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Diabete: il fegato potrebbe essere la chiave che apre la porta a nuovi trattamenti

Nel fegato potrebbe trovarsi la chiave per interrompere il legame tra obesità e diabete. Il grasso epatico favorisce la resistenza all’insulina ma inibendo un enzima del fegato la sensibilità all’insulina viene ripristinata.

Benjamin Renquist è un ricercatore dell’Università dell’Arizona che da anni studia le malattie associate all’obesità. Negli ultimi tempi si è dedicato in particolare a ricostruire il legame tra la steatosi epatica non alcolica (il fegato grasso), l’obesità e il diabete. Oggi il risultato di quelle ricerche è sintetizzato in due articoli pubblicati su Cell Reports che potrebbero aprire la strada a un nuovo trattamento per il diabete di tipo 2 basato proprio sul ruolo del fegato nello sviluppo della malattia. Sì, perché scoprendo il modo in cui il fegato influenza la sensibilità all’insulina, Renquist, insieme ai colleghi della Washington University in St. Louis, della Penn University e della Northwestern University, ha individuato una nuova strategia per bloccare a monte lo sviluppo del diabete 2 nelle persone obese.

Gli scienziati sono partiti da due elementi già noti: l’obesità è una delle cause del diabete 2 e i livelli di grasso nel fegato aumentano con il sovrappeso. A maggiori quantità di grasso epatico corrisponde un maggior rischio di diabete. Il che suggerisce che il grasso accumulato nel fegato possa essere tra la cause scatenanti della malattia. I ricercatori guidati da Renquist hanno voluto verificare questa ipotesi cercando di individuare il meccanismo attraverso il quale il grasso del fegato favorirebbe la resistenza all’insulina oppure indurrebbe il pancreas a produrre insulina in eccesso. 

L’attenzione si è concentrata sui neurotrasmettitori rilasciati dal fegato per scoprire se il modo in cui il fegato comunica con il cervello influenza i cambiamenti metabolici associati all’obesità.  Dagli esperimenti sugli animali è emerso che il grasso del fegato aumenta il rilascio del neurotrasmettitore inibitorio Gaba (Acido gamma-aminobutirrico), il principale responsabile nella regolazione dell'eccitabilità neuronale in tutto il sistema nervoso. Il suo compito è quello di ridurre l’attività dei nervi nell’organismo. Responsabile della produzione di Gaba nel fegato è l’enzima Gaba-transaminasi. Quando il fegato produce GABA in eccesso, l'attività dei nervi che vanno dal fegato al cervello viene ridotta. Il sistema nervoso centrale avverte il cambiamento e produce segnali che influenzano l'omeostasi del glucosio.

Gli scienziati hanno scoperto in modelli animali con diabete 2 che inibendo l’attività dell’enzima GABA transaminasi e quindi riducendo la produzione del neurotrasmettitore GABA, veniva ripristinata la sensibilità all’insulina. L'inibizione a lungo termine della GABA-transaminasi riduceva l’appetito degli animali e induceva di conseguenza una notevole perdita di peso.

Accade lo stesso negli esseri umani? Ci sono buone ragioni per pensare che il legame tra il fegato grasso, l’obesità e il diabete osservato nei topi sia analogo a quello degli umani. I ricercatori hanno scoperto infatti che nelle persone affette da obesità con insulino-resistenza, il fegato esprime più geni coinvolti nella produzione e nel rilascio di GABA.

L’applicazione clinica di questi risultati potrebbe non tardare troppo ad arrivare. Esiste già in commercio un farmaco inibitore della Gaba-transaminasi che potrebbe essere testato come terapia anti diabete per migliorare la sensibilità all’insulina nelle persone affette da obesità.

Tratto da: Healthdesk, 22 luglio 2021