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Celiachia. Il punto sulla ricerca e le terapie

 

I sintomi, gli strumenti di diagnosi e quelli di cura e le principali comorbidità della celiachia. Le differenze con la sensibilità al glutine. A fare il punto della situazione una review su New England Journal of Medicine a cura di due importanti scienziati italiani: Alessio Fasano e Carlo Catassi
21 DIC - Arriva a dieci anni esatti dalla prima pubblicazione sull’epidemiologia della celiachia negli USA l’ampia review dal titolo “Celiac Disease”, pubblicata da New England Journal of Medicine e firmata da Alessio Fasano e Carlo Catassi, membri del comitato scientifico del Dr. Schär Institute e ricercatori ai vertici del Centro per la Ricerca sulla Celiachia (CFRC) dell’Università del Maryland di Baltimora, USA. Un tentativo di fare un po’ di chiarezza sulle più recenti scoperte e su come orientarsi nel panorama in evoluzione della celiachia e delle patologie collegate al consumo di glutine.
La Celiachia e le patologie glutine correlate dimostrano di essere in costante aumento, con molto ancora da fare per garantire una corretta diagnosi. In continua espansione a livello mondiale, con un’incidenza compresa tra lo 0.6 per cento e l’1 per cento nella popolazione generale, si sta assistendo ad un allargamento del problema anche nei paesi emergenti, come ad esempio Cina e India, dove i regimi alimentari stanno velocemente subendo un processo di occidentalizzazione. Ma se aumenta l’incidenza, molto ancora resta da fare sul fronte delle diagnosi: studi recenti dimostrano come, in Europa, solo il 21 per cento dei casi di celiachia siano diagnosticati clinicamente.
L’aumento di prevalenza della celiachia è in parte giustificato da una maggiore conoscenza medica e da migliori strumenti diagnostici. Nell’ultimo decennio l’aumento di conoscenza della classe medica e della popolazione generale sul tema celiachia ha portato a un maggior tasso di diagnosi oltre che a una maggiore sensibilità delle persone rispetto al senza glutine. Una crescita così rapida ha però generato un po’ di confusione. 
Innanzitutto c’è da dire che la persona con celiachia è più spesso donna, con una prevalenza del 1.5-2 volte rispetto agli uomini, e ha almeno un familiare di primo grado celiaco (fino al 15 per cento per il fattore di familiarità).
Inoltre, se la celiachia era considerata fino a non molto tempo fa una patologia gastrointestinale propria dell’età pediatrica e della razza caucasica, recenti studi dimostrano come la questa patologia stia rapidamente crescendo in tutto il mondo. “Si iniziano a vedere dei casi in Cina, come in molti paesi in via di sviluppo, nei quali l’occidentalizzazione della dieta comporta un aumento del tasso di celiachia”, ha sottolineato Catassi. “Oggi sappiamo con certezza che questa patologia autoimmune colpisce persone di tutte le età e razze, con una prevalenza mondiale stimata in 0,6 - 1 per cento”.
Diversa invece è la situazione di chi è semplicemente sensibile al glutine: queste persone hanno sintomi simili alla celiachia, sono negative al test per questa ed altre patologie, e tuttavia traggono beneficio dalla dieta senza glutine. “La sensibilità al glutine è una nuova condizione clinica, inquadrata solo di recente”, ha spiegato Fasano. “Ad oggi sappiamo che, probabilmente, è diversa dalla celiachia per quando riguarda la risposta immunitaria e che la sua diagnosi presuppone l’esclusione delle altre patologie glutine correlate, come celiachia ed allergia al grano.”
Ma quali sono i principali punti trattati dalla review? Ecco tutto quello che c’è da sapere su celiachia:
-I principali sintomi della celiachia: per uno su due, diarrea cronica e perdita di peso. Le persone affette da celiachia presentano una varietà di sintomi gastrointestinali, come la diarrea cronica e perdita di peso, e altri sintomi clinici, quali fatica cronica, anemia, rash cutaneo e perdita di coordinamento. In alcuni individui, la celiachia può essere “silente”, senza sintomi, gastrointestinali o di altra natura, e può comportare danni intestinali continui dovuti alla cattiva assimilazione dei nutrienti.
 - La celiachia può essere è associata ad altre patologie, tra le principali il diabete di tipo I che è presente dal 5 al 16 per cento dei casi. Nella celiachia, le proteine complesse del grano, della segale e dell’orzo innescano l’attacco del sistema immunitario ai danni dell’intestino tenue. Se non diagnosticata e curata con attenzione, questa patologia può portare allo sviluppo di altre patologie autoimmuni, tra le quali la principale è il diabete di tipo I, ma anche a osteoporosi, infertilità, danni neurologici e, in rari casi, anche al cancro.
- Gli screening sierologici, anticorpi IgA anti-tTG sono strumento di prima diagnosi. Secondo gli esperti, gli esami del sangue, con il test dell’anticorpo IgA anti-tTG, sono il metodo in assoluto da preferire per la diagnosi iniziale di celiachia. E’ importante sottolineare come, per garantire l’accuratezza diagnostica, il paziente debba assumere glutine prima di sottoporsi al test per la celiachia, per garantire la presenza degli anticorpi nel sangue. Le diagnosi di celiachia sono quasi sempre confermate da una biopsia intestinale, nella quale un campione del tessuto viene prelevato ed analizzato. Secondo gli esperti, questa procedura può essere evitata in alcuni casi pediatrici, se ci sono forti evidenze cliniche e sierologiche di celiachia, evitando sia lo stress emotivo che il dolore di un esame invasivo.
- Il trattamento per la celiachia consiste in un’adesione rigorosa ad una dieta senza glutine. Gli esperti consigliano ai pazienti di seguire la dieta senza glutine sotto la guida di un dietista, al fine di adottare un regime alimentare equilibrato e sano che consideri sia i prodotti gluten free attualmente in commercio, sia gli alimenti naturalmente privi di glutine.
La sensibilità al glutine è invece una nuova entità clinica, che richiede una diagnosi di esclusione rispetto alla celiachia: il primo algoritmo diagnostico della sensibilità al glutine è stato proposto in occasione della First Consensus Conference on Gluten Sensitivity organizzata dal Dr. Schär Institute nel 2011 e pubblicato sulla rivista scientifica BMC Medicine nel 2012.
Tratto da: Quotidiano Sanità, 21 dicembre 2012