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L’obesità è ereditaria?

In Italia 1 bambino su 4 è clinicamente obeso ed è stato ampiamente dimostrato che i figli di genitori obesi o in forte sovrappeso hanno maggiore possibilità di diventare obesi a loro volta.

Questo può dipendere da una moltitudine di fattori: l’ereditarietà è fra questi?

Ne parliamo con il dottor Giuseppe Marinari, Responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Bariatrica di Humanitas.

Se i genitori sono obesi, il bambino non sarà automaticamente obeso, ma ha una maggiore probabilità di esserlo

Ciò avviene per tre fattori. Il primo è l’ambiente: l’habitat in cui il bambino cresce è importantissimo, essendo i genitori obesi, l’ambiente sarà sicuramente obesogenico (abitudini alimentari errate, sedentarietà); il secondo è la genetica in quanto tale, che di certo è meno importante dell’ambiente. Tuttavia esiste una vera e propria trasmissione di geni che predispongono all’obesità. Il terzo fattore, altrettanto importante del primo, è la trasmissione epigenetica dell’obesità: se la madre concepisce e conduce la gravidanza in stato di obesità, trasmetterà al feto delle “impronte” cellulari che determineranno delle alterazioni metaboliche predisponenti all’obesità.

Diventare obesi se i propri genitori lo sono non è un destino ineluttabile: è una forte tendenza, che può essere contrastata adottando fin da piccoli uno stile di vita diverso da quello familiare, che comporti un’alimentazione sana ed equilibrata ed attività fisica abituale.

Per quanto possa sembrare semplice poi in effetti non lo è, sia per ostacoli di tipo socio-economico (le abitudini alimentari errate sono spesso molto più economiche), sia per ovvi ostacoli culturali.

Quello che sta accadendo in Italia è in ogni modo l’opposto: gli italiani sono una popolazione adulta abbastanza virtuosa (cioè siamo meno obesi di tanti nostri vicini europei) ma abbiamo molti più bambini obesi di altri paesi.

Quando si è clinicamente obesi?

L’obesità è una malattia che si caratterizza per un accumulo patologico di grasso corporeo con conseguenze importanti per lo stato di salute e la qualità di vita.

Il parametro oggi ancora utilizzato, anche se riconosciuto come insufficiente, è l’indice di massa corporea (BMI): quando questo è pari o superiore a 30 parliamo di obesità.

Dove si accumula il grasso?

Coloro che soffrono di obesità hanno una conformazione fisica che permette di fare una distinzione approssimativa ma efficace: alcuni obesi hanno braccia e gambe magre, ma tendono ad accumulare grasso all’interno dell’addome (adipe viscerale, oppure obesità androide).

Altri tendono a ingrassare in maniera diversa, con una distribuzione sottocutanea del grasso (adipe periferico, oppure obesità ginoide). A parità di peso e di altezza, due persone possono avere una diversa distribuzione del grasso, che si traduce in un diverso rischio cardiovascolare.

L’obesità androide si definisce come “addominale” o “centrale” o “ a mela”, l’obesità ginoide viene definita “periferica” o “a pera”. Il fisico a mela avrà, appunto, maggior grasso a livello addominale, mentre il fisico a pera tenderà ad accumulare su fianchi, glutei e cosce.

Le persone obese corrono rischi differenti a seconda della localizzazione del tessuto adiposo

Chi tende ad accumulare grasso sull’addome ha più probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto a una persona che abbia una distribuzione del grasso più localizzata sui fianchi.

Questo significa che per quanto grasso è presente sul girovita, altrettanto grasso è presente intorno al cuore e agli organi interni, un’indicazione preziosa per farci rendere conto della nostra salute cardiovascolare.

Il grasso addominale si associa a diabete, ipertensione arteriosa, apnee notturne, aumento dei trigliceridi e bassi livello di colesterolo buono (HDL), e quindi a una maggiore predisposizione a ictus ed infarto.

Nell’obesità, accanto al maggiore rischio cardiovascolare, noto da sempre, è ormai evidente un maggiore rischio di tipo oncologico, non per tutti i tumori, ma per quelli in qualche modo ormonosensibili (mammella, endometrio, colon pancreas).

Tratto da: Humanitas Salute, 22 gennaio 2022