prescritta a una dose bassa, che in Italia è 100 mg o talvolta 75 mg, in altri Paesi di 75 o 81 mg. Negli Stati Uniti sono disponibili la dose di 81 mg e quella molto più alta (325 mg), con effetti anti-infiammatori; in mancanza di evidenze specifiche, entrambe le dosi vengono prescritte. Lo studio ADAPTABLE ha confrontato per la prima volta l’efficacia e la sicurezza delle due dosi in pazienti con malattia cardiovascolare e almeno un fattore di rischio aggiuntivo: età ≥65 anni, malattia renale cronica, diabete, coronaropatia trivasale, malattia cerebrovascolare, arteriopatia periferica, fumo, scompenso cardiaco, ipertensione o ipercolesterolemia. Il principale criterio di esclusione era una storia di sanguinamento gastrointestinale nell’ultimo anno. I pazienti potenzialmente eligibili sono stati identificati mediante una ricerca delle cartelle cliniche elettroniche dei 40 ospedali statunitensi partecipanti. I pazienti sono stati contattati ed è stata proposta loro la partecipazione allo studio. Sono stati infine reclutati 15.076 pazienti, randomizzati a terapia con aspirina 81 mg o 325 mg; la grande maggioranza di questi pazienti (oltre l’85%) era in terapia con aspirina 81 mg prima di entrare nello studio. Nell’analisi intention-to-treat, che confronta i gruppi in base al trattamento assegnato, i pazienti in terapia con aspirina 81 mg hanno avuto esattamente lo stesso rischio dell’endpoint primario (una combinazione di morte per ogni causa, ricovero per infarto o ictus) dei pazienti in terapia con aspirina 325 mg: hazard ratio (HR) 1,02 (intervallo di confidenza al 95% percentile [IC 95%] 0,91-1,14), p=0.75. Anche il rischio di sanguinamento maggiore con necessità di trasfusione è risultato praticamente identico: HR 1,18 (IC 95% 0,79 -1,77). Non sono state riscontrate differenze significative neanche relativamente a vari endpoint secondari e nelle analisi di sottogruppo. Lo studio non era blinded, per cui i pazienti conoscevano la dose di aspirina che assumevano. Nonostante ai pazienti fosse raccomandato di proseguire la terapia in atto, il 42% dei pazienti in terapia con aspirina 325 mg è passato a 81 mg, contro il 7% dei pazienti passati da 81 mg a 325 mg. In aggiunta, l’11% dei pazienti in aspirina 325 mg ha sospeso la terapia, contro il 7% dei pazienti in aspirina 81 mg, per cui anche la durata di trattamento è stata inferiore nel primo gruppo. Un’unica analisi esplorativa, che ha considerato la dose effettivamente assunta e la durata del trattamento, ha sollevato il dubbio di un maggiore rischio di morte, infarto o ictus nei pazienti in terapia con aspirina 81 mg. Nel complesso, lo studio ADAPTABLE ha mostrato che i due dosaggi di aspirina sono equivalenti. Il disegno dello studio (screening di cartelle cliniche, richiesta di partecipazione e coinvolgimento attivo dei pazienti) è innovativo e potrebbe essere riproposto in futuri studi. D’altro canto la mancanza di blinding e l’elevata frequenza con cui i pazienti in terapia con 325 mg sono passati autonomamente alla dose di 81 mg costituiscono importanti limitazioni e complicano l’interpretazione dei risultati.

Fonte: ACC 2021 Congress.

Tratto da: Cardiolink, 17 maggio 2021