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Scompenso cardiaco, così la risonanza magnetica aiuterà a riconoscerlo presto

Una semplice equazione aiuta a misurare la pressione all’interno del cuore, in modo molto più preciso rispetto all’ecocardiografia. In più con la risonanza si potrà definire meglio la prognosi della patologia.

La chiamano, volgarmente, malattia del cuore "stanco". Il muscolo cardiaco, e più in particolare il ventricolo sinistro, quello che deve spingere il sangue all'interno dell'aorta per distribuirlo in tutto il corpo, non è più capace di svolgere regolarmente il suo dovere. E il risultato è la progressiva incapacità del cuore di "reggere" agli sforzi, fino al punto che i sintomi di questa situazione, dall'affanno fino alla formazione di rigonfiamenti alle caviglie e al batticuore, si manifestano anche a riposo.

Come spesso accade in medicina, arrivare presto a riconoscere la situazione è basilare per studiare il trattamento su misura caso per caso. E forse, in futuro, la risonanza magnetica potrebbe consentire di evitare il ricorso a controlli più approfonditi ed invasivi per studiare la pressione all'interno delle cavità cardiache, superando gli attuali limiti dell'ecografia del cuore, l'ecocardiogramma.

A lanciare questa ipotesi è una ricerca condotta dagli esperti dell'Università dell'East Anglia, coordinati da Pankaj Garg, e dell'Università di Sheffield. Lo studio è stato pubblicato su European Heart Journal.

Risonanza magnetica ed ecocardiografia

A rendere la scansioni della risonanza magnetica, del tutto indolore, particolarmente efficienti in termini di diagnosi dell'insufficienza cardiaca sarebbe una sorta di "sotterfugio" matematico messo a punto dagli stessi autori. Grazie ad una semplice equazione, infatti, si potrebbero superare i risultati ottenibili con la semplice ecocardiografia, in modo molto significativo. Questo esame, che registra la situazione attraverso ultrasuoni, appare preciso in circa la metà dei casi. Associando risonanza ed equazione "su misura", invece, si arriva a superare il 70% di accuratezza in pazienti che non avevano avuto corrette rilevazioni delle pressioni all'interno del cuore con l'ecocardiografia. Senza ovviamente fare alcunché di invasivo, come invece può accadere con test più specifici che prevedono la misurazione della pressione all'interno del ventricolo sinistro.

Lo studio su 835 pazienti

Per giungere a queste conclusioni i ricercatori hanno preso in esame 835 pazienti che hanno ricevuto una valutazione invasiva e una risonanza magnetica cardiaca lo stesso giorno. I soggetti sono stati reclutati dalla banca dati ASPIRE, disponibile presso l'Unità di malattie vascolare polmonare di Sheffield. Si è in particolare controllato se la risonanza magnetica cardiaca potesse prevedere la pressione di riempimento del ventricolo sinistro misurata in modo invasivo.

Sono stati quindi considerati specifici parametri chiave - volume dell'atrio  sinistro e massa del ventricolo sempre a sinistra - creando poi un'equazione per derivare in modo non invasivo la pressione nel cuore.

L'equazione, va detto, può essere applicata in qualunque centro. La speranza è che la risonanza magnetica possa progressivamente evitare nella maggior parte dei casi una valutazione invasiva, con diminuzione dei potenziali rischi per i pazienti, anche perché appare molto utile per definire la gravità del quadro dei pazienti e quindi la loro prognosi.

I vantaggi del metodo

"La risonanza magnetica cardiaca costituisce attualmente lo standard di riferimento non invasivo per la valutazione dei volumi e della massa delle cavità cardiache ed in particolare per la valutazione ventricolare - spiega Riccardo Faletti, Professore Associato di Radiologia presso l'Università di Torino e consigliere della sezione di Studio di Cardioradiologia della Società Italiana di Radiologia Medica ed Interventistica. La funzione sistolica ventricolare viene misurata di routine negli esami, così come la valutazione dei flussi valvolari. Tuttavia limiti tecnici e fisici non consentono di utilizzare nella pratica clinica la misurazione delle pressioni. In questo senso lo studio recentemente pubblicato risulta sicuramente interessante e innovativo nel consentire di valutare correttamente le pressioni atriali e ventricolari attualmente "proibite" alla risonanza magnetica cardiaca e di poter applicare questa valutazione ad altre cardiomiopatie, ischemiche e non ischemiche, di sicuro interesse clinico. In particolare, l'eventuale sviluppo futuro di questa tecnica potrebbe consentire la valutazione pressoria nello studio delle valvulopatie attualmente studiate unicamente mediante analisi dei flussi senza valutazione dei gradienti pressori, questi ultimi determinanti dello studio delle steno-insufficienze valvolari".

Tratto da: La Repubblica Salute, Federico Mereta, 29 maggio 2022