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Cuore, controllare colesterolo e pressione dimezza i rischi di infarto e ictus

Con una terapia combinata scende di circa la metà il pericolo di eventi in soggetti senza precedenti patologie. Lo studio su Lancet.

L’unione fa la forza. E, nel caso del controllo del rischio cardiovascolare globale, agire contemporaneamente su pressione alta, colesterolo Ldl (quello cattivo) oltre i limiti e magari anche sull’aggregazione delle piastrine può diventare una vera polizza, per chi è a rischio di infarto ed ictus. Grazie ad una terapia combinata, magari anche in un’unica polipillola per rendere più semplice l’assunzione di vari principi attivi ad azione diversa nella giornata, si riesce infatti a colpire nello stesso tempo più obiettivi, inducendo importanti risposte in senso preventivo. I risultati in questo senso sono estremamente interessanti: con questo approccio si riduce il rischio di infarto del 53%, di ictus del 51 e di decessi per malattie cardiovascolare del 49%.

In pratica, si dà una sforbiciata ai pericoli. A segnalare questa importante opportunità, ovviamente su indicazione del medico, è una ricerca condotta dai ricercatori coordinati da Philip Joseph, docente all’Università McMaster, ricercatore al Population Health Research Institute e specialista presso l’Hamilton Health Sciences pubblicata su The Lancet e presentata al Congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc). La ricerca ha coinvolto ricercatori di 13 diversi Paesi e si è concentrata sulle terapie di combinazione a dose fissa, considerando i risultati di diversi studi (tre grandi ricerche con oltre 18.000 soggetti senza precedenti malattie cardiovascolari monitorati nel tempo) che comprendevano o meno l’acido acetilsalicilico tra le cure proposte.

Lo stile di vita

I risultati sono di grande interesse e puntano l’attenzione sull’importanza di un approccio personalizzato e combinato al rischio cardiovascolare, che tenga in considerazione le diverse variabili negative che possono influire sui pericoli futuri di infarti ed ictus, non esulando ovviamente dall’importanza di stili di vita sani. Va infatti ricordato che in quasi quattro casi su cinque un evento come infarto o ictus si presenta in soggetti che non avevano una storia precedente di malattia cardiovascolare, per cui un adeguato controllo dei fattori di rischio appare di importanza fondamentale. In questo senso, la strada da fare è ancora lunga, sia in termini di individuazione e del monitoraggio nel tempo dei fattori di rischio attraverso controlli specifici sia sul fronte del raggiungimento degli obiettivi terapeutici proposti per ogni soggetto, in base al suo livello di rischio.

Il colesterolo

Un caso classico, in questo senso, è rappresentato dalla necessità di scendere con il colesterolo Ldl, quello che tende ad accumularsi all’interno dei vasi. Nonostante i ripetuti richiami, il target terapeutico appare ancora lontano per molte persone. Lo dimostrano i dati iniziali dello studio Santorini, prima ricerca europea nata per valutare la gestione dei pazienti cardiovascolari ad alto e altissimo rischio che richiedono una terapia ipolipemizzante (che contrasta l'aumento dei lipidi nel sangue) dopo la pubblicazione delle linee guida della Società Europea di Cardiologia (Esc) e l’omologa Società per l’aterosclerosi (Eas).

Lo studio ha reclutato 9.606 pazienti: al momento dell’inserimento nell’indagine, il 18,6% dei pazienti a rischio cardiovascolare alto e molto alto non riceveva alcuna terapia ipolipemizzante. La maggior parte dei pazienti (54,1%) ha ricevuto un trattamento con un solo farmaco e le terapie di associazione sono state utilizzate solo nel 27,3% dei pazienti. Le linee guida Esc/Eas 2019 sulla gestione delle dislipidemie hanno stabilito che, per i pazienti rischio cardiovascolare alto e molto alto, più bassi sono i livelli di colesterolo Ldl più si riduce il rischio di eventi cardiovascolari. Purtroppo, però circa quattro pazienti su cinque a rischio non raggiungono gli obiettivi di Ldl prefissati.

Tratto da: La Repubblica, Federico Mereta, 11 settembre 2021