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Diabete e depressione da Long Covid: basta muoversi (anche poco)

Bastano 30 minuti di camminata al giorno per interrompere la reazione a catena dell'iper infiammazione legata a Covid.

Non è necessario correre per chilometri. Per la verità non è necessario nemmeno correre, basta muoversi un poco: anche solo una camminata di mezz'ora al giorno potrebbe aiutare a interrompere la reazione a catena del long Covid, quella che dall'iper-infiammazione dovuta al virus può portare, anche mesi dopo la guarigione, allo sviluppo di diabete e di depressione.

Infatti, nonostante oggi non esista un trattamento riconosciuto contro il Covid post acuto, secondo un team di ricercatori dell'Università di Baton Rouge in Luisiana e di Pittsburgh in Pennsylvania muoversi può essere molto utile alla causa. "Sappiamo che il long Covid provoca depressione e sappiamo che può aumentare i livelli di glucosio nel sangue al punto che le persone sviluppano chetoacidosi diabetica, una condizione potenzialmente pericolosa per la vita e comune tra quelle con diabete di tipo 1", ha detto Candida Rebello, ricercatrice del Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge e primo autore della ricerca pubblicata su Exercise and Sport Sciences Reviews.

Fattori in circolazione

Le conseguenze del long Covid includono depressione e diabete, malattie provocate da stress psicologico cronico, da disregolazione del sistema immunitario e da uno stato iperinfiammatorio, hanno ricordato gli autori. Ma il movimento può agire da moderatore di questi sintomi attraverso la stimolazione e il rilascio di fattori circolanti che mediano la risposta antinfiammatoria, supportano l'omeostasi cerebrale e aumentano la sensibilità all'insulina. In questo senso, hanno detto, l'esercizio può contrastare "le sequele neuropsichiatriche ed endocrine del long Covid" che a volte si verificano dopo mesi che la tosse o la febbre sono sparite.

Una risposta immunitaria esagerata

Lo stress psicologico che si può dover sopportare con il Covid attiva l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il sistema nervoso autonomo e il sistema immunitario e un asse disregolato porta all'attivazione del sistema nervoso simpatico e a una risposta immunitaria esagerata, che finisce per promuovere resistenza all'insulina e una disfunzione delle cellule β del pancreas (quelle che secernono insulina). "L'esercizio - ha aggiunto Rebello - contribuisce a una maggiore immuno-sorveglianza e a ridurre l'infiammazione per migliorare i risultati di salute mentale e il controllo glicemico".

L'importanza dell'attività fisica

"Sappiamo che l'attività fisica è una componente fondamentale per una vita sana. Questa ricerca mostra che l'esercizio fisico può essere utilizzato per spezzare la reazione a catena dell'infiammazione che porta a livelli alti di glucosio nel sangue e quindi allo sviluppo o alla progressione del diabete", ha detto John Kirwan, direttore esecutivo di Pennington Biomedical Research Center e coautore del paper.

Esercizio fisico sì, ma quale?

Ecco, il messaggio è chiaro: muoversi, che fa bene sostanzialmente a tutto, lo fa anche agli eventuali effetti neuropsichiatrici e endocrini del Covid. Ma di quanto movimento parliamo? "Non è necessario correre per un miglio e nemmeno camminare per un miglio a passo svelto", ha tenuto a spiegare Rebello. "Anche camminare lentamente è un esercizio. L'ideale è una sessione di esercizio di 30 minuti. Ma vanno bene anche 15 minuti alla volta in due sessioni al giorno. E anche solo 15 minuti una volta al giorno. L'importante - conclude - è provare e non importa da dove si inizia. Il livello di esercizio raccomandato si può raggiungere con gradualità".

I sintomi del long Covid

In base alla definizione dei Centers for Disease Control and prevention statunitensi il long Covid è una costellazione di sintomi debilitanti tra cui nebbia cerebrale, dolore muscolare e senso di fatica che possono durare parecchi mesi dopo la guarigione dall'infezione. Non è chiaro quante persone vadano incontro al Covid post acuto, ma, sempre secondo i CDS Usa le percentuali variano molto e vanno dal 15% all'80% di chi si è ammalato, anche se non necessariamente di forme gravi.

Tratto da: La Repubblica, Tina Simoniello, 12 aprile 2022