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Sintomi, cause e significato del piede diabetico

È una delle più temibili complicanze del diabete mellito, una condizione a causa della quale nel mondo ogni anno oltre 1 milione di persone perde una gamba. Parliamo del cosiddetto piede diabetico, problema ancora oggi importante e spesso invalidante: una persona diabetica ha infatti un rischio relativo di amputazione d’arto 40 volte superiore a una non diabetica. Una diagnosi tempestiva e un trattamento precoce sono di fondamentale importanza per evitare le conseguenze peggiori come appunto l’amputazione dell’arto.

Ne parliamo con il dottor Roberto Mezzetti, responsabile dell’unità di Chirurgia Vascolare del Policlinico San Marco di Zingonia. Grazie alla grande esperienza e all’alto volume, l’unità di chirurgia vascolare è centro di riferimento per il trattamento del piede diabetico e delle altre complicanze vascolari del diabete a livello provinciale e regionale, anche in virtù della collaborazione con altri ospedali del Gruppo San Donato, come gli Istituti Clinici Zucchi di Monza.

Questa sinergia fa sì che, nei casi di rivascolarizzazione o di gestione di ulcere difficili, i pazienti delle altre strutture del Gruppo possano accedere al trattamento presso il Policlinico San Marco, con un percorso diretto e in tempi brevi.

Piede diabetico: cos’è e cosa provoca

Per piede diabetico si intende una complicanza cronica del diabete mellito, che causa alterazioni anatomo-funzionali di piede e caviglia. “Questa condizione è la risultante di più malattie che tipicamente complicano il diabete mellito, ossia la forma di diabete più diffusa e legata in parte anche allo stile di vita. Una patologia a causa della quale l'organismo non produce sufficiente insulina o non risponde normalmente all'insulina, causando livelli eccessivamente elevati di zucchero (glucosio) nel sangue - spiega il dottor Mezzetti -.

In particolare, parliamo di:

  • neuropatie motorie e sensitive;
  • disfunzioni microcircolatorie;
  • estrema vulnerabilità alle infezioni;
  • macroangiopatia, cioè un'alterazione dei grossi vasi sanguigni che favorisce la comparsa precoce di aterosclerosi”.

Esiste infatti uno stretto legame tra la malattia diabetica e lo sviluppo di complicanze croniche micro e macro vascolari. “Questo dipende dal fatto che l’eccesso di zuccheri nel sangue può facilitare la comparsa dell’aterosclerosi, cioè dell’accumulo di grassi nelle pareti delle arterie, responsabile del restringimento dei grossi e medi vasi sanguigni.

L’aterosclerosi a sua volta rappresenta un fattore di rischio per:

  • eventi coronarici fatali e non fatali, per i quali nei diabetici è riportata dai diversi studi epidemiologici un’incidenza da 1,5 a 3-4 volte superiore rispetto ai non diabetici di pari età;
  • altre temibili complicanze vascolari dovute a una mancata o ridotta ossigenazione dei tessuti.

Tra questi in particolare:

  • eventi ischemici cerebrali che possono essere transitori o stabili (TIA, Ictus), quando sono coinvolte le arterie carotidee;
  • arteriopatia obliterante degli arti inferiori che si può manifestare con sintomi più o meno invalidanti dalla claudicatio, ovvero il dolore durante la deambulazione, sino alla vera e propria ischemia dell’arto. Tutte queste complicanze che riguardano il piede prendono appunto il nome di piede diabetico”.

I sintomi

Il piede diabetico può presentarsi con un ampio spettro di infezione che varia dalle ulcerazioni superficiali alla gangrena estesa del piede. “I sintomi possono comprendere:

  • temperatura aumentata del piede;
  • mancanza di sensibilità agli stimoli termici, tattili e dolorifici degli arti inferiori;
  • formicolio;
  • presenza di graffi, tagli o ulcere cutanee.

Il problema maggiore, nei pazienti diabetici, è la formazione di lesioni cutanee, anche piccole, che possono degenerare in ulcere e infezioni. Questo è dovuto alle disfunzioni microcircolatorie legate all’arteriopatia periferica: i piedi non ricevono un adeguato apporto di sangue e di ossigeno e fanno più fatica ai danni che la cute ha subìto”, continua lo specialista.

Inoltre la cute del piede diabetico diventa più sottile e fragile e quindi più vulnerabile ed esposta a infezioni che rappresentano una delle minacce più gravi poiché, se non valutate e trattate tempestivamente, possono portare alla necessità di amputare il piede interessato.

“Capita quasi sempre che le lesioni alle gambe e ai piedi compaiano senza preavviso e si aggravino anche molto velocemente. È quindi essenziale che chi soffre di diabete si sottoponga periodicamente a controlli preventivi agli arti inferiori per scongiurare il rischio di un peggioramento. Trattandosi di una patologia che con buone probabilità fa insorgere complicanze vascolari, fondamentale è anche l’esecuzione di uno screening attento delle malattie vascolari dei vari distretti corporei”.

Il trattamento: personalizzato a seconda dei casi e della gravità

La cura del piede diabetico dipende dalla gravità. “Oltre al controllo farmacologico del diabete, in generale, al fine di prevenire le complicanze vascolari del diabete, è fondamentale monitorare attentamente la vascolarizzazione degli arti inferiori e dei tronchi sovraortici. Questo è indispensabile anche nelle persone poco o asintomatiche”, suggerisce l’esperto.

In caso di infezione la cura prevede:

  • una terapia antibiotica mirata, su indicazione dello specialista, che tiene conto dell’agente patogeno responsabile dell’infezione;
  • in alcuni casi, la chirurgia.

“Nel caso di complicanze a carico degli arti inferiori si può valutare la cosiddetta rivascolarizzazione chirurgica che può essere effettuata con chirurgia tradizionale o miniinvasiva endovascolare: l’indicazione a una o all’altra tecnica deriva da un attento esame obiettivo del paziente unitamente alla diagnostica vascolare non invasiva.

Oggi la migliore conoscenza della patologia aterosclerotica degli arti inferiori in questi pazienti ha aperto nuove frontiere nell’ambito delle rivascolarizzazioni periferiche. Nel paziente diabetico le lesioni aterosclerotiche hanno una distribuzione del tutto particolare, coinvolgono principalmente le arterie tibiali e l’arteria peroniera. Si tratta di arterie molto piccole quindi di difficile approccio chirurgico ‘Open’, motivo per il quale le tecniche endovascolari hanno trovato ottimo campo di applicazione.

Esistono però ancora molti casi nei quali la chirurgia tradizionale ha ampia indicazione e casi nei quali è invece consigliato un approccio ‘ibrido’ con l’utilizzo contemporaneamente di entrambe le tecniche.

Presso il Policlinico San Marco l’esperienza dei chirurghi vascolari unitamente alla tecnologia presente è in grado di garantire le diverse possibilità terapeutiche, offrendo terapie personalizzate e le più efficaci possibili”, conclude il chirurgo vascolare.

Tratto da: Grupposandonato, 30 maggio 2022