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Tumore del pancreas in fase iniziale: la chirurgia mininvasiva funziona e accelera il recupero

All’Asco presentato uno studio italiano che dimostra l’efficacia delle tecniche mininvasive che consentono tempi di recupero più rapidi.

Less is more. Un modo di dire che da oggi si può applicare anche alla chirurgia dei tumori del pancreas. Perché – almeno per quelli in fase iniziale – si è visto che tecniche mininvasive sono altrettanto efficaci di quelle tradizionali. E non è una notizia da poco non soltanto perché arriva dall’Asco, il più importante congresso mondiale sul cancro che quest’anno vede la partecipazione di circa 40.000 esperti provenienti da tutto il mondo, ma anche perché significa tempi di recupero più rapidi e minor rischio di infezione per i pazienti.

Lo scetticismo dei chirurghi

Si stima che nel 2023 negli Stati Uniti 64.050 adulti riceveranno una diagnosi di tumore del pancreas, e solo il 12% di stadio iniziale, quando è possibile l’asportazione chirurgica del tumore. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni nel tumore del pancreas che può essere trattato con la chirurgia è del 44%. La pancreatectomia distale aperta utilizza una larga incisione, mentre quella mininvasiva usa diverse piccole incisioni. Nel corso dell’operazione, viene rimossa anche la milza per un ulteriore prelievo di linfonodi. Le ricerche precedenti che paragonavano le due tecniche chirurgiche erano revisioni sistematiche che mostravano risultati simili. Tuttavia, un terzo dei chirurghi pancreatici intervistati ha sollevato dubbi sulla sicurezza e sull'efficacia della chirurgia mininvasiva rispetto alla chirurgia aperta. Lo studio Diploma presentato all’Asco dimostra che la pancreatectomia distale mininvasiva è un’opzione valida per i pazienti con tumore del pancreas di stadio iniziale.

Lo studio

DIPLOMA è il primo studio randomizzato, in cieco, che paragona i risultati della chirurgia in aperto e di quella mininvasiva nei pazienti con tumore del pancreas in stadio iniziale quando la malattia è sul corpo o sulla coda del pancreas.  Si tratta di uno studio di non inferiorità che paragona una procedura tradizionale con un’altra per confermare che il nuovo trattamento non è peggiore rispetto allo standard di cura. Le due tecniche chirurgiche mostrano risultati paragonabili. L’endpoint primario dello studio era la resezione radicale, o rimozione completa del tumore e di parte dei tessuti circostanti. Tra maggio 2018 e maggio 2021 abbiamo studiato i casi di 258 pazienti con tumore del pancreas resecabile di 35 centri di 12 paesi. 117 pazienti sono stati operati con chirurgia mininvasiva, laparoscopica o robotica, e 114 pazienti con chirurgia aperta”.

I risultati

La resezione radicale, o asportazione completa del tumore con parte del tessuto sano circostante, è stata praticata in 83 pazienti (73%) con chirurgia mininvasiva e in 76 pazienti (69%) con tecniche chirurgiche tradizionali, che prevedono una lunga incisione. I risultati ottenuti nei due gruppi sono simili, e per la prima volta è stato dimostrato che la pancreatectomia distale mininvasiva è una valida opzione chirurgica per i pazienti con tumore del pancreas resecabile. E’ il primo studio randomizzato che paragona le due tecniche chirurgiche nel tumore del pancreas, fornendo rassicurazioni ai pazienti e ai medici che l’opzione mininvasiva che prevede alcune piccole incisioni è valida ed efficace. “Questo approccio chirurgico, che rimuove i tumori situati sul corpo e sulla coda del pancreas e della milza, utilizza piccole incisioni con un rischio minore di complicazioni gravi rispetto alla chirurgia aperta”, spiega Moh’d Abu Hilal, direttore dell’U.O. di Chirurgia Generale e dell’U.O. di Chirurgia Epatobiliopancreatica, Robotica e Mininvasiva di Fondazione Poliambulanza di Brescia, che ha iniziato lo studio e coordinato i centri coinvolti nel trial.

Gli effetti dopo l’intervento

Dopo l’intervento, i ricercatori hanno osservato che il numero dei linfonodi asportati durante la chirurgia, o resa media dei linfonodi, era 22 nel gruppo mininvasivo e 23 in quello aperto. La resa linfonodale minima per una pancreatectomia distale ben riuscita è 13 linfonodi. La recidiva intraperitoneale, o ricorrenza che avviene nella cavità peritoneale, era del 41% nel gruppo mininvasivo e 38% nell’altro. “La chirurgia ha fatto passi avanti significativi negli ultimi 20 anni. Uno dei più importanti è l’introduzione della tecnica mininvasiva. Per la prima volta anche nel tumore del pancreas abbiamo la conferma che la pancreatectomia distale mininvasiva è altrettanto valida della chirurgia aperta”. I ricercatori continueranno a seguire questi pazienti per confrontare i risultati a 3 e a 5 anni e un’ulteriore analisi dei campioni prelevati durante questo studio riguarderà il numero di linfonodi asportati nella milza per determinare se sia necessario asportare la milza. I ricercatori effettueranno anche ulteriori studi per confrontare i risultati tra le tecniche chirurgiche mininvasive laparoscopiche e robotiche.

Nuove opzioni per i pazienti

Grande l’entusiasmo del prof. Abu Hilal: “La nostra ricerca fornisce rassicurazioni ai chirurghi e può aiutare i pazienti offrendo loro le informazioni di cui hanno bisogno per prendere insieme al medico una decisione sul trattamento. Con questi risultati posso dire di essere molto contento per tanti pazienti in diversi parti del mondo che possono beneficiare di questo approccio. Non nascondo la mia soddisfazione personale essendo stato il promotore dell’approccio mini-invasivo già dal 2007. Infatti, la tecnica mini-invasiva descritta in questo lavoro era già stata presentata da me e dal mio gruppo nel 2016”.

Tratto da: Repubblica Salute, Irma D'Aria, 04 giugno 2023