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Diabete e sindrome 'cardio-metabolica': puntare a centralitā paziente e rete operatori ospedale/territorio

La centralità del paziente, supportato da una rete di specialisti multidisciplinari e operatori sanitari sul territorio, deve essere l'obiettivo del percorso terapeutico dei pazienti con diabete di tipo 2 che, nel 70% dei casi, sono colpiti da sindrome 'cardio-metabolica' e per i quali gli eventi cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte. È quanto emerso nel corso di un incontro organizzato da Fondazione Italiana per il Cuore (FIPC), che ha visto un confronto tra esperti nell'ambito del progetto della World Heart Federation (WHF) 'A Roadmap on the Prevention of CVD Among People Living With Diabetes'.

L'incontro, moderato da Ludovico Baldessin, è il primo di una serie di attività che verranno portate avanti da FIPC e EDRA nell'ambito di una partnership siglata recentemente.

Ad aprire il confronto è stata Emanuela Folco, presidente della Fondazione Italiana per il Cuore, che ha spiegato l'impegno dell'organizzazione all'interno del network globale coordinato dalla WHF. "Uno dei focus è la sindrome cardio-metabolica nelle persone con diabete, di cui la metà non ne è consapevole, e che è la causa di un aumento di decessi del 70% negli ultimi 10 anni", ha sottolineato Folco. A illustrare la Roadmap è stato Dan Gaita, della WHF, secondo il quale si tratta di "un documento di riferimento fondamentale per chiunque sia coinvolto nella gestione di queste patologie a partire dalla pianificazione, organizzazione, implementazione, monitoraggio e valutazione degli approcci".

Dopo questa parte introduttiva, specialisti diabetologi e cardiologi hanno tracciato lo scenario del problema cardiovascolare nelle persone con diabete. Dai dati raccolti nella Scorecard sulle malattie cardiovascolari in Italia, emerge che sono circa 3,8 milioni le persone con diabete di tipo 1 e 2, di cui il 70% è in trattamento con antiipertensivi e il 60,8% con ipolipidemizzanti. "A ulteriore dimostrazione dell'importanza del rapporto tra diabete e malattie cardiovascolari, c'è il dato allarmante sulla percentuale che oscilla tra il 60% e l'80% delle persone con diabete che muoiono a causa di malattie cardiovascolari", ha spiegato Paolo Di Bartolo, presidente della Fondazione AMD (Associazione Medici Diabetologi), secondo il quale "un ulteriore dato è rappresentato dal 20,9% di pazienti con un elevato rischio cardiovascolare, seguito dal 15% che ha già avuto infarto, ictus o complicanze vascolari agli arti inferiori, oltre al 40% dei pazienti con malattia renale". Di fatto, le varie analisi condotte portano a concludere che oltre il 90% delle persone con diabete ha un altissimo/alto rischio cardiovascolare.

Ecco perché, secondo Massimo Volpe, presidente SIPREC (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare), "uno screening cardiovascolare accurato nel paziente diabetico, assieme a una stima del rischio cardiovascolare, costituisce un'azione fondamentale per attuare le misure terapeutiche più appropriate". E sebbene, dal punto di vista della mortalità prematura e totale sommata all'aspettativa di vita, la situazione italiana appaia confortante, "non lo è per quel che riguarda la prevalenza e il controllo dei principali fattori di rischio cardiovascolare quali il diabete, l'ipercolesterolemia, l'ipertensione, il fumo e la sedentarietà", come hanno sottolineato Paolo Magni, Coordinatore Comitato Scientifico Fondazione Italiana per il Cuore e Università degli Studi di Milano, e Roberto Volpe, Consiglio Nazionale delle Ricerche-CNR e SIPREC, secondo i quali, trattandosi di fattori di rischio modificabili ed evitabili, bisogna "impegnarsi a fondo per far sì che l'Italia continui a essere uno dei paesi più longevi al mondo e che tale longevità sia in buona salute".

Altri aspetti da modificare, poi, come ha spiegato Angelo Avogaro, presidente SID (Società Italiana di Diabetologia), sono "da un lato "l'inerzia" terapeutica, ossia la resistenza da parte dei clinici ad utilizzare farmaci innovativi che consentirebbero di raggiungere i target prefissati in modo più semplice e sicuro, e dall'altro la mancanza di "aderenza" da parte dei pazienti con patologie croniche, con il 50% di questi che interrompe o modifica la terapia senza confrontarsi con il proprio medico".

Queste stesse considerazioni sono state riprese anche da Ovidio Brignoli, vicepresidente della SIMG, che ha sottolineato come il rapporto virtuoso tra medico di medicina generale e specialista non sia purtroppo pratica sufficientemente diffusa. Laddove presente, è in grado di offrire un eccellente servizio al paziente diabetico che può essere seguito nell'intero percorso di cura, dalla diagnosi al follow up. A dimostrazione che è più che mai necessario attivare percorsi assistenziali integrati che coinvolgano specialisti, MMG e farmacisti.

Considerazioni simili sono state fatte da Annalisa Mandorino, segretario generale Cittadinanza Attiva, che oltre alla necessità di una maggiore interazione fra i medici, ha evidenziato la tematica della comunicazione poco efficace tra operatori sanitari curanti e pazienti. Questa è certamente uno degli elementi che concorre a tenere così alta la percentuale di mancata aderenza terapeutica nei pazienti cronici, così come la sempre maggiore difficoltà che oggi ha il paziente ad accedere ai servizi specialistici, come è stato ampiamente dimostrato durante il periodo del COVID.

La diagnosi precoce della malattia coronarica nel paziente diabetico è quindi fondamentale per la prevenzione e la gestione efficace delle complicanze cardiovascolari. In questo contesto, "l'imaging non invasivo può fornire informazioni dettagliate sulla presenza, sulla gravità e sulla localizzazione della malattia coronarica, senza ricorrere alle procedure invasive come l'angiografia coronarica", ha sottolineato Daniele Andreini, direttore della Cardiologia Clinica, Imaging e di Cardiologia dello Sport, dell'IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant'Ambrogio.

A chiusura della tavola rotonda sono stati presentati esempi virtuosi di reti implementate tra ospedale e territorio per migliorare la presa in carico e la gestione del paziente diabetico con rischio cardiovascolare, come l'esempio pratico della sinergia tra diabetologi e cardiologi realizzata all'ospedale Galeazzi_Sant'Ambrogio di Milano, l'esperienza del Registro regionale Diabetici realizzata in Piemonte e , infine, l'interessante iniziativa che sta implementando la più grande ASL d'Italia, la ASL Roma 2, che si chiama Curare@casa.

La conclusione principale che si può trarre da questa tavola rotonda è che una revisione profonda del sistema assistenziale offerto oggi alle persone con diabete sembra indispensabile, e che una forte azione multidisciplinare è un requisito indispensabile per far sì che si possano raggiungere gli obiettivi prefissati, ovvero una migliore aspettativa di vita che una migliore qualità di vista delle persone con diabete.

Tratto da: Doctor33, 05 marzo 2023